DELLE
ossjEMirjL zzojsrj
IN CHIRURGIA
DI VINCENZO MALACARNE
SALUZZESE
CERUSICO MAGG. DEL PRESIDIO DELLA CITTA’
e Cittadella di Torino, Cer. Colleg. ,
PROFESSORE PENSIONARIO DI S. M,,
Membro della Soc. Ital. di Verona
TORINO MDCCLXXXIV.
PRESSO GIAMMICHELE BRIOLO
TRATTATO
DELLE OSSERVAZIONI IN CHIRURGIA
PARTE SECONDA
E S E M P J
CAPITO LO PRIMO
STORIA DE’ MALI , CHE PATI’ UN FANCIULLO
DICIASSETT’ANNI PER UN MOSTRUOSO
IDROCEFALO, DEL QUALE SI DA*
S LA DESCRIZIONE.
e mai si vedono abbattute le ipotesi, sulle quali
varj Fisiologi di chiaro nome vollero fondare si¬
stemi relativi all’ azione degli organi, ai movi¬
menti , ed ai sensi, ciò succede allorquando una
grave infermità attacca , e vizia le parti, dalle
quali essi gli fanno dipendere , e le vizia a se¬
gno d’irreparabilmente distruggerne la struttura, ep¬
pure gli organi giuocano , i sensi conservano la
loro energia, ed i movimenti continuano.
Di questa verità potremmo assicurarcene ri¬
flettendo ad una parte delle osservazioni da in¬
numerabili autori pubblicate, se dall’ instituto mio
non fossi invitato io stesso a darne in questa
operetta alcuni saggi, e 1’ ordine, che mi sono
prefisso non mi obbligasse di presentarlo a’ cor¬
tesi Lettori in questa prima osservazione , dalla
lettura della quale verranno persuasi, che se il
Ch. Allero unitamente a’ Signori De-La-Pey-
RONie , Zinn, e Senac, i quali esaminarono la
famosa ipotesi del WiLLiS intorno alla sede del
Paru IL a
2 , CAPITOLO PRIMO
principio della portentosa forza vitale del cuore,
non ne avessero dimostrata la falsità, dopo d’ ave¬
re osservato molte fiate, che a morbi gravissi¬
mi del cervelletto ( donde quel celebre Notomi¬
sta la facea derivare ) a morbi, che avrebbero
dovuto rendere questa tenera parte per lo meno
incapace d* eseguire le funzioni essenziali, che
le si attribuiscono , o strozzare sul campo gli am¬
malati, pure alcuni sopfàvvisSéró, ed altri la du¬
rarono in sanità per anni ed anni ; nissuno d’
ora in avanti avrebbe mai più osato di dubitarne
vedendo, che visse diciassett* anni con laudevo-
le circolazione, e non sempre sregolato movi¬
mento del cuore il Fanciullo Idrocefalo, del qua¬
le in quésto luògo si favèlla, noti ostante i gravi
disordini, che vi si trovarono nel cervello > e
non Ostante la pressióne, 1 * esiccamento, e la
diminuzione di massa , che alterarono il cervel¬
letto tanto di quésto, quanto di tre altri sog¬
getti, e fra questi ultimi del Fólle di Morsasco
g.à più volte stato da me citato, e di cui fa¬
velleremo, come degli altri due, a luogo più op¬
portuno .
Ecco intanto la storia deir Idrocefalo dà me
stato continuamente veduto in Saluzzo mentre
visse, e notomizzato quando la buona mia vena¬
tura me ne presentò il cadàVero .
I. Nato di madre sanissima Giuseppe Novel...
e di padre, che apparentemente godeva buona
salute 1’ anno 1752., cominciò verso gli ultimi
giorni di giugno del *753. a diventare un po
poco stupido, e ad aver male. Gli s* intumidiva
il capo mentre, che gli dimagravano insensibil¬
mente il petto, e le estremità inferiori. Ebbe
1D ROC EF A LO J
diarree, e svogliatezze fino al principio d’ ago¬
sto, poscia ripigliò un poco di brio, e tornò a
poppare con avidità, ma senza, che la magrez¬
za diminuisse, nè il capo cessasse di crescere
alla fronte, ed ai lati, nè le suture si assodassero,
nè il rimanente del corpo si allungasse a pro¬
porzione, eccetto i capelli, che dalla madre so¬
vente gli vernano tagliati.
II. Continuò la stupidezza, e tutte le membra
divennero ognora piu fiacche, ed inerti, coper¬
te di pelle ricascante e pallida, sicché al quinto
anno difficilmente alzava la testa, anzi stentato
ne era il moverla ai Iati. Immobili pure si fe¬
cero la mano , ed il pie’ destri. Il moto degli
occhi rendevasi sempre più irregolare, e stralu¬
nato ; la luce lo ricreava, e nella Oscurità si di¬
mostrava inquietissimo. Le sopracciglia poco
inarcate lasciavano vedere gli occhi soverchio pro¬
minenti , sempre brillanti, azzurri, e bene aperti.
Non ìagrimava mai benché per altro verso tal¬
volta si dovesse credere atrocemente tormentato.
Avea le gote depresse, e tutta la faccia , nella
sua mostruosità niente spiacevole, era smisurata
alla fronte, ed acuta al mento. Non avea sal¬
vo due denti incisivi per mascella.
III. Verso il fine di settembre del 7758. agi¬
tandosi sul letto ne cadde a terra, e rilevò da
quella caduta una contusione sul destro lato del
cranio , che con semplici corroboranti venne
dissipata ; tuttavia da quel giorno cominciò a pa¬
tire vomiti di bile porrina, che lo tormentarono
poscia ogni mese, e talvolta ogni quindici giorni.
La fontanella all* incontro degli angoli anteriori
superiori degli ossi parietali, e del coronale a
4 CAPITOLO PRIMO
poco a poco si assodò, ed allora gli nacquero
successivamente gli altri dentici quali si conser¬
varono sodi, e bianchi in ottimo stato al nu¬
mero di vent’ otto, fino agli ultimi giorni di sua
vita , legati da gingive coralline, sode, e co¬
perti da labbri d’ ottimo colore, e bene spesso
ridenti .
IV. Al decimo anno gli si cambiò in gra¬
ve , e maschile il tuono della voce; nacque¬
ro, e crebbero folti e neri i peli al labbro su¬
periore , alle ditella, al pettignone, e dintorno
all* ano : il corpo ( non ostante il difetto di nu¬
trizione, che sappiamo avere tanta dependenza
dal libero giuoco de’ nèrvi, e dall’ umore, che
per essi trascorre ) acquistò lunghezza maggiore
di quattro piedi parigini ; traspirava assai bene ,
sudava sovente, eziandio senz’ apparente cagione,
anche 1* inverno, quantunque la cute ne fosse ai
tatto molto densa, e particolarmente al dorso ,
ed al podice , che era incavato, e calloso.
V. Essendo il fanciullo immobile, sempre co¬
ricato sul dorso, questo, e le spalle, glissi ap¬
piattirono; se ne curvò irregolarmente sui lati
in due luoghi la spina , cioè fra la terza, e T
ottava vertebra dorsale, e fra 1’ undecima, e 1*
osso sacro. La convessità della curvatura supe¬
riore guardava a destra , e indentro .
VI. Nel 1767. si dimostrò molto più inquie¬
to , e sopra tutto irregolare nel cibarsi. Talora
ingojava voracemente ogni specie d’ alimento, e
smaniava se del continuo non ne aveva onde sa¬
ziarsi ; altre volte serrava invincibilmente i denti,
e per intieri giorni ricusava ogni sorte di vivan¬
da . Lo assalirono frequenti convulsioni, nel na-
IDROCEFALO 5
scere delle quali i polsi erano forti, precipitosi,
disordinati, indi all’ improvviso diveniano mi¬
nutissimi, e rifiniti. Tali convulsioni lo tormen¬
tavano per dieci o dodici minuti , e le più osti¬
nate duravano fino a venti, dai primi insulti allo
sgorgare di copioso sudore , e agli scarichi di ven¬
tre , onde tutto si rimetteva in calma. L’ irre¬
golarità di cotesti insulti era grande, perchè ora
di due in tre settimane comparivano, ora dì
mese in mese, ed avevano per forieri tre o quat¬
tro giorni d’ insaziabile voracità, poi due o tre
d’ assoluta ripugnanza al cibo. Si annunziavano
col divenirne scintillanti, e più tumidi gli occhi,
velocissimi a muoversi in mille foggie irregolari.
Col torcersi delle labbra , con lo stringersene le
narici, con il trarre gemiti interrotti e stentati,
col divincolarsene il braccio mobile, con. il sal¬
tellare dei tendini flessori delle dita del braccio
immobile : rotolava il grave capo, tutto il cor¬
po tremava , palpitavano gli epigiugoli e i pre¬
cordi si inarcavano, e si contraevano alterna¬
tivamente , ma con istrasordinaria forza gl’ ipo¬
condri, e la respirazione era corta ed affannosa.
VII. Vi si aggiunse T aggomitolarsi delle in¬
testina, che in su, ed in giù, ora a destra, ora
a sinistra annodandosi, e gonfiando, alzavano i
musculi, e gl’ integumenti con tumori saltellanti,
duri, elastici, movibili in diverse parti, il che
negli ultimi giorni fu accompagnato, o seguito
da vomiti di materie fecali , e da scarichi d’
alvo intollerabilmente .fetenti,, ed acri a segno
di scorticare la pelle dell’infermo, ad onta della
pulizia veramente rara, che la madre tenera v’
impiegava d’attorno. Non fu mai possibile di
6 CAPITOLO PRIMO.
di fargli prendere medicamenti , nè minestre , che
non fossero pastose e spesse ; sicché unicamen¬
te ci fu permesso di raccomandare alla suddetta,
che non ne secondasse la voracità, che noi cre¬
devamo cagione di quasi tutte le descritte con¬
seguenze, quando forse dovevamo credere tale
voracità essere conseguenza de’ disordini dalla
già troppo grave malattia prodotti nel ventrico¬
lo , e nelle intestina.
Vili. Lotto contro tanti mali fino al dì 6■ di
aprile del rjyo ., nel quale in una jiera convul¬
sione mori. Ne ottenni il cada vero, e nel De¬
posito dello Spedale di Saluzzo, alla presenza del
Sign. Viano Professore di Chirurgia, del S>gn.
Revelli Dottore di Medicina , ora uno dei
Medici del medesimo Spedale, e di molte altre
nobili, ed intelligenti persone, ai sette ne feci 1’
apertura .
IX. Sciolta la terza dalla quarta vertebra del
collo, tolti gli integumenti, i musculi, e la ma¬
scella inferiore, il capo sulla bilancia oltrepassò
il peso d’un rubbo , non contando la notabile
quantità d’ acqua limpida, che zampillo a cana¬
le grosso come una penna da scrivere dal pro¬
lungamento preternaturale della estremità inferio¬
re del quarto ventricolo , del quale si era taglia¬
ta una parte nel disarticolare l’accennata verte¬
bra ; acqua che continuò a colare per vari mi¬
nuti prima, che il capo ne sia stato pesato .
X. Per meglio vedere tutto il cervello , che
c’ immaginavamo essere spappolato e macero,
segammo il cranio verticalmente in guisa, che
il taglio discese a sinistra della sutura sagittale
dal foro incisivo al foro occipitale, per non of-
1DROCE FALO y
fendere il processo falciforme della dura-madre.
Proccurai nel separarne le due amplissime pareti
ossose di lasciarvi aderente 1* accennata meninge,
e posimo a nudo il cerebro, che su tuttala su¬
perfìcie non aveva gli anfratti soliti ad osservar-
visi , ma soltanto alcune superficialissime gobbe
qua e là, appena distinguibili.
XI. La membrana aracnoidéa bianca, ed assai
robusta, in più luoghi era distante parecchie linee
dalla pia-madre, perchè quello spazio era occu¬
pato da un umore glutinoso, che a guisa del
grasso nella cellulosa , si era condensato fra i
numerosi filamenti onde queste due meningi so¬
no insieme congiunte * i vasi della pia-madre era¬
no molto dilatati, e pieni di sangue oscuro,
nè vi si poteano distinguere le arterie dalle vene,
salvo per la continuità delle prime con quelle,
che si diramano alla base del cerebrp .
XII. Un solco obbliquo , lungo poli. 3. lin.
8., alto cinque linee , trovammo scolpito sull*
emisfero destro , nel quale solco si trovava im¬
mersa una doppiatura dell’ interna lamina della
dura-madre lunga tre pollici, e sette linee, alr
ta quasi cinque linee , poco distante dalla falce
mostruosa con la quale però non aveva comune
1’ orìgine , nè. il fine .
XIII. Questa doppiatura preternaturale, che
pende da una porzione della D. corrispon¬
dente alla concavità del coronale, e ad una por-
zioncelia pure di quella del parietale destro , è
obbliqua di maniera , che la punta anteriore in¬
feriore è distante 18. lin. dalla falce, la punta direta-
* Vedi Encef. Parte /. Tratt. 111 . §. li S.png. 147.
8 CAPITOLO PRIMO
nalin. io. La parte di mezzo di questa doppiatura
si trova confusa con 1* angolo esterno del seno
longitudinale superiore per lo tratto di quindici
linee circa ; d’ altezza non ha piu di quat¬
tro linee e mezzo. Parecchie vene della pia-
madre si votavano lunghesso la base di questa
doppiatura nel seno longitudinale mentovato, me¬
diante un angusto canale triangolare *i, che ne
occupava pure il dorso.
XIV. Non ci è stato possibile di cavare in¬
tiero da quella grande cassa il cervello, e tanto
meno a sinistra , quantunque impiegassimo ogni
diligenza; perchè ivi, quasi nel mezzo della par¬
te più elevata deli’ osso parietale, il cervello
avea contratto invincibile aderenza con 1’ osso
medesimo *2: il luogo di questa aderenza era
largo due dita, e più , quasi ritondo, e corrispon¬
deva proprio al sito , dove il fanciullo aveva sof¬
ferto quella contusione, delia quale favellammo
al §. III. Nel mostruoso coronale a sinistra del¬
la spina si scorge tuttora il vestigio lungo
due pollici, largo undici linee e mezzo, quasi
ovale, d’ altra somigliante aderenza. Erasi già
molto depressa la maggiore convessità degli emis¬
feri perchè la vescica amplissima, che questi for¬
mavano, aveva perduta già una quantità dell’acqua,
ond’ era stata ripiena, per lo taglio del prolun¬
gamento del quarto ventricolo accennato al IX.
Ciò non ostante gli anfratti della superficie del ce-
rebro non erano maggiormente distinti, e la por¬
zione sola del corpo calloso si rese più apparente.
XV. Vidimo i due grossi tronchi dell’ arte-
*1 Vedi Encefalotomia Parte 7, §, ^•pag. 36.
*2 L, eie. §. 99,
IDROCEFALO 9
ria callosa diramarsi per le pareti del solco, nel
quale era ricevuta la gran falce, e ne osser¬
vammo le anastomosi, che i rami posteriori di
questa arterie formavano con alcuni rami depen¬
denti dalla basilare, i quali salivano dai lati del
ponte rasente le braccia del cervelletto fino al
margine della tenda , nel quale finiva il tagliente
della falce difformata dalla enorme dilatazione
del seno longitudinale superiore.
XVI, Dilatammo 1 * apertura, che 1 * emisfero
sinistro aveva, e vidimo tutta la sostanza cor¬
ticale, e la midollare , che fanno la massa prin¬
cipale del cervello , ridotte a tanta sottigliezza ,
che se in. alcuni siti uguagliava il mignolo altrove
non arrivava alle due linee ; sicché tutto questo
emisfero era una vescica, nel fondo anteriore della
quale trovavasi ancora molt’ acqua torbida. Comu¬
nicava con un’ altra vescica somigliante fattasi nell’
emisfero destro, mediante un voto, o apertura,
che si trovava tra il margine inferiore del setto¬
trasparente , e la midollare sottoposta ; apertu¬
ra, che avrebbe dato passaggio ad una noce.
XVII- Avendo aperte amendue quelle vesciche
notammo un intreccio di vasi ripieni di sangue,
ì quali serpeggiavano simmetricamente sul pa-
riete dei seni cosi mostruosamente dilatati. Due
grossi tronchi della carotide interna salivano fra
due colonnette midollari, che sembravano i ri¬
masugli del doppio pilastro anteriore di ciò,
che viene impropriamente appellato la volta *, del¬
le quali vidimo la continuazione a guisa di fim¬
brie lacere, appesa alle pareti superiori dei seni,
* V. Encef. Part, II. §. S4. e segg. , p. 48., e seg*
IO CAPITOLO PRIMO
verso le posteriori dei quali però più non le sape¬
vamo distinguere. Quei vasi portandosi obbliqui
a ll* indietro , e diramandosi in vàrie direzioni ,
intrecciandosi, anastomosandosi, scherzavano sot¬
to uno spesso mucoso epitelio, che tutte le pa¬
reti medesime tappezzava .
XVIII. Dai tronchi suddetti si spiccavano quat¬
tro rami, che per lo spazio di quattro dita sa-»
li vano ben tesi, senza veruna aderenza ai pa-
rieti , come quattro quarte da violino, su per lo
voto dei sacchi, due per lato, e venivano a di¬
ramarsi lateralmente alla parte anteriore della
volta d*amendue i mostruosi ventricoli.
XIX. Due rami venosi finalmente, formati
dall’ unione di molti ramuscelli turgidi, e piom¬
bini , che irrigavano le pareti dei ventricoli, si
spiccavano dai lati anteriori delle due cavità, scor¬
revano verso il centro posteriore comune rice¬
vendo per nuove vene sempre nuovo sangue,
finché sotto lo spiraglio posteriore * formavano
con due tronchi assai considerabili la vena di
Galeno .
XX. I ventricoli laterali avrebbono agevol¬
mente capito amendue i pugni ; e in essi non si
trovarono idatidi, nè altri segni di lacerazione,
salvo al sitò, che doveva essere occupato dal
setto-trasparente, e ai lembi frastagliati delle due
lische midollari (XVII.): non era vi neppure ve¬
stigio di pia-meninge , se non ne erano uno le
diramazioni descritte dei vasi, che forse saran¬
no stati spargimenti, o allontanamenti dei vasi
* Vedi Encefalotomia Parte //, pagina 26.
e seguenti .
1 D ROCEF ALO II
de’ plessi corioidei, le membrane de’ quali sa¬
ranno per avventura state dalle acque, contenu¬
te nei mostruosi ventricoli, macerate, e con¬
sunte .
XXI. I rimasugli del setto-trasparente faceva¬
no conoscere , che se le acque non lo avessero
distaccato dalla faccia superiore delle colonnette
midollari (XVII.) esso avrebbe dovuto avere tre
dita di altezza, e quattro circa di lunghezza.
Dal lembo inferiore dei medesimi si conosceva
pure, che è composto di due lamine di sostanza
più fosca di quello , che si è la midollare vici¬
na , essendosi quelle lamine trovate ridotte a fog¬
gia di due pagine molli, libere in basso, per la
lunghezza di cinque linee o sei, e per l’altezza
di due o tre. Le colonnette poi erano distanti
otto linee 1* una dall’ altra.
XXII. Il terzo ventricolo era pur anch’ esso
stranamente largo per lo scostamento dei talami
de’ nervi ottici, cui mediante risultava un cati¬
no largo diciotto linee, pieno d’ acqua torbida,
profondo quattordici , e lungo sedici, 1’ orlo an¬
teriore del quale era fatto dalla commessura an¬
teriore filamentosa , e sommamente assottigliata;
i lati da quelle eminenze, che ho già mentova¬
te , e 1’ estremità diretana dalla commessura po¬
steriore , e dall’ ampliato acquidotto di Silvio,
XXIII. I ventricoli laterali adunque, ed il ter¬
zo ventricolo formavano una sola bipartita cavi¬
tà amplissima per la dilatazione ( insensibilmente
prodotta dalle acque ristagnanti ) delie pareti, che
sogliono appoggiarsi sui margini esterni de’corpi
striati, i quali erano qui d* un colore dilavato,
tirante al giallastro, poco elevati, e dis tanti tr©
li CAPITOLO PRIMO
dita circa dalla parete più lontana dei rimasugli
del setto.
XXIV. Era pure ampliata quella cavità dall’
allungamento , e dalla dilatazione delle cavità àn-
coroidée , e dalle fossette triangolari, che si veg¬
gono fra la midollare, e l’estremità gibbosa an¬
teriore dei corpi striati dal canto esterno; come
altresì dalla macerazione , e dal distruggimento
della rete mirabile , che trovandosi fra le lastre
midollari ( XVII. ) la faccia inferiore del corpo
calloso, e lo spiraglio, cuopre i talami de’ nervi
ottici, e vi colliga le suddette lastre a segno , che
nello stato naturale i tre ventricoli non hanno
reciproca comunicazione .
XXV. Le corna d’ aminone erano poco pro¬
fonde , ma capaci di tre dita ; e in esse le ap¬
pendici bombicine larghe due dita erano anche
appiattite, come tutto il piè d’ ipocampo, che
era sterminatamente largo, ed aveva distintissi¬
mi , quantunque piatti, i cinque artigli in amen-
due i corni .
XXVI. Neppure in queste appendici dei ven¬
tricoli laterali sì trovarono traccie dei plessi co-
rioidéi ; nulla di continuo , nulla di granelloso y
vi si trovò soltanto una rete di vasi grossi co¬
me la canterella d’ un violino , i quali furono
da me giudicati venosi perchè tutti si venivano
ad unire con que’ due grossi tronchi, che ho
detto avere in questo encefalo dato origine alla
vena di Galeno (XIX). L’ origine di questi
rimasugli dei plessi era doppia in caduno ventri¬
colo , cioè due grossi tronchi arteriosi nasceva¬
no dalle arterie callose , prima che queste ar¬
rivassero sul corno calloso ( XI. ) j passa-
IDROCEFALO / j
vano al dissopra della commessura anteriore, fra
le lamine del setto-trasparente, rasente le due
colonnette ( XVII. ): di là uno per lato, pene¬
trando nella cavità superiore anteriore dei ven¬
tricoli laterali si diramavano sparsamente, in ve¬
ce , che nei cerebri sani formano un tessiuto mem¬
branoso tutto lembi , e specie di foglie frasta¬
gliate , frappate , e accartocciate, cui sembra,
che i ramicelli arteriosi unitamente a molte ve-
nuccie servano di picciuoli. La seconda^origine
era in basso fra 1* artiglio maggiore ( eh’ è I*
interiore ) dei pie’ d’ipocampo, e la colonpa
midollare centrale del cerebro , che viene ad ap¬
poggiarsi contro il ponte di Varolig , ed a
confondersi con esso, e il margine vicino di
quella spéssa sostanza midollare obbliqua, che
sostiene le appendici bombicine dell* Aranzio,
e i pie* d’ ipocampo ( a tale sostanza midollare
nella parte IL deli’encefalotomi'a ho dato il no¬
me di Erta , che i Francesi direbbono — La ram¬
pe — e x Latini — Clivus — ) : quindi si ele¬
vavano alcune arteriette, che per gli spazi vo¬
ti lasciati dalla natura fra 1’ erta ì e la colonna
midollare centrale ( detti da me spiragli late¬
rali per distinguerli dal posteriore, per il qua¬
le passa la vena di Galeno ; ve n’ ha uno
per corno d’aminone ) passavano nel corno me¬
desimo, dove nei cerebri naturali incontrano un
prolungamento della membrana ora indicata , e
disposta a foglie accartocciate, sulle quali i vasi
fanno i medesimi scherzi, che le propagini del¬
le arterie callose vi fanno superiormente .
XXVII. In questo soggetto ho veduto per la
prima volta quelle due fettuccie di colore più
,4 CAPITOLO PRIMO
giallo , le quali sieguono la maggiore curvità del*
la coda dei corpi striati, ed arrivate alla estre¬
mità anteriore dei ventricoli laterali si allargano
a segno di congiungere insieme le colonnette ,
e queste con la vicina porzione della midollare,
che, essendo la parte anteriore inferiore del cor¬
po calloso, fa (verso 1* intervallo delle vicine estre¬
mità dei due corpi striati ) un risalto perpendi¬
colare angolare verso la commessura anteriore,
e le colonnette già descritte. Negli encefali na¬
turali la fettuccia destra ivi si allarga per con¬
fondersi con la sinistra a segno di combaciarsi,
ed elevandosi perpendicolarmente formano unite
il setto-trasparente, e sono avvalorate da un
morbido pellucido epitelio.
XXVIII. Abbiamo già detto quale grandezza
avesse il fondo anteriore del terzo ventricolo ,
che corrispondeva all* imbuto , ci resta ora da
accennare , che 1* estremità posteriore finiva nell*
acquidoso di Silvio, i* apertura del quale nel
terzo ventricolo era larga circa tre linee , con¬
cava in basso, coperta in alto dalla commessu-
ra solida, e d* un solo, pezzo al davanti, lami¬
nosa allo indietro, vale a dire composta di sei
lastre midollari traversali collocate una sopra 1*
altra in maniera, che le piu alte, e superficiali,
erano piu lunghe, e meno estese allo indietro,
le piu profonde avendo il lembo libero una linea
circa piu vicino al cervelletto
XXIX. Cercammo indarno fra i numerosi, e
grossi vasi, che al di sotto del corpo calloso
liberi da ogni ligame membranosi erano dira¬
mati , la gianduia pineale , e sond tanto piu si¬
curo , che mancava realmente in questo idroce-
I D RO C E F A LO
falò, quanto ne andammo in traccia con ma§"
giore curiosità, e diligenza, perchè io avev a .
narrato agli Spettatori, e ai Professori, che m l
assistevano , tale corpo non essersi potuto rin¬
venire in altri idrocefali stati da valorosi, ed
esatti Anatomici esamihati.
XXX. Distrutta la tenda vidimo il cervelletto
di volume assai minore di quello , che tro¬
vasi ordinariamente nei giovani di 17. anni: la
pia-madre, che lo vestiva, era molto vascula-
re, densa, e i vasi ne erano turgidi, e di colore
piombino; se ne separava pero con somma fa¬
cilità.
XXXI. Cavammo questa porzione del cere-
bro dalle fosse, nelle quali era contenuto, è
con essa tutta la base del cervello, e la midolla
allungata : tutto ci parve naturale dall’ imbuto
alla midolla spinale, nel centro della quale os¬
servammo pure un buco capace d’una grossa
penna da scrivere , ed aveva il parete posteriore
fatto da un robusto epitelio, sul quale era in¬
collata la pia-madre guernita di vene gonfie, e
varicose, facili a distinguersi dalle arterie per lo
sito, per la direzione, per lo colore appena
roseo, per li rami, che vi si piantavano, per
li gozzi, e per le varici, ond’ erano difformate.
XXXII. L* imbuto grosso puranco poco me¬
no d’ una penna d’oca era lungo quattro linee,
esteriormente rosso, e guarnito di picciole , ma
frequenti, e brillanti idatidi ; interiormente, e
in alto era spumoso, e cinerizio. Era solido quasi
scirroso per lo tratto di una linea dall’impian¬
tarsi nella gianduia pituitaria.
lC CAPITOLO PRIMO
XXXIII. Questa durezza insolita mi fece esa.
minare con maggior attenzione la gianduia pi¬
tuitaria stessa , che trovasi grossa come il polli¬
ce, larga otto linee, lunga oltre alle dieci dai
fori ottici alla muraglia ossosa, che univa le due
spinose apofisi clinoidèe posteriori : avea la fac¬
cia superiore piana , quasi cartilaginosa nel sito,
che ricevea V imbuto : il corpo ne era difforme
per due appendici irregolari, per li fianchi della
sella turchesca discendendo si allungavano fino
nei seni cavernosi , e comprimevano a tergo
amendue le arterie carotidi. Era la gianduia co¬
perta della pia-madre granellosa, e piena di tu-
bercolettì simili alle glandule, che altrove nei
crani pure talvolta s’ incontrano. Sotto la pia-
madre facile a separarsene trovai la gianduia ve¬
stita d’un’ altra spezie di tunica fibrosa, quasi
come le falci, rossigna, e molto robusta.
XXXIV. La sostanza dei lobi laterali della
gianduia pituitaria, che dovevano la loro diffor¬
me estensione alla pia-madre, era un non so
che di parenchimatoso simile al fegato macera¬
to , ma bigio; il lobo di mezzo era cartilagino¬
so in alto , e simile alla sostanza dei corpi stria¬
ti, in basso,'e sotto le apofisi clinoidèe poste¬
riori ; erane pero alquanto piu resistente, e duro.
XXXV. Il cervelletto era sodissimo, ed ho
potuto farvi notare per la prima volta dagli
spettatori i profondi, e numerosi solchi arcati,
e paralleli, che ne dividono così distintamente
in lobi, in Iobetti le faccie d’ amendue gli emi¬
sferi, e le lamine, che fregiano i Iobetti mede¬
simi : come altresì la valletta, le tonsille , 1’ ugo¬
la , i fiocchi laminosi , le vàlvule semilunari, ed
1 D R OC EF A LO 17
il tabercolo comune delle medesime , si comin¬
ciarono a presentare agli occhi miei.
XXXVI. L’acquidotto di Silvio, capace de!
mignolo d’ un bambino, era coperto dai tubercoli
quadrigemelli tanto piatti, che appena si pote¬
vano distinguere .* si allargava discendendo nel
iv. ventricolo, lo sfondo romboidèo del quale
era invernicato d’una mucosità tenace, e finiva
in un canale ritondo, chiuso posteriormente da
tale mucosità, da un epitelio robusto , e dalla
densa pia-madre : 1* accennato canale dava adito
verso il canale della spina a quella sierosità, che
aveane zampillato allo spiccarsene la testa dal
busto. ( ix. ec. )
XXXVII. Era piò del solito dura la midol¬
lare del ponte , delle braccia del cervelletto, e
della colonna midollare centrale ; dure pur era¬
no la midolla allungata , e la spinale, ma assai
maggiore durezza osservammo in quella , che
formava i noccioli del cervelletto ; scrosciava
come la cartilagine sotto lo scalpello, e non
si appiccicava punto alle dita.
XXXVIII. Intorno alP origine, ed allo stato
dei nervi in quell’encefalo mostruoso, non ho
fatto veruna osservazione.
XXXIX. Il teschio ossoso, avuto risguardo
all’ età del soggetto , del quale trattiamo , è ve¬
ramente degno di considerazione per la spessez¬
za delle ossa , che lo formano, e per la strasor-
dinaria ampiezza della cavità, che ne risulta.
Un nastro , che dalla tuberosità occipitale, pas¬
sando sui parietali, venga con gli estremi ad
unirsi nel mezzo del coronale, è lungo venti¬
cinque pollici. Un altro, che dalla fontanella
l8 CAPITOLO PRIMO
giu per le tempie venga con gli estremi ad unir¬
si all’ apofise basilare, è lungo pollici ventisei ,
e più . Un terzo nastro , che dal foro incisivo,
passando per la fronte, per lo bregma , per
1’ occipite , e per la base di quel teschio arrivi
al medesimo foro , è pure lungo pollici venti-
sei. Il solo coronale , che nelle calvarie dei vec¬
chi di bella statura , ma proporzionati, di raro
oltrepassa i cinque pollici di altezza, e i sette e
mezzo di larghezza, nell’idrocefalo nostro è alto
poli. 741:1 , e largo 941:2. I parietali qui
sono alti otto pollici, larghi sette, mentre, che
in ogni altra calvaria oltrepassano poco i cinque
d’altezza , ed i sei di larghezza. Le altre ossa
dell’idrocefalo non sono molto più larghe delle
ordinarie arrivate alla loro maggiore ampiezza.
XL. Non sono d’uguale spessezza in tutto il
cranio. Alla tuberosità dell’occipite, e nel mezzo
del coronale , sono spesse otto linee ; in certe
altre parti , come alla superiore dell’occipitale,
e nell’ampio osso WORMIANO , che occupa il
sito della fontanella , sono spesse poco meno di
due linee. L’ossificazione è perfetta salvo alla
parte destra mezzana superiore del coronale,
dove si trova una lacuna otturata soltanto dal
pericranio , e dalla dura madre, lunga più di
quattro pollici, larga un pollice , irregolarmente
ovale. Le tavole dì queste ossa sono tenui , e
nascondono molto medituglio di cellule minutis¬
sime , il quale però manca affatto nell’ osso WoR-
MIANO, che già additammo , e nella sommità
dell’occipitale, come nella maggiore convessità
dei parietali , e nella porzione squamosa dei tem¬
porali , dove tutto è solido , e compatto.
IDROCEFALO 19
XLI. I segnali delle suture coronale, sagittale,
e squamose sono quasi cancellati, salvo sul bre¬
gma, dove l’osso WORMIANO ha dentature molto
apparenti ; la commessura lambdoidea è tutta os-
setti bislunghi irregolarissimi, incastrati fra il mar¬
gine diretano dei parietali, e i due superiori dell*
occipitale : in vari siti questa sutura è larga dieci
linee, e fino un pollice.
XLII. L’osso WÓRMIANO della fontanella è
di figura romboidèa , e si caccia molto appun¬
tato tra i parietali per lo spazio di due pollici :
anteriormente s’incastra in una incavatura del
coronale, e vi ha un angolo ottuso : è tutto so¬
lido , senza medituglio , largo un pollice , e spesso
quasi due linee.
XLIII. Le ossa della faccia sono proporzio¬
nate all’. età del soggetto, di lodevole consi¬
stenza , e contengono seni di competente capa¬
cità ; e per incominciare a descrivere i seni fron¬
tali , questi si vedono scolpiti molto oltre sulla volta
ossosa delle orbite, che è molto depressa ; anzi
tutte due queste volte hanno un tale pendìo nella
cavità del cranio , una tale obbliquità , che uomo
direbbe , nell’ osservare la cavità suddetta , le or¬
bite mancare affatto.
XL 1 V. I seni frontali adunque sono visibil¬
mente comunicanti fra di loro mediante un’ aper¬
tura ovale lunga sei linee, larga due e mezzo :
sono interiormente diformati da parecchi risalti ,
e da lamine della sostanza ossosa. Il destro, la
maggior estenzione del quale è nella sostanza pro¬
pria della volta dell* orbita destra , ha venruna
•linea di larghezza traversale, due pollici d’al¬
tezza dal vicino margine di quasi tutta l’esten-
20 CAPITOLO PRIMO
sìone traversa dell’ala d’iNGR ASSIAS , a dieci linee
più alto della sommità dell’ apofise cristagalli. Lo
scostamento maggiore delle lastre osso se, che
fanno i pareti di questo seno , non arriva al
mezzo pollice. Il parete interno descrive una
concavità notabile verso il seno, mentre che
1’ esteriore , orbitario , ossia anteriore, descrive
una convessità, un arco notabile per seguire la
curvità della volta dell’ orbita *.
* V ALLOPPIA Exposit. in lib. Gal. db ossib.
c. 13. pag. mihi 36. nota , che i seni frontali
per lo più non si trovano in coloro , cui dalla
commessura sagittale la fronte è in due parti di¬
visa. ALBINO però assicura d ’ avergli sempre tro¬
vati ( Annot. Accad. 1 . 1. c. XI. pag. 37.) come
paw. (De ossib. p. 33.) RIOLANO (Comment.
de oss. p. 468.), HIGMORO (Disquis. anat. 1 . 3.
part. I. cap. 4.) palpino ( Beschryv. der beender.
part. 2. c. 3 . ) Osserva inoltre , che la sutura sa¬
gittale siccome divide la fronte , così divide anche
il trameno , onde sono separati que* seni in guisa ,
che non sì può dire propriamente, che vi sia in¬
terstizio : perciocché in ambe le parti del frontale
v’ è un seno intiero , e 7 destro è separato dal
sinistro mediante V unione di quella porzione delle
pareti , onde si corrispondono, e mediante una
larga , e dentata superficie si toccano , e si uni¬
scono t il che fa una spezie di tramezzo. ( Vedan-
sene le tav. 4. delle ossa del corp. uman. fig. 1. /,
efig. 2. "jf.) Nei crani de soggetti più giovani , prima
che le due porzioni del frontale siano sodamente
congiunte > ALBINO ha trovato da tutteddue i lati
21
IDROCÈFALO
XLV. Il seno frontale sinistro è meno ampio,
e meno celluloso ; è ovale ; ha un pollice d* esten¬
sione traversa , e dieciotto linee d’ altezza : ha
il seno principiato , e dice , che si comincia, a
manifestare la bocca , poi insensibilmente si dilata :
indi a tenore , che si cancella la sutura , come si
uniscono le due porzioni dell' osso , così unisconsi
le parieti , onde cadun seno verso la sutura si
corrisponde. Nella citata sposinone di f ALLOPPIA
( Tar. V. fig. z.ly) diceste che non si trovano
in coloro , che sono camusi , e che hanno la radice
del naso y e le sopracciglia depresse : IGMOEtO il
conferma nei molti camusi, RIOLANO però assi¬
cura anche nei rincagnati d' avergli ritrovati ; AL¬
BINO poi è di parere, che può Sembrare i seni
mancare , benché, realmente non manchino , e nota ,
che segata alla foggia consueta circolarmente la
calvario, per lo più. appariscono , ma non si dee
questa segare oltre alla patte piu liscia , e più vi¬
cina alle sopracciglia ; e aggiunge di più , che
anche in qud teschi , che ne pare ano affatto privi 9
spettato V osso coronale costantemente ve gli trovò .
Sono continuatone delle vicine dilatantisi caver-
nette delV etmoide , ( v. la T. e fig. 2. i. ) dalle
quali incominciando serpeggiano in alcuni meno ,
in altri più ampiamente , e più in alto. Nella Stessa
guisa le cellulette dell * osso cotonale , che risguar-
dano il naso , non si vedono nei più giovani ,
ma a misura che crescono le ossa , si rendono più
apparenti t e si conoscono per vera continuatone
delle prossime etmoidali.
12 CAPITOLO PRIMO
i pareti vicinissimi in basso, * distanti in alto
circa nove linee.
XLVI. Il commercio dei sebi frontali con le
caverne etmoidali è liberissimo per un’apertura
comune quasi rotonda , larga tre linee e mezzo.
XLVII. Le caverne etmoidali non sono tanto
confuse, e complicate quanto negli altri crani
degli adulti, essendone più ampie, e quasi sim¬
metriche le cellule. Comunicano mediante parec¬
chie aperture irregolari con i seni mascellari,
ampli, cellulosi, ossia gli antri di IGMORO, di
figura irregolarissimi. Comunicano pure con i seni
sfenoidali d’entrambi i lati per mezzo di due
bocche apparentissime.
XLVIII. I seni sfenoidali perfettamente divisi
mediante una lastra ossosa quasi ovale molto
spessa in aito, e sottile in basso, occupano uno
spazio considerabile nel corpo dello sfenoide ;
anzi in questo cranio gli ho trovati molto pro¬
fondamente , ed ampiamente estesi amendue nella
radice delle apofisi pterigoidèe. Comunicano con
le caverne etmoidali mediante un condotto ovale
obbliquo assai elegante, lungo tre linee circa,
largo verticalmente due linee, in traverso una
linea e mezzo, distante una linea dal tramezzo,
è situato ad uguale distanza dalla volta, e dal
pavimento dei seni. Il destro è lungo un pol¬
lice, largo otto linee in traverso, alto quattro ,
è anteriormente per lo tratto di due linee diviso
da una lamina ossosa arcata molto sottile. H si¬
nistro , largo aneli* esso sette linee e più, ha
varie caverne, che ne rendono irregolare l’in¬
terno; è lungo dieci linee, alto cinque. Il tra¬
mezzo n’è ovale, lungo dieci linee , largo quattro.
IDROCEFALO 2J
XLIX. Le ossa palatine, il vomero , le con¬
che inferiori, e le superiori del naso , 1* etmoide,
lo sfenoide, e le mascellari superiori con le un-
ghiali sono così intimamente unite nelle qssa
secche di questo cranio, che non si possono
neppure adesso separare le une dalle altre.
L. Alla base del cranio tanto internamente,
quanto all’esterno, si osservano parecchi fori
diversi da quelli, che ordinariamente si notano ,
e vi sono spine, irregolarità, e sinuosità sim¬
metriche , ma strasordinarie. Tra i fori, ante¬
riormente alla radice della cristagalli v’ è il cie¬
co , il quale si perde nella sostanza ossosa , nè
comunica in modo veruno con i seni frontali,
nè con gli etmoidali.
LI. V’ ha cinque o sei fori per lato , dispersi
sulla cribrosa lamina , che vengono ad aprirsi in
un solco profondo ; risultante fra la perpendico¬
lare lamina dell’etmoide, ed il termine vicino
delle cellule etmoidali d’amendue i lati : sicché
l’accennata lamina perpendicolare non serve dì
appoggio alle cellule, bensì a separare le destre
dalle sinistre, dalla radice del naso al parete an¬
teriore dei seni sfenoidali.
LII. Vi sono (poche linee posteriormente al
lembo anteriore della cresta etmoidale , e verso
ì seni frontali ) due fori, uno per lato, cui si
arriva per una doccia obbliquamente diretta in¬
dietro , se guardasi nel cranio , ma se perle or¬
bite s’introduce uno stilo, o una setola per quel
foro, che trovasi nell’unione del lembo supe¬
riore dell’ osso piano con la vicina porzione or¬
bitaria del coronale anteriormente, il tragitto
n’è obbliquo in avanti j èd in su. Per questa
1 4 CAPITOLO PRIMO
coppia di fori passava quella branca del nervo
ftalmico, cui si dà il nome di nervo nasale :
penetrando nella cavità del cranio piegavasi verso
la cristagalli , e giunta al secondo foro tra i più
apparenti anteriori della faccia cribrosa, ivi dì
nuovo cacciavasi per giungere alla membrana
pituitaria , che tappezzava il solco già descritto,
fra le cellule, e la lamina perpendicolare dell’
etmoide, dopo d’avere dato una branca ai seni
frontali, e un’ altra più. grossa alle cellule vicine.
LIII. Per lo medesimo foro dalle orbite s’in¬
troduceva nel cranio un ramo notabile delle ar¬
terie oftalmiche, il quale si diramava sulle parti
anteriori inferiori della dura-madre.
LIV. Dalle stesse caverne nasali penetravano
nel cranio tre rami arteriosi, appunto nell’ unione
della porzione diretana della volta delle orbite
con il lembo anteriore dell’ale d* INGRASSIAS :
il primo, eh’ è pure il più grande, è più vicino
all’etmoide, il secondo tre linee , il terzo nove
più verso la punta delle ale mentovate.
LV. Sieguono i fori ottici, la direzione dei
quali è molto obbliqua verso le tempie, e la
apertura quasi triangolare, con P angolo interno
( che resta pure anteriore , confinante con le la¬
mine piane dell* etmoide ) più ampio , ed inca¬
vato per dare passaggio all’arteria oftalmica, la
quale pareva aneurismatica in quel sito, tanto
era ivi grossa. Dava eziandio passaggio alla por¬
zione più grossa del seno , che per la sua situa¬
zione traversale fra le apofisi clinoidèe anteriori,
io soglio nominare clinoidèo anteriore. Il destro
di questi fori ( che qui si possono quasi consi¬
derare come canali ) è diviso verso 1’ orbita in
IDROCEFALO 1?
due mediante un cerchio ligamentoso, che rende
affatto rotonda la porzione superiore del foro,
per la quale passava veramente il nervo ottico ;
e senza toccare le ossa da questo ligamento
prendevano origine i cinque musculi lunghi del
globo degli occhi : per l’inferiore penetravano
nelle orbite i vasi, che poco fa ho nominati.
Lo stesso era del foro ottico sinistro ; ma ho
distrutto l’accennato ligamento per convincermi,
se vi fosse qualche cosa d* ossoso come la spes¬
sezza del medesimo, e la sua resistenza allo
scalpello , poteva di leggieri persuadermene.
LVI. Le apofisi clinoidèe anteriori sono lun¬
ghe sette linee, sostenute da un istmo ossoso in¬
solito , che si eleva dai lati della sella turchesca,
e vi costituisce un foro strasordinario , tondo ,
che ha due linee e mezzo di diametro. Per que¬
sti fori veniva a scaricarsi nelle fessure sfenoi-
dali tutto il sangue, che scorreva per lo seno
dittico, ossia circolare di ridleio , eperlocli-
noidèo anteriore, che qui era largo linee quat¬
tro, e un terzo *.
LVII. La sella turchesca è poco profonda,
molto larga , depressa ai lati, e molto allungata
allo ’ndietro , perchè le apofisi clinoidèe poste¬
riori sono piegate straordinariamente (insieme
con la muraglia ossosa , che le unisce ) verso il
foro occipitale: sono sottili, ed avevano due
spine acutissime, assai lunghe, e fragili, alla
loro estremità.
Fedi Encefalotom, P, i. pag> iiz.
l6 CAPITOLO PRIMO
LVIII- Dietro all’accennata muraglia ossosa
trovavasi un altro seno traversale , mondo,
molto ampio , cui soglio dare il nome di clinoi-
dèo posteriore. Non appartiene alì’apofise basi¬
lare, poiché questa porzione dell’osso occipitale
si unisce allo sfenoide tre linee inferiormente alla
superficiale doccia , che contenea quel seno. Co¬
municava con i petrosi posteriori degli antichi
( ai quali io do il nome di obbliqui ) mediante
un’ apertura rotonda , che aveva più d’ una linea
di diametro.
LIX. Tornando ai fori, il primo dietro alle
fessure sfenoidali è il rotondo, cui guida una
doccia notabile , obbliqua, diretta anteriormente :
siegue l’ovale, o mascellare inferiore, tra il
quale, e la vicina porzione della rupe si vede
un gran foro irregolare , lungo quasi otto linee,
largo due, diviso per una tenue lamina ossosa
dall’ ingresso delle carotidi interne nel cranio. Era
una coppia d* emissari dei seni cavernosi, e dei
petrosi anteriori, che raccoglieva altresì il san¬
gue del quarto emissario di TABARRANi * .
LX. Verso il centro della base del cranio, al
fianco della sella turchesca v’è la foce delle ca¬
rotidi interne , diretta obbliquamente all’innanzi :
nel mezzo di quello spazio ossoso , che v* è tra
i fori rotondo, ovale, irregolare, e carotidèo,
se ne scorge un altro , per lo quale salìa verso
j.la sella un’arteriuccia , la quale si diramava nella
dura-madre distesa sulla medesima sella senza es¬
servi aderente salvo nel centro, dov’era scol-
* Observ anatom. pag. 41. e seq., che io no*
mino strd interassei , favellandone più chiaramen¬
te nelV Encetalotomia Par. 1 . pag. 130. 131.
IDROCEFALO iy
plto un foro considerabile penetrante nei seni
sfenoidali.
LXI. Fra l’irregolare (LIX), e l’ovale, un
po’ poco più lateralmente, ed in basso vi è il
foro spinosò. Per le ramificazioni dell’ arteria,
che vi passa , e ne riceve il nome , tutta là faccia
interiore del crànio del nostro Idrocefalo ha le
pareti profondamente solcate, e in certi luoghi
in vece dei solchi vi ha canali lunghi parecchie
linee. Gli accennati solchi sono larghi, e profondi,
e indicano pur anco i siti , dove le arterie della
dura-madre anteriori, e posteriori si anastomo-
savano insieme , e con le mezzane.
LXIl. Nella faccia anteriore delle rupi v* è
impressa la doccia del seno petroso anteriore :
quella del mezzano è Scolpita sugli angoli su¬
periori delle rupi medesime ; e vicino alla im¬
boccatura del mezzano nel seno laterale destro
V è il foro, cui mediante nel medesimo seno si
scaricavano parecchie vene delle tempie, e dell*
occipite, le quali riunitesi in un tronco solo as¬
sai grosso , penetrando nell’ osso , un pollice su¬
periormente alla radice dell’ apofise mastoidèa ,
incontravano un canale obbliquo lungo nove li¬
nee , che sotto l’angolo della rupe , vicino alla
radice di questa , rivòlto ali’ indietro , per l’ ac¬
cennata apertura finisce nel seno laterale destro.
Lo stesso vedesi, ma non cosi distintamente a
sinistra.
LX 1 II. Per non allontanare ancora 1 * occhio no¬
stro dalle rupi, oltre al foro anonimo , ed all*'
auditorio interno, che qui ha piu di quattro li¬
nee di diametro,. se ne vede un altro sulla fac¬
cia superiore, dal quale usciva nel cranio un’ar-
z 8 CAPITOLO PRIMO
teriuccia , che dalla radice d’ esse rupi dirama-
vasi sulla dura-madre tappezzante la faccia inter¬
na della porzione squamosa, dove se ne vedo¬
no i solchi.
LXIII. Vedesi un altro foro sulla metà della
faccia diretana delle rupi, il quale gettava una
parte del sangue venoso , che ritornava dalle parti
inferiori dell’osso temporale , in un seno triango¬
lare, Comunicante con il seno laterale vicino, con
il petroso, e con 1’ obbliquo di cadun lato ; a
questo seno triangolare ho dato il nome di pe¬
troso posteriore.
LXIV. Sotto T orlo posteriore della doccia dei
seni laterali , scolpita nella parte inferiore degli
angoli lambdoidèi, nove linee più in basso , e
alquanto posteriormente ai fori già descritti nel
§. LXII., s’incontra un altro foro bislungo , al
quale si arriva per un canale tortuoso molto lun¬
go , che ha l’apertura esterna poche linee dietro
delle apofisi mastoidèe. Portasi da questi fori il
sangue d’ alcune parti circondanti l’orecchio ester¬
no nei seni laterali.
LXV. La struttura delle apofisi mastoidèe nel
teschio del nostro idrocefalo è singolare, perciò
siami permesso di darne qui notizia. Ognuna di
esse è larga un pollice alla radice, molto con¬
vessa verso gl’ integumenti, e non solamente
concava verso il centro della base del cranio,
ma quasi divisa in due per la sua lunghezza me¬
diante un solco profondo tre linee. La porzione
che si trova più interiormente, cioè poco di¬
scosto dall’angolo lambdoidèo, è meno eleva¬
ta , mediocremente spessa , e stendendosi dai fori
stilo-mastoidèi a quelli, che ho notato (LXIV.)
dietro alle apofisi mastoidèe , ha per conseguenza
IDROCEFALO ' 1 9
un pollice e mezzo d’estensione longitudinale.*
è separata dall’ angolo lambdoidèo, dal quale
si allunga per una incavaturella profonda versta
P apofise stiloidèa , ma superficialissima all’ in¬
dietro. L’altezza d’ambedue le apofisi mastoidee
arriva alle quindici linee.
LXVI. Le doccie dei seni laterali sono irre*
golari , e difformi sono pur anco le aperture in¬
terne dei fori laceri, le quali meritano tutta l’at¬
tenzione degli osservatori fisiologi , come quel¬
le , che probabilmente più, che nuli’altro hanno
contribuito a produrre questo mostruoso idroce¬
falo. La doccia del seno laterale destro ha nove
linee d’ampiezza, e quattro di profondità men¬
tre , che il foro lacero ha appena due linee e
mezzo d’ irregolarissima estensione. Quella del
sinistro è larga cinque linee, e superficiale ; e il
foro, cui tende, è appena largo una linea; anzi
è angustiato maggiormente da due linguette os-
sose, che si allungano da cadun orlo della doc¬
cia per farne quasi un canale. *
LXVII. Le doccie mentovate hanno il fondo
ineguale, principiano amendue dal solco longi¬
tudinale corrispondente a cadun lato del seno
biventre, che nel dorso della falce della D. M.
era contenuto * e siccome tra il lato destro , ed
il sinistro del seno amplissimo , vi rimaneva lo
spazio di nove linee circa , che dava attacco
alla porzione diretana della tenda, così nello
spazio suddetto si trova una cresta ossosa lon¬
gitudinale, che dividea perpendicolarmente all’
* Notisi , che. queste misure sono prese sulle ossa
pulite , id affatto libere da tutto il membranoso.
JO CAPITOLO PRIMO
indietro il seno per l’altezza di quattro pollici,
e nove linee.
LXVIII. Alla distanza di ventidue linee dal
centro dell’ osso incontrasi una fossa profonda,
parte della quale è scolpita nell’angolo Iambdoi-
dèo, e conteneva una grossa varice di quel se¬
no. La doccia del seno retto è stretta , ma mol¬
to profonda.
LXIX. I fori laceri adunque sono difformi,
il sinistro per quelle due linguette ossose (LXVI.),
che abbiamo già notale, indi per quella grossa
lingua piramidale, che si allunga ordinariamente
dall’angolo posteriore della contigua rupe: il
destro per quest’ultima sola, ma assai più grossa
del solito, la quale ne distingue l’apertura in¬
terna in due , una anteriore per dare passaggio
ai tronchi del paro vago, del glosso-faringèo , e del
nervo accessorio del Willis , e perchè sbocchi nel
golfo delle jugulari interne il seno obbliquo della
T). M., l’altra posteriore , dove da amendue i lati
mettono foce nel golfo suddetto i seni laterali.
LXX. In questo teschio si è veduto chiara¬
mente la membrana , che allungandosi dal seno
obbliquo , ne formava un canale per giungere
al sacco della vena iugulare , il quale occupa
tutto il golfo stato da me ampiamente descritto,
insieme con le varietà, cui è soggetto, nella
parte I. dell’ Enufalotomìa §. ióy. pag. 105.
Sicché i nervi distintamente vi passavano av¬
volti nelle tuniche loro , senza che il sangue con¬
tenuto nei golfi, e che si trovava al di sopra
dei nervi stessi, punto non li tingesse. Vi ab¬
biamo pur anche veduto due ramicelli arteriosi
IDROCEFALO 31
per parte » che venivano a diramarsi nella D. M.
tappezzante le fosse inferiori dell* occipitale.
LXXI. Le fosse delle iugulari interne scolpite
quasi affatto nella faccia inferiore della rupe,
sono in questo cranio assai differenti la destra
dalla sinistra ; perciocché la destra è larga dieci
lìnee, alta otto , irregolare ; la sinistra irregola¬
re anch’ essa , è larga sette linee, e alta cin¬
que , e vi si vedevano ad insinuare parecchi
vasi, fra i quali i due più apparenti nelle ossa
secche sono un foro venoso , che dall’ orecchio
interno per 1 * acquidotto del FALLOPPIA sbocca
nella parte posteriore esterna del golfo d’ am¬
bedue i lati ; indi un altro, che dal canale ca¬
rotidèo si apre nella parte anteriore dei mede¬
simi golfi. Vedesi nelle ossa il foro , ossia il
canale , ma non si sa a che cosa abbia servito.
LXXII. E’ da notarsi però, che la natura ha
proccurato di supplire al difetto dei fori laceri
troppo stretti con dare uno sfogo ( sebbene in¬
sufficiente per quello, che si è veduto ) al san¬
gue contenuto nei seni laterali per li fori del
valsalva , i quali sono più ampli dei solito.
Questa circostanza è già stata notata da me nell*
Encefalotomia *, dove accennato fu pure, che
nel teschio del Folle di Morsasco ( stato noto-
mizzato da me in Aqui nei primi giorni di no¬
vembre del 1775. ) non si vedono i fori lace¬
ri , ma il sangue avea 1’ uscita libera dai seni la¬
terali per li fori del VALSALVA , che vi hanno
quattro linee di diametro, e il destro si apre in
Parte 1. §. 1 61,
J2, CAPITOLO PRIMO
una fossa poco profonda, ma alta sette linee,
scolpita in gran parte sul margine esteriore dell’
osso occipitale * . Ho già incontrato la stessa
difformità in due altri fatui, là calvaria d’ uno
de’ quali è presso di me con quella del mento¬
vato Fatuo di Morsasco.
LXXI 1 I. Per dimostrare la compressione , che
il cervelletto in questo idrocefalo ha dovuto sof¬
frire, ho creduto opportuno di fare considerare
l’enorme estensione dei sacchi superiori della
D. M. relativamente a quello strettissimo, che
conteneva il duro cervelletto. Una linea tratta
dalla tuberosità occipitale, per la sezione verti¬
cale del cranio , fino al centro del coronale , è
lunga otto pollici, e mezzo. Dal piano della
tenda sulla rupe fino alla sommità dei parietali
v’ è lo spazio di sei pollici, e nove linee . In
risguardo poi al ^cerveliétto , una linea tirata dalla
sommità della doccia del seno retto alle apofisi
clinoidèe posteriori, è lunga tre pollici, e tre
linee: tratta dall’una all’altra base delle rupi in
traverso , è lunga pollici 4. ; è alta poi un pol¬
lice e mezzo quella, che si tira dall’angolo su¬
periore della rupe al grande foro occipitale. E’
da notarsi finalmente , che le cavità inferiori dell’
occipitale, in tutto il rimanente dell’estensione
loro , sono pochissimo incavate , di maniera che
il cervelletto qui non era nè più spesso verti¬
calmente , nè più lungo orizzontalmente d’un
pollice , ed otto linee, perchè la tenda, che
negli altri cranii è quasi orizzontale , ed in ca¬
pacità può equivalere ai sesto della cavità, che
* Ivi §. 160. pag> io6 .
idrocefalo 33
contiene il cervello , qui era sommamente de¬
pressa, e facea la volta d’Una cavità, che non
ne arrivava ai dodicesimo , ed aveva il foro
di communicàzione (quello, per il quale discende
la midólla allungata , limitato dal concavo del'e
ale della tenda stessa, e dal tagliente della ra¬
dice della falce) due volte più largo del naturale.
LXXIV. Restano da indicarsi i fori condiloi-
dèi anteriori grandi, e lunghi ; indi il gran foro
occipitale largo, e lungo poco meno di un pol¬
lice, i quali non hanno nulla di straordinario.
LXXV. Se le Ossa del cranio di questa fan¬
ciullo erano soverchio nutrite; meno straordinaria
non era la spessezza della dura-madre, e la ro¬
bustezza dalle lamine, che- vi ho agevolmente
osservate mediante la semplice esiccazione. E*
noto , che questa meninge è aderente a tutto
1 * interiore del cranio, ma più che altrove alla
base, e alle suture, dove persiste ad esserlo si¬
no all’ultima vecchiezza, benché a misura , che
l’animale s’avvanzaàn età, si distacchi a poco
a poco dalle fosse del coronale, dei parietali,
e dell’occipitale: non è dunque maraviglia, se
nel cranio del nostro idrocefalo tanto fòsse in
ogni parte aderente *, che, dopo d’avere la¬
sciato quella cal varia segata per lunghissimo tem¬
po esposta al sole, quando volli separarne la
meninge dalla parte sinistra, fui costretto di la¬
sciarvi aderenti molti lembi della lamina ester¬
na di notabile grandezza, anche nella fossa dei
parietali ; tanto più poi ve ne rimase aderente
* Encefalot. Parte I. §. 99.
c
34 CAPITOLO PRIMO
all’angolo anteriore inferiore di queste ossa, do¬
ve si vedono tuttora i solchi delle arterie spino¬
se , ridotti da sovrabbondanza di sugo ossoso
a veri canali lunghi parecchie linee,
LXXVI. Nell’ Encefalotomia ho dato raggua¬
glio delle mie osservazioni sulla struttura di que¬
sta meninge *, e non ho dimenticato i seni ra¬
mosi , che così distintamente scorrono ai lati
delle arterie della medesima *%\ ma non ho es¬
presso , che negli angoli dei difforme seno lon¬
gitudinale superiore , e dei laterali si vedeva una
selva di strisele rossigne , le quali a guisa di rag¬
gi ( non procedendo da nissun vaso apparente)
si portavano verso i seni, ai quali facevano co¬
rona . Io ho sempre dubitato , che ivi fossero
state prodotte dall’ infiltramento fattosi del san*,
gue nelle cellule degli angoli suddetti, e nelle
■vicine, perchè non potendo esso in proporzio¬
nata quantità discendere verso i golfi delle iu¬
gulari per le divisate angustie dei fori laceri , do¬
veva per necessità ristagnare nei seni, avere pro¬
dotta l’enorme dilatazione già più volte men¬
zionata del longitudinale superiore , e filtrarsi nei
vacui, verso i quali trovava minore resistenza.
In fatti coteste strisele rossigne abbondavano molto
più lunghesso i seni laterali, e principalmente a
fianco del sinistro, appunto da quel lato, dove
si vede nelle ossa più angusto il foro lacero. Le
pareti dei seni poi ( forse per la distensione sta¬
tane prodotta dal sangue in essi arrestato ) era-
* Parte I. Trattato IL
*2 Ivi dalla pag. yy. -alla gì.
idrocefalo 35
no molto piu trasparenti, e sottili , che quelle
del longitudinale, e vi si osservavano pochissime
briglie.
Chiuderò questo capitolo con lo squarcio di
una lettera stata scritta sul proposito di questo
idrocefalo all* Editore degli opusculi interessanti
di Torino li io. agosto 1775 ., che è il seguente.
.Persuaso , che come opusculo aggiun¬
to alla scelta, voi inserirete nella medesima la
presente lettera, voglio darvi un saggio della
maniera , onde si può fin d’ óra prevenire un
errore, che potrebbe gettare profonde radici ne¬
gli animi dei posteri > e mi servo per ottenere
■1* intento , dell* enorme calvaria di quel giovi¬
netto di diciassett’ anni, eh’ è stata moltissime
volte esposta ai vostri sguardi. Sovvengavi della
spessezza, e della solidità delle ossa , .die la for¬
mano , ed immaginatevi , che questa calvaria
separata dallo scheletro , cada nelle mani d’un
Naturalista , e vi parrà subito di vederlo a Cal¬
colare l’altezza di tutto il còrpo, la grossezza,
e la lunghezza degli ossi principali del Gigante,
al quale un teschio sì grande , e cosi nutrito avrà
appartenuto.
In fatti se si esaminano attentamente le pro¬
porzioni , che passano tra le- ossa d’uno sche¬
letro , e il suo teschio, sì per altezza, che per
volume, tra il capo d* un uomo , e la compa¬
ge delle membra del medesimo , che si suppo¬
ne ben proporzionato, il Naturalista, cui sarà'
dato il mezzo di cercare mediante il teschio del
mio giovanetto la proporzione delle altre mem¬
bra , l’altezza di tutto il corpo, la larghezza de¬
gli omeri, ec. ec. del soggetto, dal busto del
quale fu spiccato , non riputerà più favole tutte
le descrizioni di cjue’ Giganti, dei quali si parla,
non solamente nei romanzi di cavalleria, ma
pur anco in certe storie , dove tralucono di tan¬
to in tanto alcune verità, che a tutto il mon¬
do sono note .
Questa calvaria ha dai 25. ai 26. pollici di
circonferenza : in molti luoghi è soda come T avo¬
rio ; negli altri , dov’ha alquanto più rara tessi¬
tura , è spessa otto, dieci linee , un pollice : ha
tutte le ossa così bene commesse, che appena
vi si scorgono quà e là segni leggerissimi delle
suture ; e queste medesime nella cavità del cra¬
nio , appena a guisa d’una linea si possono di¬
stinguere : quando era coperta degl’integumenti,
dei capegli, e dei musculi, avea più di ig. pol¬
lici di circonferenza. Supponiamo adesso, che
il Naturalista lo esamini al fine, che abbiamo
detto , e lo udiremo a discorrere così.
“ Un’uomo di bella statura, che havent’un
„ pollici di periferia al capo, è ordinariamente
„ alto sessantacinque pollici ; ed un nastro, che
„ gli giri sugli omeri d’intorno al torace suol es-
„ sere lungo poli. 42., ora il teschio, che io
,, considero, ha ventinove pollici di periferia :
„ dunque l’uomo , del quale era parte, dove -
„ va essere alto almeno pollici 95., e ; d ..avere
,, le spalle (dalla sommità dell’omero destro a
„ quella del sinistro) larghe pollici 29., il che
,, fa cinquantotto, sessanta pollici di eircoufe-
„ renza al torace. Conseguentemente un tal cor-
,, po per essere proporzionato doveva superare
„ un uomo di bella statura di circa trenta pollici.
I D R O C E F A L O
37
Voi vedete di quale importanza sarebbe Io
sbaglio, che nel caso nostro prenderebbe il Na¬
turalista , perchè sapete, che questo teschio, era
d’un soggetto appena alto quarantaquattro pol¬
lici , e largo quindici dalla sommità dell’ una a
quella dell’altra spalla. Ma egli è improbabile,
che dal tempo , in cui la racchiùde ha incomin¬
ciato a fare progressi nei paesi Settentrionali
dell’ Inghilterra, e si è propagata pur troppo a
desolare le nostre famiglie con la strage dei po¬
veri bambini, dal *empo, in cui si danno idro¬
cefali mostruosi, non ve ne sia stato più di
uno, le ossa del quale , dopo di essersi strana¬
mente allargate , si sieno al fine commesse, e
nodrite esorbitantemente, onde simulare teschi
di giganti? Se questo è probabile, non vi sem¬
bri fuori di proposito , che io abbia descritto il
cranio del mio idrocefalo in maniera , che si
conosca, siccome i crani di questa fatta sono
viziosi, e furono appartenenti a soggetti racchi-
tici, ó altrimenti mal conformati, e non a gi¬
ganti , come si potrebbe leggiermente da taluno
supporre.
ESEMPI
DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE
ALLA SPLANCNOTOMIA
<£== TTTr, „, Tr; - - --- = ==8»
CAPITOLO IL
OSSERVAZIONI SULLA GL A NDULA.
PITUITARIA
Comunicate V anno 1779* al Chiarissimo Signor
Dottore Allione Professore di Botanica , e
di Storia naturale nella Regia Università , Te¬
soriere della Reale Accademia delle Sciente di
Torino , e membro di molte altre Accademie ,
INI or» saprei in <jual guisa testimoniare più
convenientemente a V. S. Ch , e la mia prcn
fondissima venerazione, e la mia intima ric.Q-r
noscenza per lo favore, che si è degnato di ac-*
cordarmi pochi giorni fa , trasmettendomi in
Acqui per mezzo del Sig. Professore Eandi , le
osservazioni dell’ industrioso notomista Antonio
Murray sull’ imbuto della Gianduia Pituitaria,
come cosa relativa all’ operetta mia intorno all’
encefalo umano , che si sta in Torino rivedendo,
e forse stampando ; non saprei, dico , in qual
guisa meglio testimoniarle questi sentimenti del
cuor mio , quanto con il parteciparle alcune co-
serelle intorno al medesimo organo , e sulla
gianduia stessa , già da me osservate tanto negli
uomini, quanto nei bruti, dubitando , che al¬
quanto si allontanino dal confermarmi nella idea
del chiarissimo sig. Murray , e desiderando di
averne il di lei parere.
GLAtìDÙLA PITUITARIA
V. S. ìli* è ammirata da tutti , come dotata
di vastissima erudizione, e di sodissima dottrina ,
massime in risguardo alla storia naturale, e alle
due parti della medesima più aderenti alla Me¬
dicina, da Lei con giusto applauso, e felicità rara
esercitata in cotésta Dominante , cioè alla Bota¬
nica , e alla Notomia ; egli è ben giusto perciò,
che sotto degli occhi perspicacissimi suoi passi
quel poco , che mi è accaduto di osservare in¬
torno a queste particelle dell* Encefalo umano
per avventura troppo superficialmente considerate,
finché dall’immortale allero non venne risve¬
gliato , -e dal proprio laborioso genio stimolato
a considerarle il diligente Medico Stockolmese ,
che nell’anno iyyì. ne ha pubblicate le lodate
dissertazioni.
Gli uomini grandi con l’esempio, e con il
consiglio proccurano alla Rep. Letteraria, e alla
Medica successori degni di loro, ed io mi ripu¬
terò felicissimo, se potrò essere un giorno all*
esempio, ed a’ consigli della S. V. chiarissima,
quale veggo essere il sig. MURRAY ad ÀLLERO.
Dacché ho addestrata la mano, ed avvezzato
Pocchio alla notomia , ed all’esame delle parti
più minute della testa umana, mi sono avve¬
duto , che la Gianduia pituitaria era costrutta in
modo non ancora stato da veruno anatomico
indicato; ma nell’imbuto ravvisai quasi sempre
una struttura poco diversa da quella del canale
deferente.
Ho quasi sempre trovato questo organo gros¬
so come una penna sugosa di tenero piccione,
talvolta rosso-, talvolta colorito, come la stessa
penna di procione suoi essere, quando ha il
4 P capitolo SÉCONDO
ceppo pieno di sangue. La membrana aracnoi-
dèa , e. la. pia madre piu densa qui, che altrove,
ne tacevano la tunica esterna molto elastica, e
robusta, appunto come dal sig. MURRAY ci
viene-descritta alle pag.. 2 , e 3.
Non ho potuto assicurarmi con, le iniezioni - v
che il cplor rosso sudicelo ; dell’ imbuto dipenda
sempre dai vasi sanguigni, come è riescito ali*
ingegnoso .sig* MURRAY, mà , sovente ne vidi la
superficie per ogni verso ghermita di minute ida*
tidi, : senza obbligo di ricorrere, j al' microscopio
affine di ben distinguerle : e questo corredo di
idatidi è stato particolarmente veduto da me in
alcuni soggetti morti con ristagni al petto, e
in due affogati nelle acque : furono altresì piu
facili a dimostrarsi nell’inverno.
La cavità, dell’ imbuto 4 sebbene probabile nei
bruti,, fu affatto equivoca negli; encefali umani
stati da, me esaminati , poiché una morbida là-
nuggine cinerizia la riempie, siccome tappezza
molte; delle cavità del cervello.
Il fiato spintovi con tubolini proporzionati
non gonfia nè l’imbuto , nè la gianduia , e seb¬
bene la punta del nefrotomo , 0 le forbicine
vi penetrino ^facilmente , e recidendone vertical¬
mente- : la parete supporta , sembri ravvisarvi^ un
non, so che. di con cavo nel centro , o nell’asse,
ciò non ostante si capisce, chele tuniche spesse,
e robuste d’ un cilindretto spugnoso possono
simulare qualche cavità , eziandio là dove non
. era vi un canale. Lo stesso dicasi d’ una recisione
traversale.
Questa recisione traversale però negli uomini
lascia una apparenza di vena, piuttosto che di
GLANBULA PITUITARIA 41
arteria : anzi la coneidenza delle supposte pareti
ne spreme sempre un non so che di celluloso:,
che si allunga convesso, come vediamo alle
estremità d’un grosso nervo reciso, piuttosto
che un voto, sgombro, come alle estremità di
una arteria recisa. E tale si è dei canali defe¬
renti, quando vengono tagliati in traverso.
Che nei cervelli agghiacciati si possa dimo¬
strare benissimo la cavità dell’ imbuto ( come
assidura il sig. MURRAY alla pag. 5. perchè =
„a ventriculis lateralibus ad tertium , perque in-
„ fundibulum ad glandulam usque pituitariam, una
,, continua gleba-glacialis fuerit porrecta =) può
essère ; ; ma pare , che l’industrioso Autore avrebbe
dovuto spiegare , se quella gleba glaciale sia stata
fatta dalle sierosità naturalmente esistenti nei ven¬
tricoli laterali, nel terzo ventricolo , e nell’ im¬
buto , o da acque statevi incettate.; oppure se
risultata sia dall’ agghiacciamento delle sostanze ,
che rinchiudono in se tali cavità, ed hanno
imito l’imbuto.
Se la massa di ghiaccio mentovata fosse ri¬
sultata dalle sierosità naturali, o dall’acqua in¬
iettata , il sig. MURRAY avrebbe dovuto indi¬
carci le vie, per le quali sì fatti liquori hanno
potuto passare dai ventricoli laterali nel terzo
ventricolo , e nell’ imbuto per farvela , com’ egli
dice, ' continua. ,
Se poi risultò dall’agghiacciamento delle so¬
stanze, e se ne ruppe Cosi felicemente T imbuto
nel.cerebro.uma.no, che resa evidentissima se
ne sia la cavità , non vi è replica.
Ma sono pure un grande imbroglio quei fila¬
menti cellulosi, che otturavano l’imbuto nella
41 CAPITOLO SECONDO
vecchia morta d’anasarca, stata esaminata dal
medesimo nostro Autore] ( pag. 4.) Sono pure
d’un gran peso le osservazioni dei chiarissimi
SÌg. TARIN , RIDLEY , BRUNNER , LIETAUD ,
PETIT , WIEUSSENS , e sopra tutte le altre quelle
di ALLERO.
Ha ragione il chiarissimo MURRAY quando di¬
ce , che C imbuto ampio fra i nervi ottici , e le
papille midollari , si assottiglia per dilatarsi nuo¬
vamente a misura , che si avvicina alla gianduia .
E’ vero altresì, che incerti crani umani l’im¬
buto si curva notabilmente in avanti sull* istmo
ossoso , che unisce le cornute apofisi clinoidèe
posteriori; ma questo non è costante, e ben
sovente 1’ imbuto discende dritto, e perpendico¬
larmente sulla gianduia pituitaria : nè mancano
crani, dov* è obliquamente diretto indietro ,
discendendo a piantarsi nella medesima.
Dubito inoltre di qualche scherzo ( per una
bizzarra combinazione di singolarità costante )
nei cadaveri umani, che il sig. MURRAY ha
notomizzati per osservarvi l’imbuto , ond’ egli
abbia veramente veduto quest* organo, pene¬
trando nella gianduia, diviso in due rami, e
potuto dimostrare, come cadun ramo si insi¬
nuasse nel lobo della gianduia pituitaria, che
gli era destinato, e come il ramo posteriore
fosse più piccolo dell’anteriore. Le quali cose
equivagliono a dire , che la gianduia pitui¬
taria è divisa in due lobi , uno de' quali è ante¬
riore , e /’ altro posteriore , e che tanto l’uno,
quanto l’ altro lobo della gianduia pituitaria è il
termine d’ uno dei due rami deli’imbuto.
GLANDVLA PITUITARIA 4$
10 mando a V. S. chiarissima qui unita la
gianduia pituitaria umana , che ho sotto gli oc¬
chi , mentre le comunico i miei dubbi circa le
osservazioni del sig. MURRAY, acciocché torni
a vedere, come è costrutta.
La vede divisa in tre parti distinte , e cir¬
condata dalle lettere A. B. C. D. E. F. G.
La situazione, che ha su questa carta è pre¬
cisamente quella , che aveva nella sella turche-
sca ; soltanto ne ho a bella posta discostata la
parte posteriore E. acciocché si discerna meglio
il tutto.
A. Indica l’imbuto .
B. C. I due lobi della gianduia, che uniti na¬
turalmente insieme, non rappresentano male il
cuore delle carte da giuoco. Questi sono situati
anteriormente.
F. Dimostra la punta del cuore, ossia la parte
superiore della gianduia , comune ai due lobi an¬
teriori , nella quale si pianta l’imbuto , ed è ri¬
volta al davanti, ed in alto.
D. Indica la base, ossia la parte inferiore dei
due lobi anteriori Uniti , incavata allo indietro,
e in basso per dare luogo alla faccia anteriore
del lobo posteriore.
Se ogni cosa sarà ancora nella situazione , che
io le do trasmettendole questa mia. Ella vedrà
in fondo alla incavatura
D. G. Un orlo semilunare appartenente alla base
d’ amendue i lobi anteriori , il quale si assotti¬
glia allo indietro, e fassi tagliente. Su quest’or¬
lo stava lassamente appoggiato
11 lobo posteriore E. » per separare il quale
dalla incavatura posteriore comune ai due altri
44 capitolo secondo
lobi, mi è bastato scostarlo dalla incavatura me¬
desima , e rompere un filo, che, partendo dal
centro dell’incavatura in basso, si piantava nel
corpo dei lobo E.
L’imbuto A. si consuma tutto nella estremità
acuta dei due lobi anteriori B. C., e non vi si
ravvisa nulla di cavo , anzi tutto è parenchima
reticolato mucoso , e lanuginoso.
La faccia inferiore del corpo A. B. C. D. era
di un colore rosso più sbiavito , e non aveva'
considerabile aderenza con la dura-madre. Vi
era bensì molto aderente per la sua base il lo¬
bo E., corrispondentemente al centro della qua¬
le aderenza ho veduto un grosso fascio di finis¬
simi vasi bianchi nodosi.
Lo stesso lobo posteriore E. fu da me in al¬
tre occasioni rotto, tagliato, premuto fra le
dita, onde posso assicurare V. S. Ch., che è
costrutto, come sogliono essere le glandule pi¬
neali ; la picciolezza , ed il colore piu rosso alla
superficie soli ne fanno la principale differenza.
Tanto nella gianduia pituitaria, che ha sotto
gli occhi, quanto in molte altre , che ho esa¬
minato, vi si vedeva T un tronco sanguigno, che
saliva dalla base per la faccia incassata nella in¬
cavatura D., e vi si diramava sensibilmente con
qualche simmetria.
Ripeto, che questa porzione E. della gianduia
pituitaria non ha punto che fare con l’ imbuto ,
mentre che gli altri due lobi ne sono ( direi
quasi ) due espansioni ripiene di parenchima
bigio, o cinerizio-sanguinolento.
Ardisco accennarle, che nei bruti la dura¬
madre al dissotto della gianduia pituitaria è assai
GLANDULA PITUITARIA 45
distante dall’ osso, benché abbiano insieme ade¬
renza al centro della sella turchesca, per uno,
.0 più vasi sanguigni, che ne stabiliscono co-
.stante il commercio.
In risguardo all’ uso dell’ imbuto , e della gian¬
duia pituitaria, non ho neppure io nulla di certo
da pronunciare, sicché mi contenterò di crede¬
re al WILLIS * che trovandosi questi, organi ge¬
neralmente in tutti gli individui di tutte le classi
cognite degli animali, ed avendo nei quadrupe¬
di , e negli uccelli un volume più considerabile
( relativamente, al cervello ) di quello , eh’ essi
hanno nei crani umani, debbono pur servire a
qualche uffizio per 1’ economia animale indis¬
pensabile , e molto importante.
Inoltre il numero delle fiate, eh’ io vidi ben
corredato l’imbuto , e tutta la gianduia di vasi
linfatici nodosi, serpeggianti su tutta la loro su¬
perficie , e F osservare , che questa gianduia è
tanto vicina a’ vasi grossi (come sono le arterie
carotidi ) e ad emissari venosi, mi ha dato mo¬
tivo di conghietturare , che ella può collocarsi
nella classe delle glandule depuratici della linfa,
prima che questa ritorni al torrente della circo¬
lazione.* e caso, che fosse destinata ad un tal uso,
non avria bisogno, d’altri condotti escretori, per¬
chè i vasi linfatici minori di numero , e mag¬
giori di diametro, che ne uscirebbono ( come
si osserva nelle glandule del mesenterio in ris¬
guardo ai vasi chiliferi ) quindi trasmetterebbe»
no la linfa purificata al suo destino.
* Cerebri Anat . cap. XII.
a 6 CAPITOLO secondo
Un tale uffizio non è finora altro, che urta
conghiettura ma sono altresì verità incontrasta¬
bili i. che io ho trovato l’imbuto bene spesso at¬
torniato di vasi linfatici, e che più frequente¬
mente ne ho trovata circondata la gianduia.
a. che questa gianduia è di tessitura membranoso-
vasculare all’ esterno , cellulosa-reticolata al di
dentro : 3. che le cellule di questa interna sua
sostanza sono piene d’ un umore fluidetto, ci-
nereo-rossigno , coagulabile al fuoco : 4. che è
situata fra i vasi maggiori dell’ encefalo in vi¬
cinanza di due grandi aperture , che guidano fuori
di questa cavità , quali sono i canali delle carotidi.
Mi resta per ultimo da accennarle , che se non
la troverà per avventura in tutti i crani umani
cosi distintamente divisa in tre parti, come è
questa, che ho 1’ onore di presentarle , ciò di¬
pende dalla difficoltà, che s’incontra di spogliarla
de’ suoi involucri membranosi , e vasculari, e
che le riescirà poscia meno malagevole quando
voglia avvezzatisi con 1’ occhio , e con la ma¬
no , in quella stessa guisa y che va riescendo al
Suo Umiliss. mo Devota edObb. m ° ServS
e scuoiare Vino* Malacarne,
47
ESEMPJ
DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE
ALLA SPLANCNOTOMIA.
CAPITOLO 111,
DILUCIDAZIONE D* ALCUNI PASSI DELL* OPERA
DI AELERO CONCERNENTI LA STRUTTURA
DEL CERVELLETTO UMANO.
INfella edizione Bernese del 1778. dell’opera
d’ Allero superiore ad ogni elogio intitolata—
De partium corporis fiumani praecìpuarum fabri -
ca et usu -U indefesso Fisiologo cita più e più
volte la mia— Nuova esposizione della vera strut¬
tura del cervelletto umano^nel volume v 111., e
particolarmente alle pagg. 39, 113, 115, 118,
1 ic ), iai, 124, e 125, dove accenna la diffi¬
coltà , eh’ egli ebbe a capire la mia descrizione
delie valvule semilunari del Ch. Tarin per ca¬
gione dei nomi novelli, che sono stato costret¬
to d’impiegarvi, giacché vi ho descritto mol¬
te cose novelle; indi alle pag. 126, 127, e
alla 128, dóve confonde i miei fiocchi lamino •
si con il plesso corìoid'eo del quarto ventricolo ;
inoltre alle pagg. 130, 133, 134, alla 334,
e alla 362, dove torna a confondere le parti
suddette.
Affine di togliere adunque ogni equivoco ,
che altri meno versato nella notomia potesse
prendere leggendo le due opere mentovate ,
io trascriverò il Testo d’ Allero , e met¬
terò a piè d’ ogni particella del Testo mede-
4 8 CAPITOLO TERZO
simo l’esposizione di quanto viene inteso da me,
e di quanto ha dato luogo alla difficoltà sud¬
detta.
I. Lib. X. Sect. I. §. XI. Fabrica Cerebri.
pag. jg. Nuper denique Cl. Vincentius Mala¬
carne in cerebello exemptis portionibus piàe-matris
itìtimis vidit innumerabilia granula globosa versus
superficìem laminarum dìsposita , ut medullae se
immergerent d*.
d* pag. 124.
ARTICOLO 1.
Dilucidazione della particella del Testo
ALLERIANO sulla fabbrica
del cerebro .
V*g' A/!. ,
J24.XYJLÌ è riescito divedervi distinti innumera¬
bili corpicciuoli incassati gli uni fra gli altri, ap¬
punto come si osservano i granellini nelle me¬
lagrane : globosi verso la superficie dei foglietti,
e delle lamine, si profondavano verso le lische
midollari con certe code finissime , che sempre
più bianche parevano quanto più alle lische si
avvicinavano , e nella stessa midollare parallele
s’immergevano.
Nella nota delle pagg. 123, e 124 reco
altri esempj di tale conformazione della sostanza
del cerebro.
CERVELLETTO UMANO
49
.
II. Lib. X. Sect. II. Cerebellum.
Pag. 113 CI. Malacarne in quadraginta cerebel-
lis tredecies reperii nihil dijferre , in viginù et
tribus cerebellum mollius esse , decem demum , ubi
duriuSy et tria poiissimum duriora , quorum unum
pene cartilagineum esset. z*
z* Malacarne pag. 118. 119.
ARTICOLO 11 .
Della, durerà del cervelletto ragguagliata
N. Es. a quella del cervello.
pag * F
118. JT ra 40. e più cervelletti da me curio¬
samente esaminati, i quaderni miei me ne pre¬
sentano tredici forse ugualmente duri che i cer¬
velli , de’ quali erano parte, e se ne toccava la
cinerizia , o corticale sostanza; che se tocca-
vasene la midollare, quella dei cervelletti era,
assai più seguace , più resistente , e meno elasti¬
ca : * ventitré cervelletti erano assai più molli,
che i loro cervelli .dieci cervelletti più duri,
e più maneggiabili, che i loro cervelli, e cinque
fra questi veramente singolari per la durezza, e
per la elasticità della corticale, che però non
uguagliavasi a quella della loro midollare.
*z Fra tanti cervelletti , che ho notomiz-
* Ivi pag. 1 1$.
§. 130.
d
50 CAPITOLO TERZO
feti, la durezza di tre mi parve stupenda, uno
dei quali fu estratto dal mostruoso cranio dell*
idrocefalo Saluzzese i V. cap. praec. §. XXXV.
e LXXIII. ; il secondo da quello d’un sessagenario
morto per li disordini fatti mentre era attaccato
da una ostinatissima quartana, e sparato da me
li 4. marzo 1775,; il terzo era di una puerpera,
della quale ho già data in quest* operetta notizia.
In risguardo al cervelletto d,el suddetto sessage¬
nario , che avea per nomp Giulio io scrissi una
lunghissima lettera al Ch. sig. Brugnone allora
Direttore della scuola veterinaria, data li 18.
marzo 1775., e fra le altre cose le seguenti.
“ Dopo d* averlo maneggiato per quindici
v giorni continui, egli è ancora un cervelletto
„ sodo , ed intiero , come se pur ora si fosse
„ cavato da) cranio, non avendo perduto se
,, non se alquanto di volume, e di colore u
III. Ibidem
Pag. 125. Dictum est , in animale nuper nato
cqrticeam naturam cerebelli a medullari vix di¬
stingui. Verum sollicite inquirens CI. Malacarne
I 3 ** utique edam ea aetate utramque naturarti di -
stinctissimam reperii.
p** p, ili.
CERVELLETTO UMANO
5 *
ARTICOLO 111 .
La corticale , e la midollare si distinguono
anche nel cervelletto dei Feti.
N. Es.
Pag- D,
m. X iù d*una fiata ho fatto vedere (nei bam¬
bini di fresco nati) non solo il cervello, ma
anche il cervelletto , dove in questi o morti nel
parto, o pochi giorni dopo , o morti nell’ ute¬
ro, si distinguevano agevolissimamente i due
colori, ancorché il tutto fosse fluido , come la
crema . In quelli però , che morti nel parto,
erano stati lungo tempo fra le angustie del collo
dell’ utero , la corticale era più rossigna , ben¬
ché assai bianca si conservasse la midollare.
IV. Ibid. §. II. Cerebelli lobi. Vermis.
Pag; n 8. Inferior n ( vermis ) inferiorem , et
latìorem finem ventriculi quarti claudit o .
n TARIN inferior in icone EUSTACHII L c. G. ,
ALBINI et VESALII f. XI. d.
o Uvula Cl. Malacarne pag. 58 , 59 , e 60.
CAPITOLO TERZO
ARTICOLO IV .
Z* wgo/<z cervelletto umano .
ugola è composta di dodici foglietti lami¬
nosi , ed è sostenuta dai due larghi nastri, che
abbiamo notato {78) spiccarsi dalle tonsille. Può
avere sei linee d’estensione longitudinale, e
quattro di traversa : £ piatta allo innanzi, ed
all’indietro , dove ha molte lamine traversali
parallele *
* Ved. la nota alla pag. cit. della N. esp.
V. Ibidem
Eum inter , et nascentem medullam spinalem
exit plexus chorioideus quarti vtntriculi , et in
eranìi caveam propullulat , qui floccus est Vin-
centii Malacarne. ....
Nuper Vincentius Malacarne r * fusissime de -
scripsit lobos 9 lobulos , lamìnas parallelas , fo-
liola.
Lobos dixit , superiorem anteriorem , superio-
rem posteriorem , ihferiorem posteriorem , subtilem 9
liventem (forse volea scrivere biventrem) cen~
tralem .
Eorum loborum , et loborum ( e qui forse vo¬
lea scrivere lobulorum ) ipsas laminas nupierat »
GERVELLETTO UMANO 53
Distingua porro pyramidem laminosam , quae
inverso cerebello , elevata meditila oblongata de-
mum adparet. Involutarum laminarum estfiasciculus,
r* de cerebello.
Pag. li 9. Tunc Tonsiflas et ìpsis laminis com-
posìtas unam utrinque adsidentem uvulae.
Et uvulam longam conicamque , quae vulgo
vermis audii inferìor , et valvulas semilunares
duas quarti ventriculi TARINO dictas : et ex eo~
rum limbo eductum pediculum sustinentem floceos
laminoso* inter plìcas piae membranae , et gra¬
nula plexus chorioidei positos 9 crispos, liberos ,
in cavum cranium propullulantes , suos habentes
nucleo*.
Demum nucleos medullares tectos substantìa
corticali pene undique , numero decem , quorum
princeps sit vermis G ALENI.
ARTICOLO V.
Le differente , che passano tra i fiocchi laminosi
del cervelletto , e il plesso corioidèo
del IV. ventricolo .
X fiocchi ( scriss* io nella Nuova esposizione
del cervelletto umano, alla pag. 6 5. ) stanno
fra le confuse pieghe della vascularissima pia-
madre , sotto la membrana aracnoidèa, e tra i
fogliuzzi granellosi del plesso corioidèo del IV.
ventricolo, dal quale sembra, che germogli.
Sono composti di sei larghe foglie semicorticali,
crespe, e frastagliate ai lembi liberi, o diciamo
agli orli. Queste foglie sono sostenute da un
cordoncino midollare, che quanto più si allon-
54 CAPITOLO TERZO
tana dal quarto ventricolo, acquista grossezza
tanto maggiore, e finisce in un viluppo di fo-
gliuzze accartocciate, granellose , confuse, le
quali vi stanno appese mediante un numero pro¬
porzionato di picciuoli bianchi midollari. Tale vi¬
luppo è libero, curvasi verso la parte anteriore
delle tonsille ; è convesso, e liscio verso del
ponte. Molte volte il viluppo , che forma l’estre¬
mità libera del fioèco , è tutto foglie assai lar¬
ghe , spesse , e solcate dal canto della conca¬
vità del fiocco .
La prima, la più bassa, e nascosta dèlie fo¬
glie , che si spiccano dal cordoncino , che loro
serve di tronco, cuopre il picciuolo, e parte
della faccia esteriore della seconda , cón 1’ orlo-
suo, che sovente descrive un arco lungo quasi
mezzo pollice. La seconda foglia suol essere lar¬
ga cinque linee, e nasconde il lembo fisso della
terza, eh’è larga quattro linee, e così succes¬
sivamente fino al vero fiocco . Le prime foglie
descritte sono anche aderenti alla fàccia inferio¬
re delle braccia del cervelletto ; le altre soltanto
al cordoncino.
I cordoncini, dai quali pendono i fiocchi so¬
no coperti da molti filuzzi nervosi, i quali so¬
no radici del nervo picciolo simpatico, e del
vago. La porzione di cadun fiocco rivolta verso
il ponte, s’appoggia contro il molle nervo au¬
ditorio , sicché per vederlo bene si debbono sol¬
levare , e togliere i filuzzi nervosi accennati.
Finalmente tutte le foglie dei fiocchi sono ir¬
regolarmente solcate, ed hanno pure irregolar¬
mente laminose le faccie , e di tenera corticale
coperte,
CÉRVELLEttó UMANO 5 3
Ognuno capisce agevolmente, che nella spo*>
sizione qui recata, io ho sempre favellato di co¬
se appartenenti al cervelletto , annesse così stret¬
tamente al medesimo , che fanno parte d* esso ,
composta delle sostanze istèsse , ond’ è compo¬
sto il cervelletto, vale a direy di sostanza cine-
rizia corticale, e di sostanza bianca , o midol¬
lare. Passiamo adesso a dimostrare che cosa sia
il plesso conoideo del /v. ventricolo stato da me
più-volte menzionato nell’ operetta citata , e par*-
ticolarmente alle pag. 63. lin. 13., e segg., 6 <f.
lin. 3. e seguenti, del quale Allero ebbe ra¬
gione di scrivere, che ‘‘ inter -vermena, et na-
„ scentem medullàm spinalem exit, et in cranii
„ caveam propullulat ; e giacché volle ono¬
rarmi con dare a tale plesso il mio nome, io
mi veggo invitato a ripetere qui alla sfuggita
quanto ne ho stampato alla pag. 63. dell’ope¬
ra ditata ,■ è a darne quella più ampia , ed esatta
descrizione , che ne ho trasmesso al lodato sig.
BrugnONE ' li - là. d* aprile , e li 14. maggio
del- 1775. '
Nel Trattato del Cervelletto feggesi “ nel cra-
„ nib 1 d* una puerpera ho trovate tutteddue le vai-
,, ville (semilunari del tv. ventricolo) rilevate,
„ ampliate, e ripiene d’ tirt prodigioso accfesci-
„ mento del plesso corìòidèo del iv. ventri^
„ colo, largo in traverso linee ventidue, spesso
,, ventuna nel mezzo, cioè al tuberculo lami-
„ noso, ma ventitré è mezzo dalla cavità rom-
,, boidèà del ventricolo ài centro del seno di
,, ciascuna d’ esse. “
Dalle due lettere mentovate trascrivo le se¬
guenti parole « Vi ho già detto, che era gra-
„ nelloso, e che occupava non solo tutta l’aja
„ del iv. ventricolo, ma anche amendue i seni
„ delle valvule semilunari, che aveva allonta-
9t nate dallo sfondo romboidèo per lo spazio
*' di ventuna linea e piu , aveva dilatato strana-
„ mente. 1’acquidotto di Silvio, depressa la pia
„ madre, e la membrana aracnoidèa giù ne
„ canaje della spina di modo , che avendo io
y , spiccato quel teschio dalla seconda vertebra,
„ il plesso corioidèeo del /v. ventricolo sbuca-
,, va dal foro dell* atlante, e ne lo riempiva
„ tutto, perchè la midolla spinale si era riti-
,, rata iq alto ....
,,Era distinto in tre lobi : il più piccolo era
„ quello di mezzo , bislungo, che saliva fino nel
„ terzo ventricolo, al quale arrivava ottuso e gra-
„ nelloso, grosso come il, mignolo, dopo d’avere
,, sollevatp il velo midollare , che stendesi dai te-
,, sticoli al nocciolo del raffe , e allungate in, tra-
„ verso le lische midollari parallele , poste verri-
„ calmente 1’una sull’altra , che fanno la com-
„ messurà posteriore del terzo ventricolo, e eh’ io
„ sono stato il primo a descrivere.*
„I due lobi laterali, che ne facevano la mag¬
giore massa , empievano il seno delle vaìvuTe
„ semilunari, e mandavano parecchie appendici
„ granellose per la allungata, e dilatata penna da
,, scrivere fino oltre alla vertebra atlante.
„ Serviva di picciuolo comune a tuttettre i lobi
„ descritti del plesso un’ arteria grossa cpme il cep-
,y po d’una penna di corvo , coperta d’ una vena
* Vidi Encefalot. Parti IL pag . jó.
CERVELLETTO UMANO
„ livida , grossa il doppio dell* arteria. Discende-
„ vano unite da|.un foro scolpito nel centro del
„ terzo superiore dello sfondo romboideo, e dopo
„ il tragitto di quattro linee circa , producevano
,, tre grossi rami , il superiore dei quali ascende-
„ va a diramarsi nel lobo di mezzo , gli altri due
,, divergenti si distribuivano nei lobi laterali. Non
„ mi fu possibile di scoprire da quale tronco aves-
„ se origine 1’ arteria , nè dove mettesse foce la
,, vena , perdi* era già stara inavvertentemente
„ spogliata della pia-madre tutta la base del cere-
,, bro prima, che , distrutta la tenda , io mi fossi
„ rivolto alla notomia del cervelletto j e nel ca-
,, vare dall* acquidotto il lobo mezzano, traendo
„ tutto il plesso verticalmente in basso , il picciuo-
„ lo si svelse dalla midollare , e il foro si chiu-
„ se : facendo però strisciare su per Io solco cen-
„ trale dello sfondo romboidèo la testa d* un ago,
„ essa in quel foro insinuossi senza difficoltà, e
„ indicò una direzione obbliqua in alto verso l’an-
,, tro dei nervi motori comuni degli occhi ; ma
„ non avrebbe; penetrato sino a quel sito, se io
„ non vi avessi usato qualche violenza.
VI. Ibidem III. Crura cerebelli.
Pag. no. Crura cerebelli vocant ^ , et crura.
minora medullae oblongatae a , et aliis etìam
nominibus.
I VIEUSSENS p . 8 1 . tab. 5 , 14 , 15 , 16.
Vide edam Iconem RUYSCHII Epist. 12. tab, 15.
f. 6 . Mavult brachìa dicere cl. Malacarne*
5 *
CAPITOLO TERZO
articolo vi.
Delle braccia del cervelletto.
N. Es.
pag-T
72. Al grosso prolungamento di tutta la mi¬
dollare dei noccioli , delle lastre , e delle li*
sche, di cui già si è data notizia, forma le
braccia del cervelletto *
* Allero le nomina gambe ; pure negli uo¬
mini il còrso di cotesta sostanza è piuttosto oriz¬
zontale, e non diretto perpendicolarmente in
basso , come negli uccelli ; oltracciò le gambe
del cervello ne sono abbracciate in avanti.
VII, Ibidem
Pag. 121. Cl. Malacarne pene eodem modo de -
Hribit ( protuberantiam annularem )
1. Fibras transversas esse :
2. Daae fasciae medullares lacera tenent sulci
medullae oblongatae :
3 . Flanum cineruium subfuscum :
4. Fibrae longae albae sequentes ductum fibra
rum pontìs :
6. Fibrae transversae , et distinctae a fibris me -
dullaribus longitudinem sequentibus. g*
CERVELLETTO UMANO
19
Praeterea aliqua tamen in fibris a cerebello natis
ebliquitas est.
Quae in ponte posteriores sunt , eae proveniunt
ab anterioribus fibris cerebelli : hae transrersae
magis.
Quae anteriores , et propiores superficiei, eae a
cruris cerebelli fibris imìs posterioribus nascntur ,
et eaedem paulum ascendunt.
A medulla , quae proxime dicetur , oblongata
vallecula i separatur , quae in medio profundior,
rasa in medullae crassitiem ducit.
g* De cerebello p. 76, 77 * 7 8.
i RUISCH. /oc. cit.
ARTICO LO ni,
Sulla struttura del Ponte dèi VAROLio
In risguardò alla struttura interna della protu¬
beranza annullare , io trascriverò le mie osser¬
vazioni già pubblicate nella Nuova Esposizione,
aggiungendovi però quelle notizie, che ho ri¬
cavate dalle Ultime mie dissecazionr.
Dopo d* averne esaminata la costante, assai
visibilmente striata disposizione traversale delle
fibre midollari esterne, soglio raschiare la pro¬
tuberanza a seconda della direziòné delle mede¬
sime fibre , cioè in traverso ad ambi i lati , co¬
minciando sempre dal solco , che dà ricetto all'
arteria basilare , e riceve in numero maggiore i
vasi alla medesima destinati. In tal foggia si
discuopre meglio in mezzo a due strati di fibre
traversali. quella robusta coppia di fasci paralleli
di fili midollari , che dalla parte anteriore delle
6o CAPITOLO TERZO
gambe del cervello negli uomini discendono ad
occupare sulla midolla allungata i lati del sòl-
chetto anteriore ; fasci, che vengono da me
appellati k fascie . -
Le lunghe fila paralelle di queste sono im-
„merse in una sostanza cinerizia polposa, non fi¬
brosa , nè filamentosa , nella stessa guisa , che
vi stanno immerse le fila midollari traverse del
secondo strato, appartenenti alla protuberanza.
Sollevato questo secondo strato, e rivolte in
basso le porzioni superiori delle fascie ( accioc¬
ché se ne veda la continuità con le inferiori
incollate , ed apparenti senz* altra preparazione
sulla faccia anteriore della midolla allungata) si
trova un piano di sostanza polposa assai fosca,
la quale nasconde un nuovo strato di fibre lon¬
gitudinali bianche , seguenti la direzione delle
gambe del cervello verso la midolla allungata.
Questo terzo piano si appoggia sópra una so¬
stanza ancora più fosca , distrutta la quale , si
incontra un altro piano di fili traversali, distinti,
mediante una lastra midollare uniforme , dalle
fibre longitudinali , che fanno il maschio della
midolla discendente allo ’ndietro dalle gambe
del cervello.
Havvi inoltre qualche obbliquità nella dire¬
zione delle fibre del cervelletto , che vengono
pure a formare la protuberanza annullare , e la
accennò anche AlleRO : infatti le posteriori ,
che sono eziandio le più interne della protube¬
ranza , vengono ordinariamente dalla parte su¬
periore anteriore del cervelletto , quasi dal di¬
sotto della porzione ascendente delle braccia ^
CERVELLETTO UMANO 6 I
ed hanno minore convessità , che la faccia an¬
teriore delle gambe del cervello.
Le fibre più superficiali, anteriori, più arcate
della protuberanza nascono dalle parti diretane
più basse del cervelletto, e salgono considera-
bilmente prima di giungere alla maggiore con¬
vessità della protuberanza medesima.
Fra il terzo strato delle fibre midollari appar¬
tenenti a questa , e il massiccio della midolla
discendente dal cervello, ho detto esservi una
lastra midollare uniforme : questa è concava ai
davanti, convessa all* indietro , pochissimo di¬
stante dall’ aja romboidèa del quarto ventricolo.
Il diligentissimo anatomico Parigino Pietro Ta-
RIN è stato , a mio parere, il primo a darcene
notizia negli suoi preziosi Quaderni anatomici
Tav. II. Fig. i. Lett. cdvb. Nella maggior parte
dei cervelletti corrisponde esattamente ai pun¬
tini, e alle lineette comprese nello spazio indi¬
cato di quella figura. Per vedere schietta, e con
facilità quella lastra in tutti i cerebri umani , si.
taglino questi verticalmente in maniera , che
tanto la colonna midollare centrale, quanto la
protuberanza , vengano spaccati per la loro al¬
tezza , ed i bracci del cervelletto restino divisi
il destro dal sinistro.
Nei quadrupedi la protuberanza annullare è
piatta, per ogni dimensione molto minore delle
umane ; al margine inferiore ha due grosse la¬
stre midollari, spesse , collocate in traverso pa-
ralellamente al margine stesso ; e queste lastre
dal lato esterno delle fascie midollari vengono
fino sul margine pure esterno vicino della faccia
anteriore della midolla alhv%ata. Da questa ul-
rii CAPITOLO TERZO
tima estremità loro, eh’è più distante dal sol¬
co centrale della suddetta faccia , esse get¬
tano le radici dei nervi piccioli simpatici ; ma
negli uomini (che sono tutti privi di tali lastre )
i nervi mentovati nascono da due fossette cir¬
coscritte dal margine inferiore della protuberanza
in alto, in basso dai corpi olivari , verso il
centro della faccia dalle fascie, ai lati della me¬
desima dai processi, dal cervelletto alla midolla
spinale.
Negli uccelli, alquanto inferiormente al li¬
vello dei talami voti, la midollare dei cervelletto
si raccoglie sui lari per formare due grosse co¬
lonne lateralmente rotondate, piatte verso il
centro dell’ encefalo.
Queste si piegano sulle faccie laterali della
colonna midollare centrale risultante dalla so¬
stanza midollare , che si allunga dagli emisferi
del cervello, dai lobi, e dai talami, alla quale
AlleRO dà il nome di gambe del cervello , al¬
tri quello di braccia della midolla allungata, e
non pochi quello di peduncoli de! cervello , vi
passano sotto, la destra si confonde con la si*
nistra, e si mantengono amendue alquanto pro¬
minenti in tutto il corso loro , formando cosi
la protuberanza annullare degli uccelli, ossia il
ponte del Varolio.
Tutta la lunghezza della faccia inferiore del
ponte nelle oche, e nelle anitre non ha mai
presentato agli occhi miei solco veruno distinto ;
ho bensì trovato solcata la faccia anteriore della
midolla allungata corrispondentemente alla cresta,
che si vede sul pariete posteriore del catino,
la quale è molto più rilevata in alcuni uccelli
CERVELLETTO UMANO 6 3
di rapina, come nel nibbio, nel falchetto, nello
sparviere, e nella crivella, nei quali appunto il
solco della midolla allungala , che vi corrispon¬
de , è assai più profondo, ed apparente , come
dimostrerò nella Encefalotomia degli uccelli , che
si va stampando fra le Memorie della Società
Italiana di Verona , delle quali si comincino a
vedere i volumi 1 ., e 11,
Vili. Ibidem §. IV. Processus a cerebello
ad testes.
Pag. 113. Longitudinem reliquam ejus proces¬
sus ( a cerebello ad testes ) ad cerebellum usque
conjungìt z cum sodali tennis medullaris lamina
a , rubra tamen , in feliciorìbus dissectionibus , et
vasculosa superficie oblita b , obducta pia mem¬
brana c , sursum angustior d , deorsum fere pa-
rabolice dilatata , caeterum perpendicu,laris e.
z Tarin L. c. Bonhomme tab, 7.
a JFiXSLOjr n. 97. Expansionem ttnuem vo-
cat Stenonius p. zq.
b Tota cinerea , vulgo striis medullaribus , &
corticalibus varia Gunz de gland. pineal.
c Lieutaud L. c . Bonhomme ibid.& intus
membrana pulposa vestiente quartum v entri cuium t
et extus epitelio pag. 108.
d Quadratam facit TAR 1 NUS tab. a. fig. z.
1 . L. tab. 3. f. z. inverse parabolicam , et deor¬
sum angustiorem Fieussens X lì» ovalem LlEU -
TAUD pag. 397.
e lcon Tarin tab, 3. f. 2.
64 capitolo terzo
pag. 124» Eam posterìus vermis superior con -
tìngi e etfiilch , eam ventriculus quartus est. f.
Valvulam magnani cerebri g a similitudine alì -
vocant etc.
{. Confer. T ARiN §. 1. tab. 1. ld vocat ver-
dorso glutiorum adhaerere ORIBAS 1 VS p. 14,
g Fieussens p. j6. Lieutaud. Vclum
apophysi vermiformi obtemum DrelinCOURT
praelud. pag. 185. cui , aut STENONIO videtur
laus inventi deberi} Sibi trìbuit CI. D RE L 1 N COURT
sed praeludia an. 1670. prodìerunt, STENONis
lìbeilus an. 1669. Nisi est tenuis nec debilis mem¬
brana , quae superiorem partern ventricùli quarti
tegit , eademque glutium uteumque conjungit , et
finis est vermis articulati GALENI de util. part.
I. 8. c. 14. Oribasii p. Ì2. in cane eam val¬
vulam reperi. Nomen valvulae rejìcit Cl. Mala¬
carne.
Ab ea valvula , ejusque margine ex tenori L fi-
brae exeunt, quae trans processum ad testes ex-
currunt ....
pag. 125. Earum aliae uniuntur , et circumvo-
lutae ad cerebri basin , inter idy et cerebellum,
denique sunt nervus quarti paris L*.
L Strias in ista valvula , sed numerosiores de-
pingìt Tari il f. 2. 3. strias etiam ud citavi •
mus Gunzius vidit.
L* Negai eas se vidisse Cl. Malacarne.
Sed aliae ejusdem tractus fibrae , etiam tres ,
cruri cerebelli se reddunt , quod pontem facit , et
in ejus pontis fibras transversas continuantur m.
m. Fascio, vili. pag. io. noe. v. Malacarne
pag. 11 5 . 1 >6.-
CERVELLETTO UMANO 6 5
Denique hic repeto , fibras duas , teneras , la*
tìusculas , a parte inferiori crurìs magni cerebelli,
ad pontem accessisse , pariter transversas n.
n. Ihìd .
ARTICOLO Vili .
Sul velo midollare .
Il fine , che mi sono proposto nel pubblicare
il presente estratto, si capisce di leggieri essere
stato non solamente il dilucidare que’ passi delia
mia Nuova esposizione della vera struttura del
cervelletto umano , che possono sembrare o equi¬
voci , o erronei , ma altresì 1* accrescere il nu¬
mero delie verità , e minorare quello degli er¬
rori introdottisi nella notomìa dell’ encefalo. Ec¬
comi perciò di nuovo in campo contro l’invec¬
chiata opinione , che il quarto ventricolo sia se¬
parato dall’ acquidotto di Silvio mediante una
valvula , eh’ io credeva pienamente abbattuta
dalle osservazioni recate nella citata mia ope¬
retta, dov’ io ho detto, che “ le porzioni ascen-
„ denti delle braccia del cervelletto, sono se-
„ parate in alto dall’acquidotto, in basso dalla
„ metà superiore dell’ aja romboidèa del iv ven-
„ tricolo , e che sono intimamente unite con i
,, testicoli, dai quali si allunga in basso una
„ lamina midollare , chè si va allargando a mi-
„ sura , che divergono le porzioni accennate ,
„ sui margini delle quali essa prende strettissima
„ aderenza , e fa il parete diretano dell’ estre-
,, mità inferiore dell’acquidotto, e della supe-
,, riore del iv. ventricolo. Quindi sempre al-
66 CAPITOLO terzo
, largandosi viene ad immergersi nella rnidol-
” lare , che ne fa la volta , e nel nocciolo del
raffe. Questa è quella porzione del cerebro ,
eh’ io ho dimostrato, prima di nissun altro
9t anatomico, avere tenuto fin’ ora molto im-
}1 propriamente il nome di valvula grande, del
,, cerebro , perchè piacque al celebre notomista
„ ViEUSSENS di cosi nominarla.
,, Io non posso credere,, che cotesto gran-
9Ì de anatomico avesse davanti agli occhi un
,, cerebro umano naturale , quando scrisse ,
„ che „ la sua valvula è una produzione mi-
„ dollare , membranosa , coperta d’ una somi-
,, gliante produzione della pia-madre seminata
„ di sostanza glandulosa poco diversa da quella,
,, che dicesi corticale del cervello ; che è ade-
,, rente all* appendice vermiforme anteriore , e
s , a quegli allungamenti midollari, cui mediante
„ i testicoli comunicano col cervelletto; e che
„ si trova congiunta con il margine posteriore
,, del ponte, soggiungendo: Ex quibus eam
„ quarti ventriculi cavitati» anticae parti in-
,, stratam esse , et aquae emissarium circa po-
,, steriota excludere intelligitur ..... proindeque
v illam valvulae vices gerere asserimus. J£x quo
,, fit, ut habita ratione officii, et magnitudinis
,, illius, ipsam valvulam cerebri majorem no-
,, minemus, ut eam a membranacei ligamentis
„ distingtìamus, quae intra longitudinali», et
,, làteralium sinuum cavitatés, valvularum mi-
„ norum vices supplent, et munia praestant *.
* Vide Nevrograph. etc . pag.j 4, 7 t.edition,
Lfigdunens, 1684. in foli
CERVELLETTO UMANO 6j
E tanto meglio sono persuaso, cheViEUS-
SENS non ha ricavato la descrizione qui recata
dai cervelli umani, quanto piu costantemente
ne ho veduto le traccie nei cervelli dei qua¬
drupedi, e particolarmente de* buoi , siccome ne
ho dato notizia al già più volte lodato sig. BRU-
gnone nelle mie lettere del mese d’ agosto 1775,
il contenuto delle quali è stato pubblicato nella
Nuova Esposizione alla pag. 103., e segg. Ma
nell’encefalo umano mai non ho potuto ravvisar¬
vi rassomiglianza veruna, non essendovi appen¬
dice vermiforme, che per deprimere il velo si
Ripieghi in basso , nè sotto 1* arco, e neppure
nel volto semilunare in quelle pagine della ci¬
tata operetta descritti, com’ io gli vedeva nella
vitella, e come gli ho poscia veduti elegantis¬
simi nel lepre, e poco diversi in tutte le spe¬
cie dei quadrupedi nostrali, che ho notomizza-
ti , dal sorcio, dalla talpa, e dalla donnola ali*
asino , al cervo , ed al cavallo .
Questo velo negli uomini non ha nè seno,
nè lembo libero ; è però soggetto a quelle va¬
rietà , che alle pagg. 108., e 109. della Nuova
Esposizione sono espresse.
Negli uccelli è del pari visibile, che questo
velo non ha nè la figura, nè l’uso d’una vatvula,
come vedrà chi avrà la pazienza di leggere le
osservazioni mie seguenti , eh’ io trascrivo dalla
Encefalotomia dei medesimi.
Distrutta la loggia ossosa del cervelletto , ri¬
mossi i tubercoli cinerizi! dei ventrìcoli laterali,
e le ale del corpo calloso di maniera, che ne
resti scoperto il terzo ventricolo , e la commes¬
sura posteriore, si deprima indietro il cervellet-
68 CAPITOLO TERZO
to , e si scostino i fili inferiori della suddetta
commessura , intanto si spinga dolcemente il fia¬
to contro il termine posteriore del terzo ven¬
tricolo verso T acquidoso , e tosto si vedrà sol¬
levato un tenuissimo velo bianco, trasparente,
e molto arrendevole, il quale non sarà più vi¬
sibile quando si cesserà di spingervi 1* aria.
Questo sottilissimo velo midollare a misura ,
che si esamina piu in basso, cioè verso il cer¬
velletto, si trova sempre più denso, e piu ro¬
busto per lo tratto maggiore d’una linea ; e i
lati di questo addensamento, le fibbre del quale
scorrono visibilmente in traverso , sono una con¬
tinuazione della sostanza delle parti vicine dei
talami dei nervi ottici; ma l’angolo inferiore
dei lati medesimi, con vari fiiuzzi distinti, dà ori¬
gine ai nervi patetici.
La medesima lastra midollare traversale fini¬
sce in apparenza, mediante un lembo inferior¬
mente libero, contro la faccia anteriore del
cervelletto; infatti più basso del segmento, con¬
tro del quale si appoggia il lembo mentovato ,
prima che l’occhio distingua la vicina parete
posteriore del iv. ventricolo, si contano an¬
cora in alcuni uccelli tre, in altri quattro , ed
in alcuni altri fino a cinque segmenti cinerizi,
dei quali l’ultimo, ossia il più basso al davan¬
ti, può vedersi di basso in alto su per la ca¬
vità del iv. ventricolo stesso tra i peduncoli
del cervelletto , fra i quali tale segmento si
caccia a guisa di cappezzolo ; a tal fine basta ,
che si deprima il cervelletto in avanti, e se ne
scosti la midolla allungata; eppure non è così.
Dall 5 orlp posteriore della descritta lastra si prò»
CERVELLETTO UMANO 6$
lunga lo stesso velo midollare, però assottiglia¬
to molto più della più trasparente lamina del
talco , e della più pellucida pellicola dei lobetti
dell’aglio : ed appunto per questa somma sua
sottigliezza , trasparenza , ed arrendevolezza non
si vede punto cangiato il colore xerampelino del
cappezzolo suddetto , che pure n’ è vestito. Si
rende visibile questo velo tenerissimo allorquan¬
do si ha recisa in traverso tutta la sostanza dei
cervelletto , che supera in altezza il livello della
faccia superiore dei talami, potendosi con tale
metodo meglio sollevare gli ultimi segmenti an¬
teriori del cervelletto per favorire il sollevamen¬
to del velo suddetto, e per farlo gonfiare a
foggia di bollicina, spingendovi nuovamente con
discretezza il fiato o per 1’ acquidoso all’ ingiù,
o per lo quarto ventricolo allo ’nsù. Nelle oche
vecchie suole trovarsi denso , bianco , e assai
meno trasparente, che in molti altri volatili,
per la qual cosa nasconde affatto 1* ultimo seg¬
mento del cervelletto , e si vede a continuarsi
distintamente con la sostanza midollare , che oc¬
cupa 1* interno del cervelletto, che è fatto a
guisa d’ un semicono voto, con la base rivolta
all’ingiù verso lo sfondo romboidéo.
1 Per vederne poscia ancora più distinta la con¬
tinuazione con la mentovata sostanza midollare
interiore del cervelletto , si tagli questo vertical¬
mente quanto è alto di maniera, che si riduca
in due porzioni, una destra , e l’altra sinistra ,
queste si scostino l 3 una dall’altra, e tosto si
vedrà la midollare della faccia anteriore del se¬
micono a sollevare il velo , con il quale è con-
7 0 CAPITOLO TERZO
tinua, e a lacerarlo quando si scostino sempre
più le due parti nella suddetta guisa tagliate.
IX.
Valvulas autem novas semicir culares inferiores
et posteriores Cl. TARINI o .. .. nunc quidem
non facile recordor cum quanam a me visa par -
ticula passim comparare. Easdem valvulas CL
Malacarne fuse describit , ut tamen ob nova no¬
mina rerum diffcilius intelligatur. Oriri ex ab -
scansa maxime parte petioli floccorum a limbo
interno irium planorum priorum ; duo facere satis
ampia robusta vela , quae eant ad tuberculum
suum laminosum/ rejerrt hirundinum nidos , adhae-
rere tonsillas, ad particulas vermi adeumbentes r
adque basin uvulae ( vermis inferi o ris ) et dextram
valvulam cum sinistra conjungi. Earum cavum
sursum respicere partem supeùorem quarti ventri-
culi p.
p p. 61. ad 68.
ARTICOLO IX.
Dilucidazione del testo Alleriano sulle valvule
semicircolari del cervelletto.
Eccoci al passo dell’ opera di Allero , che
venne considerato da alcuni come una severa ,
ma giusta critica di tutto il mio trattateli© sul
cervelletto. Allero dice, che io descrivo dif¬
fusamente le valvule nuove semicircolari del Ch.
CERVELLETTO UMANO jt
TaRIN , in maniera però , che la mia descri¬
zione s’intende più. difficilmente a cagione dei
nomi nuovi delle parti da me state ivi menzio¬
nate. Allero non sapeva di quali particelle del
cervelletto in questa descrizione si trattasse, e
probabilmente non avea più avuto 1 * agio di as¬
sicurarsi , che nel cervelletto umano si trovas¬
sero e i fiocchi con il loro cordoncino midolla¬
re, e il tubercolo laminoso , e 1 " ugola , e le due
tonsille ; sapeva dunque tanto meno orizzontarsi
e riguardo al sito di ciascheduna di tali parti-
celle assoluto , e in risguardo al sito loro rela¬
tivo alle valvule semicircolari del Tarin, la
descrizione esatta delle quali mi ha obbligato di
mentovare ; ed ecco spiegato , d’onde sia nata ,
presso di quello per altro diligentissimo noto¬
mista , la difficoltà di capire il mio scritto.
Per togliere a tutti i curiosi di notomia in¬
tieramente una tale difficoltà, presento ai me¬
desimi il metodo , del quale io mi soglio ser¬
vire per dimostrare agli allievi miei le accen¬
nate valvule.
Tengo volto sossopra un cervelletto diligen¬
temente spogliato di tutta la pia-madre , ne al¬
largo la valletta ( quel profondo , e largo solco,
dal quale tutta la faccia inferiore del cervelletto
è naturalmente divisa per la sua lunghezza ) ne
discosto le tonsille dai fiocchi, cioè comprimo
le tonsille, come per ispingerle indietro, e in¬
fuori ; poscia guido uno stecco di penna , o il
manico sottile d’una tenta, oppure anche la
punta del nefrotomo rasente , la volta del IV.
ventricolo d’ alto in basso , e indietro, partico¬
larmente dai fianco interno dei cordoncini dei
71 CAPITOLO TERZO
fiocchi obbliquamente verso il tubercolo lami¬
noso , e ne sollevo il lembo libero delle valvule,
onde conoscerne l’estenzione , e la capacità * „
In tal modo anche i meno esperti agevol¬
mente discernono le rughe, che risultano daiP
avvallamento dei lembi liberi delle valvule me¬
desime.
Sovente perchè si possano meglio distinguere
questi lembi, eziandio senza introdurre nei seni
delle valvule strumento veruno , basta sollevare
alquanto il tubercolo laminoso , o i fiocchi , per¬
ciocché senza impiegarvi una minima violenza,
distintone un angolo , tutta la rimanente esten¬
sione del lembo della valvula corrispondente a
quel fiocco si discerne.
Ripeterò qui di buonissimo grado , affinchè
tutti gli Anatomici possano intendere più facil¬
mente le annesse parole di Allero , che le
valvule semicircolari del Tarin principiano dalla
estremità piu nascosta alle tonsille sotto i cordon¬
cini midollari dei fiocchi, e dall* interno lembo
delle tre prime foglie dei fiocchi medesimi : quin¬
di la tenue lamina midollare, che le forma, si
allarga a segno di rendere la capacità del iv.
ventricolo assai più ampia di quello, che co-
Le tonsille formano due grossi gomitoli di la¬
mine , che occupano uno per lato la estremità della
vailetta più vicina al iv. ventricolo : i fiocchi
sono già stati da me poco addietro nuovamente
descritti , e si vedono sui lati anteriori della fac¬
cia inferiore del cervelletto tra le tonsille, e la
midolla allungata .
cervelletto umano 73’
muneménte si crede. Acquistandosi dalle valvule
a poco a poco la forma del nido di rondine,
toccano le tonsille, confondendosi con la midol¬
lare, che ne forma anteriormente la base ; se
ne confonde pure il lembo fisso con i sostegni
dell* ugola , e va a finire nella base, e nella
faccia anteriore midollare del tubercolo laminoso.
Spieghiamoci ancora in altra maniera per dare
maggiore chiarezza alla nostra sposizione.
il lembo fisso delle vulvule semicircolari del
iv. ventricolo è aderente alla faccia inferiore
del cervelletto,attaccato alla base delle tonsille , e al
margine anteriore dei sostegni midollari comuni a
questa, e ali’ ugola come altresì alla base òq\Y ugola
stessa dove , mediante il tubercolo laminoso , che
serve a tutteddue le valvule d’ attacco Comune ,
la valvula destra si congiunge con la sinistra.
La loro cavità corrisponde alla volta del iv.
ventricolo fatta dalla porzione anteriore tutta
midollare della faccia inferiore del cervelietto ,
di maniera, che la loro apertura nello stato na¬
turale è rivolta in avanti, e il lembo libero ne
sta pendente in avanti , ed in basso quando per¬
mettono ì ligami, onde dalla pia-madre sono»
imbrigliate tutte queste parti.
I cani, i montoni, i cervi , i cavalli, i buoi
ne hànno qualche vestigio.* non ne ho saputo
ravvisare mai alcuno negli uccelli, forse per la
somma sottigliezza loro.
Negli adulti d’ ordinaria corporatura , il lem¬
bo libero di ciascheduna di queste valvule , nel¬
lo stato naturale , è lungo nove linee dal cor¬
doncino dei fiocchi al tubercolo laminoso ; dall’
orlo al sito più profondo della sua immersione
CAPITOLO TERZO
74
nella midollare delle tonsille, la lamina , effe
forma le valvuU , ha cinque linee di larghezza.
Il plesso corioidho del iv. ventricolo mostruo¬
so già stato qui rammentato , era contenuto in
parte nelle valvuU semicircolari , che in quel
cranio erano spesse come sono ordinariamen¬
te i corpi fimbriati del cervello nelle corna d? Am-
mone\ erano bianche, composte di sostanza,
midollare non distintamente fibrosa ; erano ela¬
stiche , molto resistenti, e ciò per avventura si
riebbe attribuire alla robustezza dell’epitelio, del
quale si trovavano vestite. L’ orlo del lembo li¬
bero ne era più spesso, e più candido, che
tutto il rimanente delle valvuU , e la spessezza
ne era pur anco maggiore agli angoli, vale a
dire ai cordoncini dei fiocchi , ed al tubercolo.
Ai medesimi angoli appariva un non so che di
fibroso, disposto a raggi, che svaniva a misura,
che si scostava divergendo dagli angoli. Il fi¬
broso però più visibile si scorgeva sull’orlo più
prossimo all’ angolo esterno, cioè ai cordoncini
dei fiocchi .
X.
Qua prodii ( plexus chorioideus ) de venirteli -
lo p* , aqua facile sibi in medullae spinalis cir•
cumjectum spatium aditum parat,
p* E am partem Cl, Malacarne dixit floccos la¬
mi nosos. p, 65.
CERVELLETTO UN ANO
7f
ARTICOLO X.
Altra dilucidazione sul fiocchi , e sul plesso.
uesto è alquanto oscuro , e sembra indi¬
care , che io do il nome ài fiocchi laminosi al
plesso corioldèo del iv. ventricolo, oppure a
quella parte dell’unione dei cervelletto con la
colonna midollare centrale del cerebro, dalla
quale il plesso corioidèo si allunga in basso.
Dalle precedenti spiegazioni però si ricava, che
i fiocchi laminosi del cervelletto sono due par¬
ticelle distinte , pendenti dalle braccia del cer¬
velletto ai lati del iv. ventricolo ; che il plesso
corioidbo è una sostanza vasculare, granellosa ,
distintissima dai fiocchi, sebbene esca dal iv.
ventricolo propio nei sito più vicino ai fiocchi j
per la qual cosa si capisce il eh. Allero avere
avuto confusa idea delle particelle da me de¬
scritte .
XI.
pag. 130. Cl. Malacarne duas ex partihus sulco
( calami scriptorii ) opposìtis taenias accedentes
ad portionem duram describit , alias vero ad mol-
lem ; iterum alias cinguli modo se addere ad pat
vagum y*.
y* L . c. p. n%. np
CAPITOLO TERZO
ARTICOLO XI.
Novero dei dii nervosi , che escono del IV. ventrìcolo „
§. 1 . Dei fili nervosi accessorii
'al paro vago .
Tr aila metà inferiore dello sfondo romboi¬
dèo sorgono ben sovente due filuzzi per lato ,
i quali scorrono per quella lanuggine , e a fog¬
gia di cinghia si piegano intorno alla sommità
della midolla allungata fino verso i corpi oli¬
vari; si curvano al davanti, e in giù , e appe¬
na giunti al risalto dentato , o al solco , onde
gli olivari vengono distinti dai piramidali , si
confondono con le radici del paro vago , e con¬
corrono a formare quel plesso triangolare, dalla
punta del quale risulta il tronco del paro men¬
tovato.
§. 1. Dei fili accessorii al paro patetico.
Sebbene alla pag. 114. della Nuova Esposi*
qione io abbia scritto non avere mai ritrovato
filuzzo , che dirigga il suo corso verso il paro
patetico, o verso i testicoli, dalla cavità del iv.
ventricolo , sono però stato in progresso di tem¬
po più felice nelle mie ricerche , ammaestrato
dal Ch. AlleRO , ed ho talvolta veduto quattro,
sei, e fin otto filuzzi, dei quali ora due, ora
tre per lato vidi a salire verso 1’ origine dei
nervi patetici, tra i fiocchi ( curvandosi in alto)
e le vicine braccia del cervelletto ; indi scor¬
rendo sul lembo superiore del velo midollare
CERVELLETTO UMANO 77
piantarsi nella sostanza donde i patetici mede¬
simi hanno origine.
§. Dei fili accesso?j al paro motote comune.
Dai lati dell’ ora nominato velo midollare ho
veduto frequentissimamente alcuni fili nascere,
portarsi al fianco esterno dei testicoli, aggiun¬
gersi al margine superiore del ponte passando
sui processi del cervelletto ai testicoli stessie
seguitare il contorno , che il ponte fa dintorno
alla colonna midollare centrale.* sovente restano
coperti dallo stesso margine del ponte ; ma ba¬
sta deprimere con un dito un lato della colon¬
na , e intanto allontanarne destramente il mar¬
gine suddetto per vedere il corso di quei filuz-
zi fino nell’ Antroj e unirsi con le radici dei
nervi motori comuni degli occhi.
Ved. Encefal. Parte III. la descrizione della
selva di fili nello sfondo romboidèo, che io
avea sotto gli occhi il 1. di settembre 1775.
pag. 114.
XII.
Pag. 133. CL Malacarne panilo aliter loquitur
( de medulla oblongata ) ut eadetn tamen viderit.
Numerai corpora pyramidalia , a quibus pars
prodeat nervi duri.
Corpora olivarià a figura dieta , quae facile ex
suis nìdis possunt erui , et quorum pars interior
flava sit.
Et demum fascias medullarés filis factas pa¬
rallela 'ex crurìbus cerebri natas, aliquando in
vertebras usqut prodeuntes q* .
Posterior pars ejusdem oblongatae medullae fere
e regione anteriorum corporum pyramidalium , et
olivariwn , posterior a illa habet , qttae enarravi-
mus q** tubercula.
q* P. 86, 8 j , 88.
q** P. 126 .
ARTICOLO Xll.
Dei corpi distinguibili sulla faccia anteriore
della midolla allungata .
l^fon è già , che io abbia detto uscire dai
corpi piramidali della midolla allungata porzione
del nervo duro ; ho detto bensì, che i nervi
piccioli simpatici nascono dalle loro fossette, che
sono quadrilatere , e situate fra i corpi pirami¬
dali , e le fascie , avendo il ponte superiormen-
te, e i corpi olivari inferiormente.
Acciocché vengano tolti ormai di mezzo tutti
gli equivoci, che pur troppo si oppongono al
progresso della notomia , ed al conoscersi dai
principianti la verità, che sta nascosta nelle
opere, le quali dai medesimi si debbono stu¬
diare , parmi conveniente di tentare, che sciol¬
gasi finalmente quella confusione , che sul punto
dei corpi piramidali della midolla allungata, re¬
gna eziandio per gli scritti di RuiSCHiO, di
VESALIO, diVlEUSSENS, di"WlLLlS, di WlN-
SI.OW, di Santorini , e per non menzionar¬
ne altri, dello stesso Allero ; perciocché fra i
CERVELLETTO UMANO "JCf
citati insigni Anatomici chi suppone i corpi pira¬
midali accosto al solco anteriore di questa mi¬
dolla, appunto dove sono le mie fascici, chi
sul fianco dì tale solco vuole collocati i soli
corpi olivari; chi pretende la faccia anteriore
della midolla fornita di quattro corpi olivari ; chi
colloca i corpi piramidali sui fianchi della stessa
midolla ; chi non vi ammette altri corpi, fuor¬
ché gli olivari ec. ec. Ma per convincere ognu¬
no di tale discordanza d’ opinioni , presentiamo
ai lettori il testo a ciò relativo d’alcuni degli
Anatomici suddetti.
XvilliS * (per incominciare da un vero mae¬
stro) ne ha scritto come segue: circa imam me-
dullae oblongatac basìn ex annulo majore dune
velia chordae medullares prodcunt , quae a reli-
quo mcdullari trunco distinctac versus medullam
spinalem recta pergunt , ac in processu suo sensim
angustiores factae , pyramidum instar , post unciae
circiter spatium in cuspides acutas desinunt.
Ecco da VILLIS adombrate sotto il nome di
Corde midollari , le nostre fascie . Soggiunge poi,
che non sono così apparenti mentre che la pia-
madre le veste ancora , la quale tolta, si po-
trebbono facilmente prendere per due grossi nervi ,
e che nei bruti forniti di protuberanza annula-
re più grossa, queste corde midollari sono mol¬
to più voluminose, e visibili.
* De cerebro pag. ni. e 143. Egli è però
da stupirsi , che nelle figure WlLLlS non ce nt
abbia lasciato vestigio.
go CAPITOLO terzo
RuiSCHIO { nella Fig. i. Tav. 1 6. lett. F)
indica la vera situazione dei corpi olivari : dà
( alla lett. G ) una elevazione preternaturale alle
fascie senza nominarle. Nella Fig. 4. T. 14. in¬
dica ottimamente ( con la lett. A ) la vera si¬
tuazione , e la figura dei corpi olivari sulla mi¬
dolla allungata d’un fanciullo , ma vi rappre¬
senta (lettera B.) assai male le fascie , alle quali
ei dà il nome di corpi piramidali. Aprendone le
Epistole problematiche si noti ( in quell’ oscuro
della sesta figura , che è in basso , fra 1’ estre¬
mità anteriore dalla faccia inferiore dell’ emisfe¬
ro sinistro spaccato , e il ponte , e la sommità
della midolla allungata ) come RuiSCHIO rap¬
presenti fedelmente i corpi piramidali da me de¬
scritti , sebbene non sieno da quell’ insigne Ana¬
tomico con lettere indicati, ed/ivi abbia fatto
scolpire quattro corpi olivari, due per lato.
WlNSLOw ( Tratt. della testa §.-112.) par¬
lando dei corpi piramidali si esprime anch’ egli
molto confusamente dicendo, che sono come emi¬
nente collaterali dependenti dai corpi olivari ; sog¬
giunge poi tosto, WiLLls ha dato il nome di
piramidali ai corpi , che io considero come oli-
vari , nella stessa maniera , che sono stati con¬
siderati per olivari da Duverney nel Tratt. degli
organi dell’ udito ec.
Io non insisterei così a lungo su questo ar¬
ticola , se non credessi importantissimo, che si
stabilisca una volta la vera, e naturale situazio¬
ne delle eminenze , che si vedono sulla midolla
allungata , e che diasi loro un nome costante , ma
un nome, che si confaccia alla figura loro,, e de¬
termini l’anatomico principiante a dire positi-
CERVELLETTO UMANO 8t
vamente ecco le fascie , ecco i corpi olìvari , ecco
i piramidali 9 giacché dalla cognizione del sitò
di queste eminenze dipende quello della vera ori¬
gine d’alcuni dei nervi principali dell* encefalo.
Con la midolla allungata umana davanti agli
occhi adunque , suppongo d’avere presente il no¬
vello osservatore, e di fargli notare dal poi 2-
te in basso il profondo solco, che ne divide
perpendicolarmente la faccia anteriore, e -sui
margini di questo solco le fascie , una per lato,
vaie a dire due lastre filamentose midollari , bian¬
che , larghe circa tre linee, terminate in basso
talvolta con più angoli, ed altre volte ezian¬
dìo senza divenire angolari. Sul margine esterno
ò.e\\e fascie gli mostro innicchiato un corpo olivare
per lato. Finalmente gli fo vedere costantemente
piramidali quei corpi , ai quali altri Notomisti
danno il nome di processi dal cervelletto alla mi¬
dolla allungata»
XIII.
Sub iis anteriori faciei porro sìmìlis similique
rima distincta , de capite properat exire.
Tertii paris nervi multo prioribus minores ab
ìmis m cruribus cerebri utrinque pene corpora ma -
millaria , late sparsis fibris prodeunt , qua ea
crura et inter se uniuntur , et cum VaROLU
ponte, fibris ad modum penicilli divisisi.
m Varol. p. 2. Cortes, misceli, dee. 1.
p. IO. MORGAGN. Adv. VI. p. 34. VlEUSSENS
tab. 14. z. z. paullo nimis a se invicem remoti
capitolo terzo
4- iij. A ponte , et a medio centro semicirculari
Mattei p . 2 8. Vocat Antrum nervorum oculi
motoriorum Malacarne p. 89.
Pag. 362. Durus y , qui dìcitur , septimi pa-
r is , nervus a laterìbus prominentiae z anularis ,
a cerebelli adeo cruribus , ubi primum de cerebello
prodeunt , supra cor por a olivaria duabus , pluri-
busve fibris nasci tur.
Descriptionem Cl. Malacarne conjuncdm addo .
f ossula quadrilatera inter pontem , et corpora
olivaria, ex cujns fundo multaefibrae nervi duri
oriuntur z *.
Aline fibrae ex partìbus oppositis sulci ventri-
tuli quarti , utrinque dune , et tres oriuntur z **,
quae unìuntur , transeunt secundum basin colli-
culi pyramìdalìs , unìuntur cum fibris fossulae
quadrilateralis ( forse volea scrivere quadrilaterae )
et fiunt nervus durus.
Aliae inter fioccum ( partem eminentem plexus
thorioidei * quarti ventriculi ) et eminentiam py »
ramidalem.
y Fallop. obs. p. 148. 6.
z Santorin. p. 67. Vinsi, p. 78. Varol. p. 4,
z* Nuov. espos. p. 90.
z** P, iiz.
* A questo proposito vedi qui sopra l'Art. IP,
ARTICOLO Xlll .
Dei solchi , e delle scanalature della midolla
allungata .
-SLia midolla allungata è un cono a poco a
ooco degenerante in un cilindro appiattito an-
CERVELLETTO UMANO 8 3
feriormente, e posteriormente : tanto la faccia
anteriore.» quanto la posteriore , sono divise per¬
pendicolarmente mediante un solco profondo,
e stretto. Dintorno ha molte scanalatine.
L’anteriore dei solchi principia dalla fossetta
triangolare ( Nuova Esp. pag. gl. ) , esten-
desi giù nel canale delle vertebre, scostan¬
done i margini , vi si vedono assai frequente¬
mente le fibre d’un lato a discendere obbliqua-
mente verso l’altro , per lasciarvi altrettanti pic¬
cioli spazi a foggia di V , o per incrociceli lar¬
visi a foggia di X.
Il posteriore ( del quale sono visibili le trac¬
ci e anche nello sfondo romboidèo del tv. ven¬
tricolo ) continua il suo corso lunghesso la faccia
diretana della midolla spinale fino alla coda ca¬
vallina ; ha duretti, ed alquanto rilevati i mar¬
gini , massime in alto, dove a RuiSCHio sem¬
brò di vedere due corpi olivari come nella fac¬
cia anteriore.
Qui pure, sebbene perdo piu non apparisca
intersecazione, e le fibre simmetriche, obbli?*
que come nel solco anteriore , lascino tante ca¬
vità cieche a foggia di V quanti para di fa-
scetti midollari vi si possono numerare, so¬
vente però T incrocicchiarsi dei medesimi è vi¬
sibilissimo, purché si tagli con sottile ben affi¬
lato scalpello una lisca della sostanza superficia¬
le della midolla allungata, che comprenda an¬
che una sottile porzione della sostanza , contro
cui sono appoggiati quei fascetti, e venga es¬
posta alla luce del giorno, o a quella della
candela sul talco, sul vetro, o pur anco so-
H4 CAPITOLO TERZO
«tenendola fra la luce, e l’occhio, mentre,
che se ne discostano dolcemente gli orli.
Sono frequenti le midolle allungate degli
adulti, e dei vecchi, composte di molti grossi
fasci di fibre midollari parai ella mente conver¬
genti in basso, e come state annodate insieme
dal ponte; ma è raro, che lo sieno in quei
cervelli, che non hanno scanalate le gambe del
cervello: allora ciascheduna gamba ha la super*
fide divisa in sei, in otto , e fino in dieci fa¬
sci , i quali pare, che vengano circondati, e
ristretti, come abbiamo detto, dal ponte, e
diventano sempre piu sottili, e piatti dal ponte
al gran foro occipitale.
La divisione di tali fasci è segnata da tre¬
dici, quindici, diciassette , e fino da vent’una
scanalature , o solchi ove più , ed ove meno pro¬
fondi , aneli* essi nella foggia accennata conver¬
genti .
L’ uso di tutti i solchi mentovati sembra essere
quello di dare uno spazio maggiore, di presen¬
tate una superficie più grande alla vascularissima
pia-madre , acciocché introduca nella sostanza.,
che ne viene avvoltarla necessaria quantità di
vasellini arteriosi, e ne riceva i venosi, che
ne escono. Per venire convinto di questa verità,
basta, che l’anatomico osservi attentamente la
porporina lanuggine, che gli si presenta all’ oc¬
chio nell’atto , che spoglia della suddetta me¬
ninge la midolla allungata , o le gambe del cer¬
vello , traendone con dolcezza i lembi, come per
piegarla su se medesima, e tenendo fissa la
midollare, che ne vuole spogliare. Vede molto
piu folta, e colorita questa lanuggine, quando
CERVELLETTO VMJNO Sy
si svelgono dai solchi descritti gli allungamenti,
e le doppiature della pia-meninge , e credo,
che s’incóntri appunto qui maggiore difficoltà a
svellernela, perchè i vasellini, che penetrano in
questa sostanza midollare, e n* escono, sono
per avventura più frequenti , più spessi, e più
robusti *.
* V. Encefalot. P. I. Irutt, Uh
• . \r:n:
86
ESEMPI
delle osservazioni relative
ALLA SPLANCNOTOMIA
C A P IT O LO ì V.
TAVOLA
Già stala in parte comunicata al chiarissimo
sig. BoNNET , il così giustamente famoso
Contemplatore della natura.
Jn questa si ha il registro del peso d* alcuni
cerebri umani intieri, spogliati delie meningi
come altresì del peso , e del numero delie lam¬
inine dei soli cervelletti stati separati dai cer¬
velli medesimi , acciocché si conosca meglio la
diversità di questa viscera nei diversi individui
umani, e le diverse proporzioni, che si osserva¬
no tra il cervello, e il cervelletto d’ ogni rispet¬
tivo individuo , e di tutti questi individui insieme.
Perchè s’intenda la Tavola seguente è ne¬
cessario notare , che la linea A significa il nu¬
mero degli individui, il cerebro de* quali è stato
da me pesato. B le oncie, che ognuno di tali
cerebri intieri pesava. C le dramme. D i de¬
nari , o gli scrupoli.
In risguardo al peso dei cervelletti separati
dai cerebri intieri già pesati , e nelle prime co¬
ione indicati, E indica le oncie, F gli ottavi ,
o dramme, G gli scrupoli, o denari. L’ottava
colonna segnata H indica il numero delle lamine
della faccia superiore d’ogni cervelletto ; la nona
5 P L A N CtfOTO M I A 8 j
segnata I ne indica il numero delle lamino della
faccia inferiore.
A
B
C
D
E
F
G
H
I
i
90
3
1
7
1
a
444
3*7
i
*3
a
0
7
X
0
433
327
i
79
0
a
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0
0
386
322
i
77
5
a
6
0
1
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32^
X
59
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Ì 4 2 1 o o 216 10&
*3
ESEMPIO
DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE
ALLA NEFROTOMIA.
CAPITOLO P.
SQUARCIO DI LETTERA AL CH. SIG. DOTT.
MICHELE GIRARDI
Medico di Camera di S. A. R. il Duca di Par¬
ma , Presidente al Gabinetto di Storia natu¬
rale , Professore primario della medesima , e di
Notòrnìa in quella R. Università.
...A d accrescere in me fa soave ben fon¬
data lusinga d’essere io per trovare nella vo¬
stra urbanità, e dottrina tutto quell’ ajuto nelle
ricerche anatomiche , del quale inutilmente per
avventura andrei altrove in traccia, avete op¬
portunamente aggiunta, Signore , la vostra
pregiatissima lettera delli rcj. febbraio scaduto, sul
principio della quale mi recate inesprimibile con¬
tento indicando, che non vi sarà d* incomodo
il mio sottomettere al vostro autorevole giudizio
quelle coserelle anatomiche, le quali il deside¬
rio di pubblicarle m’invita a comunicarvi con
libertà, e confidenza, acciocché divengano me¬
no indegne degli sguardi oculatissimi de* noto-
misti moderni .
Eccomi pertanto applicato a valermi di tale
vostra per me favorevolissima inclinazione , della
quale mi date prova con levarmi dall’ errore ,
nel quale io era , credendo potersi dare nome
NEFROTOMIA gr
di nervi a que’ filamenti nervosi, ancorché no¬
tabili, che scorrendo sulla superficie del cere-
bro , concorrono a formare i tronchi deile cop¬
pie già da tutti gli anatomici conosciute, ed
ammesse , i quali filamenti però non sono dalla
pia-madre vestiti.
Riconosco lo sbagliò, me ne correggo, e
vengo all’ articolo della vostra lettera, che con¬
cerne le radici dei nervi cerebrali, e 1’ origine ,
e il corso di quei fili, eh’ io a torto ho giudi¬
cato potersi considerare come nervi accessori!
al paro dei motori comuni degli occhi, e al
paro dei patetici. Ella è cosa indubitata, che
se voi ne siete andato in traccia al di fuori della
pia-madre , non gli avrete potuto discernere,
qualunque sia stata la diligenza vostra, percioc¬
ché sono soltanto visibili il primo sulla nuda so¬
stanza midollare , che forma la colonna centra¬
le del cerebro, nel passare di questa dietro agli
archi del margine anteriore del ponte *, il secondo
sull’ aja del IV. ventricolo, sulla porzione de¬
scendente *2 delle braccia del cervelletto , indi
sulla superficie della porzione di mezzo delle
medesime, che è propriamente il ponte ; per
la qual cosa è assolutamente necessario di le¬
vare la pia-madre, che avvolge le parti ac¬
cennate.
Ma per meglio intendere quello , che sono
per esprimere forse troppo oscuramente , degna¬
tevi di fissare lo sguardo sulle magnifiche tavo-
*/ Encefalot. Parte 111 . §. 94. e /oi.
*z Ivi Artìc, XII,
9 i
CAPITOLO QUINTO
]e z , e j ( eh’ io dico vostre piuttosto , cho
del SANTORINI, perchè si debbono alla vostra
magnanimità, e furono dalla vostra impareggia¬
bile diligenza , e perizia anatomica non solo di¬
lucidate , ma perfezionate ) ed immaginatevi di
spogliare della pia-madre lo spazio nella T. -in
compreso tra le lett. ttvv, eleVVTT con
l’avvertenza di recidere la meninge intorno all*
emersione dei nervi pp, q q , n n , ss. Fate lo
stesso nello spazio della figura I della Tav. 3,,
compreso fra le lett. EE, F, e le gg, hh,
ìi, sempre con la suggerita cautela di lasciare'
un cerchietto di pia-madre intorno alla radice
dei nervi accennati per serbarvene affisso un
lungo cordone.
Il paro di fascetti di fibrille nervose, eh’ io
nominava accessorio del paro dei nervi motori
comuni degli occhi, “ha principio dai fianchi
della linguetta laminosa *1 , segue il contorno
della colonna midollare centrale , rasente il mar¬
gine superiore del ponte, dal quale margine
questi cordoncini sono per lo piu nascosti fino
presso al luogo , che dà uscita alle radici piu
basse dei motori comuni nell’antro *2, ed è
nella vostra Tavola 2. circoscritto dalle lettere
T T V V. Per discernerli bene basta sollevare
il margine del ponte dalla parte corrisponden¬
te alla lettera I verso la D, e premere leggier¬
mente la colonna centrale in i ; così gli vedre-
*1 Encef. Pane III, §. 54.
*1 L, eie, §. neo.
NEFROTOMIA 93
te scorrere paralelli ai rami dell’arteria segna¬
ti da Voi L L nella Tav. 2. suddetta.
Questi faccetti accessorii si possono distacca¬
te dalia colonna centrale mediante la punta del
nefrotomo , 0 d’ una lancetta , onde si recida
parallelamente ai medesimi 1* epitelio, che ve
gli tiene incollati, e con qualche maggiore di¬
ligenza ne scorgerete l’origine ora doppia, ora
triplice dal velo midollare , che sostiene sull’acqui-
clotto di Silvio la linguetta laminosa */ , segna¬
to D nella vostra Tavola 3: poco meno di sei
linee inferiormente, e più lateralmepte dell’ori¬
gine dei nervi patetici.
Sono rari i cerebri, dove questi fascetti ac¬
cessorii dei nervi motori comuni degli occhi non
si vedano nel sito da me accennato ; ma non
tanto rari quelli, nei quali io ne ho veduto
soltanto uno da un Iato solo, seppure 1* altro
non era staro portato via insieme con la pia-
madre , come sempre mi è sembrato più proba¬
bile . La forma poi de* tronchi de’ motori fatta
a pennelli, verrà descritta nella parte iv. dell*
Encefalotomia.
I fascetti accessorii ai nervi patetici sono stati
molte fiate da me veduti a nascere nell’ aja rom¬
boidèa del iv. ventricolo dal solco F della fi¬
gura seconda Tav. 3. , a discendere obbliqwa-
mente, ed incurvarsi sulla sommità delle por¬
zioni discendenti dalle braccia del cervelletto tra
i fiocchi *2 ed il margine inferiore del ponte.
Di là, incollati sulle parti laterali del medesimo
*1 L. eie. arde , XV 111 .
*2 L. cit. §. 82.
94 CAPITOLO QUINTO
ponte, salgono in quello spazio triangolare,
che nella vostra citata fig. 2. vede si tra 1’ albero
della vita m, D, e la parte vicina dei talami
dei nervi ottici B , limitato dalla linea perpen¬
dicolare. S’ incrocicchiano con i fascetti acces-
sorii dei motori comuni per arrivare a congiun¬
gersi con le radici dei patetici ad angolo acuto.
Questi ultimi fascetti non si trovano , a dire
la verità, così sovente come quelli dei motori
comuni, ed ho esitato molto tempo a conside¬
rargli altrimenti , che come pure, e mere varietà.
Quando pubblicai la Nuova Esposizione del cer¬
velletto non ne avea ancora notizia positiva*!,
mentre che ivi ho accennato quelli de’ motori
comuni. *2
Nella medesima operetta , tuttocchè abbia men¬
tovate nell* articolo decimonono molte altre fi¬
bre nervose, che vanno ad unirsi con le radi¬
ci dei nervi acustici, con quelle dei piccioli
simpatici, e dei vaghi, non emini tuttavia ca¬
duto in pensiero di considerarle come nervi ac¬
cessorii, e mi vergogno di avere commesso un
fallo cosi stravagante intorno a questi fascetti ,
contentissimo, che la vostra affettuosa cortesia
me ne abbia fatto ravvedere.
Non è però cosi delle tre porzioni del trigemello,
eh* io trovo sempre diviso in oftalmico, in mascel¬
lare superiore, ed in mascellare inferiore ; anzi ben
sovente ne trovo distinto :il tronco nasale dall’of¬
talmico , e non è sommamente raro , che il mascel-
*t Lo indicai al §. 126.
*l§. /27.
NEFROTOMIA 95
lare inferiore abbia un fascetto accessorio. Non
è cosi dei motori esterni degli occhi, 1* origine
dei quali è raro, che non sia doppia, la prima
fettuccia composta di tre fili uscendo dal mar¬
gine inferiore del ponte, e formando poscia
la porzione cerebrale del grande simpatico, ben
sovente congiungendovisi alcun filuzzo della por¬
zione nasale del nervo oftalmico : e la seconda
fettuccia allungandosi jdalle fascie midollari, im¬
mediatamente al di sotto del margine suddetto
inferiore del ponte. Descriverò altrove i sei, o
sette fascetti, che uscendo da caduna fossetta
quadrangolare piatti, e tosto rendendosi rotondi,
formano il paro de’ piccioli simpatici ; i due , o
tre mòlli, e semi-corticali per lato, che for¬
mano gli acustici ; le /o, 20 , e talora 14 fet-
tuccie, che ( formando due plessi triangolari sui
fianchi anteriori della midolla allungata, i quali
hanno circa otto linee di base, sei d*altezza
triangolare , e la punta divisa in quattro * par¬
ticelle ai fori laceri) compongono il paro vago,
unitamente al quale escono del cranio i glosso¬
faringei superiormente, e inferiormente 1* acces¬
sorio del Willis : i due ordini di fili piatti, e
sottilissimi , composti 1* esteriore di cinque, o sei,
dei quali i più bassi sono più brevi, nascente
al di sotto del termine inferiore del processo
dal cervelletto alla spinale midolla *2; l’ inte¬
riore nascente al di sotto delle eminenze oli—
* Encefalot. Par. 111 . Art . XIV, pag . 81.,
Art. XK pag. 86.
*2 Ivi pag* Si.
$6 capitolo quinto
vari *3 con pari numero di fili corrispondenti
all’ estremità inferiore delle fascie, destinati a
formare il paro de’nervi gustatori, l’origine
dei quali è simile a quella de’sott’ occipitali, ec¬
cetto , che questi ultimi nascono alquanto più
in basso ; perciocché le radici di tutti i nervi
mentovati hanno filamenti sensibilissimi per ori¬
gine , ed altri, che si possono considerare,
come accessorii.
Ho già notato altrove il numero considera¬
bile di tali filamenti, che si sogliono vedere
intorno alla midolla allungata ; ma non posso
differirmi il piacere di accennarvi alcuni filamen¬
ti , che trovo ali’ origine dei nervi olfattori, si¬
mili a quelli, che vi ho già descritti parlando
del folle di Morsasco nella mia lettera del di
2.6. d’ottobre /781. Sovvengavi della grossezza
del ganglio dei nervi olfattori osservato sulla
faccia cribrosa dell’ etmoide , e il volume delle
tre distinte radici, che dalle più intime parti
anteriori della sostanza del cervello nascendo,
venivano a formare il nastro solcato , appunto
com’è rappresentato egregiamente nella vostra
Tav. I., e nella prima figura della Tav. 2,. alle
lettere a a b b b b.
Il nastro nel folle era largo tre linee , ed il
ganglio munito d* una cavità quasi simile a quella
dei quadrupedi , era triangolare, anzi rozza¬
mente piramidale, avendo la base sull’etmoide
larga quattro linee, e i lati uniti ad angolo
'3 Ivi pag. 86.
NEFROTOMIA 97
acuto superante l’elevazione dell’ apofise crista-
gàlli, alti più di sette linee.
La cosa è similissima in questo encefalo, che
ho sotto gli occhi, ed è il terzo della mede¬
sima forma, e natura stato da me notomizzato,
e mi reca stupore , vedendo , come la natura
serbi, anche nel suo variare , una certa unifor¬
mità , e costanza. A miglior uopo vi darò no¬
tizia di quello, che ho trovato d’uniforme in
tutti e tre, diverso però da quello, che si
suole osservare nel cranio degli altri uomini,
come altresì di quello, che aveano pure tra
di loro dissomigliante.
Piacciavi soltanto, per ora, di recarvi da¬
vanti la Tav. 4. delle osservazioni anatomiche
del TABARRANI, e d’immaginarvi tutto lo spa¬
zio ivi segnato V QX essere perfettamente oriz¬
zontale , di modo che 1’ orlo anteriore del grande
foro occipitale in tutti e tre i crani dei fatui ,
è a livello delle apofisi clinoidèe posteriori;
inoltre tutto il grande foro suddetto, in vece
d’e$$erè orizzontale, in questi crani è perfetta¬
mente perpendicolare ; si apre al davanti in fac¬
cia alle aperture posteriori delle caverne del na-f
so ; e le apofisi condiloidèe dell’ osso occipitale
si trovano pure volte in avanti, e collocate <u
un piano superiore a quello del becco dello sfo*
noide.
Sono tutti ^ tre privi della porzione del foro
lacero necessaria per dare uscita al sangue dei
seni laterali della dura madre, per la quale man¬
canza formano queste ossa nel sito c b della Ta¬
vola suddetta, e nel corrispondente dell’ altro
kto , formano due profondissime fosse ampie,*
S
9 8 capitolo sesto
ed irregolari, le quali si aprono nei fori del
VALSAtVA straordinariamente grandi, nella su¬
tura , che unisce gli angoli lambdoidei all’ occi¬
pitale. . , , , .
Quindi agevolmente giudicherete quale fosse
la diversità della direzione tanto della midolla
allungata, quanto dei nervi , che ne deriva¬
no ; le angustie , fra le quali doveva trovarsi
in quei tre cranii il cervelletto ; la curvità ,
Che vi dovette soffrire la porzione cervicale
della spinale midolla prima di ridursi a quella
direzione verticale ,, che suole avere nel canale
delle vertebre. Potreste pure utilmente filosofa¬
re sulle conseguenze, che da tante perversioni
di parti così delicate, ed essenziali debbono de¬
rivare in questa classe d’uomini, giacché io cre¬
do , che ve n* abbia pure una.
Ma riserbiamo ad altro tempo questo discor¬
so, e per dare una volta fine a questa lettera
gradite, eh’ io ripigli 1* esame dei nervi olfattori
di questo Folle, che inavvedutamente ho inter¬
rotto. Dall* apofise cristagalli dunque , sulla qua¬
le questi nervi convergenti hanno il ganglio ca¬
vo , e pieno di sierosità, i nastri si vanno in-
4*ensibilmente scostando fino alla scissura della
base del cervello, che ne divide i lobi ante¬
riori dai mezzani . Qui si vedono composti di
tre fettuccia bianche, piatte , parallele , che di¬
vergendo si elevano fino alla base della por¬
zione nascosta dei corpi striati.
La fettuccia più lunga s’immerge nella loro
sostan za cinerizia , attraversa la midollare, che
divide tale porzione de’ corpi striati dalla supe¬
riore orizzontalmente, a livello del piano dei
NEFROTOMIA 99
ventricoli laterali , striscia sotto la lanuggine della
superficie de* talami dei nervi ottici , che fa i
parieti laterali del terzo ventricolo, ed ingros¬
sando discende fuori della base del cervello per
formare ( piegandosi sopra di se stessa) le pa¬
pille midollari , e sempre acquistando sostanza
risale per formare le colonnette dell’ impropria¬
mente detto pilastro anteriore della volta.
Le altre fettuccie si suddividono in vari fili,
i quali non hanno numero determinato nei di¬
versi individui, nè sono sempre uguali nei due
olfattori del medesimo soggetto. In questo folle
sono quattro. Tre formano la fettuccia più dis¬
tante dal centro , ed escono dal grosso cordone
midollare , che fa la commessura anteriore del
terzo ventricolo, passano a traverso della por¬
zione nascosta dei corpi striati. Ho pure veduta
in altri soggetti questa fettuccia composta di tre
fili, ma in altri non ve ne ho potuto vedere
piu d’uno.
Il quarto nastrolino piatto, che ìn questo cranio
forma la terza fettuccia dell’ olfattorio viene sol¬
tanto dalla midollare , che contiene la porzione
inferiore dei corpi striati. Non è raro vederlo
composto di due , o di tre fili, e quasi sempre
a danno della seconda fettuccia, la quale in
tale caso non suol essere composta di tanti fili.
Finisco pregandovi d’accennarmi, se non avete
mai osservato, che negli alveoli appartenenti ai
denti molari dei feti, o dei teneri bambini, si
trovino piu di due germi, e che talvolta due ,
o tre di questi germi, per le angustie, nelle
quali si trovano , congiungendosi insieme , con¬
corrano a formare un dente solo. Io ho veduto
100 CAPITOLO QUINTO
alcune volte due, altre volte anche tre porzioni
di sostanza dentificabile incollate fra di loro con
■sì debole coerenza in un alveolo solo , che do¬
vetti considerarle , come germi distinti nell’atto
di ridursi a formare un dente solo *.
Aspetto con ansietà inesprimibile 1 * onore de*
vostri comandi, ed il vostro avviso intorno a
quanto vi compiacete di permettere, ch’io vi
comunichi, e passo con sempre più viva rico¬
noscenza a dichiararmi ec.
Acqui li 3. marzo 178.2.
* Questa lettera terminava con la descrizione
dei difetti d* un giovine Monferrino , che potevano
farlo considerare come Ermafrodito .
roi
ESEMPI
DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE
ALL’ ANGEJOTOMIA
CAPITOLO VI.
DEI VASI SANGUIGNI PRINCIPALI
DEL CORPO UMANO ,
E dell' uso dei medesimi rapporto alla circolatone
del sangue.
Dalla discordanza del parere dei moderni
Fisiologi sulla circolazione del sangue sono stato
guidato a conghietturare , che questa funzione
tanto importante per 1’ economia animale abbi¬
sogna per avventura d’ ulteriori osservazioni, e
di riflessioni tratte da queste, e dalle antiche , se
vogliamo, che si avvicini ad essere sufficiente-
mente rischiarata ; per la qual cosa io raduno
qui la maggior parte di quelle, che l’esercizio
quadrilustre della Chirurgia , e della Notomia
mi ha somministrato, affine di vedere, se al¬
tri ( convinto dai risultati delle medesime bene
ponderate ) conchiuda, come parmi di dovere
conchiuder io
/. Che nello stato naturale la forza del cuo¬
re , delle sue appendici, e delle arterie può mol¬
tissimo per promuovere , e mantenere la circo¬
lazione del sangue.
Che negli stati preternaturale, e morbo¬
so , talvolta nè il cuore , nè le sue appendici ,
non ci contribuiscono nulla, talvolta contribuen¬
dovi il cuore , non vi contribuiscono le appen-
102 CAPITOLO SESTO
dici , e viceversa. Talvolta finalmente , o un
lungo tratto delle arterie principali , o quasi
tutto il sistema arterioso non vi ha parte.
3. Che in alcuni casi tutto il sangue è messo
in giro, e mantenutovi da una forza di qualità
incerta, ma di potenza manifesta , che non sa¬
rebbe stravaganza nominare , come il Ch. sign.
Cavaliere ROSA. , vapor espansile animale,
4. Che in altri casi finalmente non è impro¬
babile mettersi dalla provvida natura in giuoco
( per mantenere la circolazione del sangue ) , e
la forza degli organi poco anzi accennati, e 1* azio¬
ne pulsifica , o impellente del vapor espansile
«animale, o d’altra sostanza del pari attiva.
Le mie ricerche sono state fatte sui cadaveri,
onde non toccherò il punto della pienezza , ó-
della vacuità nè assoluta , nè relativa delle ar¬
terie nel vivente, provincia con degno applau¬
so stata occupata di fresco dai Chiarissimi si¬
gnori Francesco Bartolozzi , Bassiano
Carminati, Marsilio Landriani, Pietro
Moscati, Cavaliere Rosa, e Luigi Targio-
Ni. E per tenere un ordine dividerò in cinque
sessioni questo discorso , nella prima delle quali
esaminerò le arterie nello stato naturale ; nella
seconda le arterie nello stato preternaturale, e
nello stato morboso ; nella terza le vaìvule se¬
milunari alla radice delle arterie aorta, e pul-
monaria, nella quale le vulvule auricularie nei
ventricoli del cuore, ed il cuore medesimo per
quello , che ha relazione a queste vaìvule , nella
quinta finalmente il giuoco di tutte le parti de¬
scritte e simultaneo, ed alternativo per man¬
tenere la circolazione del sangue una volta in-
ANG&JOTOMIA I OJ
camminatasi, come altresì la necessità d’ un vd-
por tspansilc per incamminarla, e per mante*'
nerla, quando tali organi sono alterati nelle
guise, che accenneremo.
« fesa
SESSIONE I.
OSSERVAZIONI SOPRA LE TUNICHE DELLE
ARTERIE NELLO STATO NATURALE.
1 . X-^opo venti quattro ore di macerazione io
acqua semplice fresca di tutto quel tratto d’aor¬
ta , che discende dal cuore sino alla celiaca,
delle arterie pulmonaria , carotidi , e succlavie,
tolto via quell’ integumento, che alle medesime
arterie viene dal pericardio , e dalla pleura , nel
separamelo osservai, che è molto debilmente
attaccato al loro corpo, salvo rasente la base
del cuore , dove un cerchio ve n’ ha molto ro¬
busto , ed unito con maggiore tenacità alla so¬
stanza cellulosa dell’arteria.
IL Altrove la cellulosa lassa , scorrevole , se¬
guace , permette , che ne venga con facilità spo¬
gliata là porzione dell’arteria , che n’è coperta,
ed è molto più agevole spogliarne l’aorta di¬
scendente , la quale ne ha vestito il solo terzo
anteriore di sua periferia.
III. In questa cellulosa serpeggiano molti va-
sellini più visibili sul tronco ascendente dell*
aorta , e dell’ arteria pulmonaria , anche ad oc¬
chio nudo , perchè qui sono più vicine le arte¬
rie coronarie del cuore , delle quali i vasellini
accennati sono diramazioni.
104 CAPITOLO sesto
IV. Sono meno visibili sul tronco dell* aorta
discendente , che gli ha dalle arteriuccie vicine,
e dallo spiccarsene i rami dal tronco, oppure
dai ramicelli subalterni.
V. Non hanno direzione regolare , e costan¬
te , ma diramandosi, e serpeggiando confusa¬
mente con le venuzze , che ne dipendono , for¬
mano una rete intralciatissima , della quale Rui-
SCHIO ci ha lasciato una figura molto elegante
nelle Epistole problematiche alla Tavola III. Per
Vedere questa rete non è sempre necessaria la
infezione , perciocché in alcuni adulti sanguigni
i vasi, che la compongono, si manifestano na¬
turalmente , purché la macerazione non sia stata
abbastanza lunga per privarli del colore loro in¬
carnato. Negli strozzati, e nei morti dopo breve
tempo di sommersione dentro dell’acqua, sono
ordinariamente visibili all’ occhio nudo , senzachè
v* abbisogni altra preparazione.
VI. In una fanciulla morta nell’acqua ho ve¬
duto due tronchi venosi, dependenti dalle ra¬
mificazioni sparse sulle arterie aorta , e pulmo-
naria , ad unirsi anteriormente alla base del cuo¬
re, appena coperte della trasparente membrana,
che vi fìssa la soda pinguedine : que’due tronchi
anastomosandosi ne formavano un solo, che
gettavasi nella parte vicina dell’ orecchietta destra
per isboccare nella di lei cavità, rasente il tra¬
mezzo , che questa divide dalla sinistra.
VII. Lo stésso tronco, ma assai piu capace,
e pieno, è stato veduto da me sboccare dalle
medesime parti poche linee più a destra nella
medesima orecchietta d’un soldato morto di
pneumoma , e qui l’aorta aveva posteriormente
ANGEJOTOM1A iof
un tronco venoso, che con la vena coronaria
vicina veniva a scaricarsi per un buco solo co¬
mune immediatamente al dissotto del corno in¬
feriore , o posteriore della valvula d’ Eustachio,
la quale pareva una rete semilunare.
Vili. Liberato il canale dal più grossolano di
questa rete vasculare, e dai fiocchi importuni
della cellulosa , che la sostiene, io mi accor¬
geva, che, maneggiandolo, questa cellulosa si
rendeva sempre più abbondante, e più morbi¬
da. Nelle prime sperienze a forza di leggieri
pizzichi la ridussi a foggia di cotone finissimo ,
e dubitai di avere per negligenza innavveduta-
mente distrutta la tunica lendinosa , che io (ap¬
poggiato all’ autorità di parecchi anatomici ) sup-
ponea distesa sulla fibrosa. Lo stesso dubitai pure
della glandulosa, per là quale io non sapeva
immaginare luogo più opportuno di questo, os¬
servando come in tutte le altre parti del corpo
umano i mucchii delle glandule sogliono essere
attorniati di cellulosa.
IX. Nelle seguenti sperienze ho ottenuto di
sollevarne con destrezza qualche piano con la
punta della lancetta, che io dirigeva in isbieco
per la lunghezza della arteria ; ciò non ostante
non vi ho mai potuto discernere fibra , che dasse
indizio di tessitura uniforme, e regolare ,. non vi
ho potuto neppure giammai incontrare corpicciuolo
nè piatto, nè sferico , nè ovale , eziandio minore
d’un grano di miglio, non che discopricene
una quantità capace di risvegliare l’idea d’una
tunica glandulosa : tutto era confuso , densamente
congiunto , di colore pallido periato , tutto in
somma per la robustezza , e per la struttura.
106 CAPITOLO SESTO
poco diverso dalla porzione interiore della etite
umana , che sta attaccata alla membrana adiposa*
X. Questa porzione interna della tunica cel¬
lulosa delle arterie non può essere la tunica ten -
dinosa da qualche anatomico mentovata , per¬
ciocché , come ho detto , non è tessuta di fi¬
bre nè semplici, nè a strati, le quali abbiano
direzione costante, come si osserva in tutte le
aponeurosi, nel pericardio, nella dura-madre ec.
ec. : e se si lasci lunghissimo tempo in mace¬
razione una qualche parte, che abbia del tert-
dinoso , o dell’ aponeurotico , e poi si maneg¬
gi , si pizzichi , si strofini, e sì batta come
torna meglio in acconcio , non si risolverà mai
nè cosi presto, nè affatto in molle finissima
cellulosa ; mentre che questa tunica delle arterie,
anche poco macerata , in breve tempo a forza
di pizzichi , di strofinamenti leggieri si riduce
in fiocchi a guisa di morbido cotone.
XI. Benché fosse molto densa, e robusta
nell’ aorta d r un sessagenario , maneggiando io
la suddetta porzione della tunica cellulosa , ed
umettandola spesso , dopo un giorno di mace¬
razione in acqua tiepidetta, la resi morbida, e
fioccosa come il cotone ; e non ci volle un*
ora per ridurre alla stessa morbidezza l’aorta
d’ una fanciulla già per due giorni macerata , e
la. tunica fibrosa ne rimase affatto nuda , e sco¬
perta , con le sue fibre traversali eleganti, e
distinte. Un pezzo d’aponeurosi del muscolo
obbliquo esterno, o del traversale, di quella,
che nominiamo fascia-lata della dura-mare, del
pericardio ec., lasciato due settimane in acqua
tiepida, ben sovente rinnovata, e varie, e va»
ANGEJOTOMIA IO 7
rie volte esposto al calore delle ceneri calde 9
frequentemente strofinato , maneggiato ^ pizzi¬
cato, battuto, o non si ridusse mai a tanta mor¬
bidezza ; bensì rompendone, e dividendone i
lembi mi è riescito di separarne lunghi filamen¬
ti : onde si capisce le sostanze tendinose , apo*
neurotiche , o ligamentose essere assai diffe¬
renti da quella porzione della tunica delle arte¬
rie , che qui esaminiamo , la quale n’ è molto
meno robusta , resistente, e tenace.
XII. La cute umana spogliata della cellulosa,
e macerata con 1* adiposa annessa , strofinata,
e maneggiata, si riduce a statò poco diverso
da quello , cui si riduce con i mezzi suddetti il
pezzo di tunica mentovato dell’ aorta , e d’altre
arterie , ma esige maggior tempo, maggiore
pazienza, nè acquista mai sì uniforme morbi¬
dezza , ( tuttoché diventi in molte parti arren¬
devolissima ) a cagione della grande quantità
de* vasi , che vi si diramano, e delle fibre len¬
dinose , che qua più, là meno sensibili, e ro¬
buste riceve dalle parti sottoposte.
XIII. Un’altra prova della sostanza non-ten -
dinosa di questa tunica si è, che rovesciata l’ar¬
teria ( come si fa delle dita d’ un guanto per
vederne le pareti interiori della cavità ) e sciol¬
tane affatto la tunica membranosa , che d* inter¬
na in questo caso è divenuta esteriore, quan¬
do si sollevano tutti gli strati della tunica fibro¬
sa , si vedono apertamente le fibre traversali,
che ora occupano la parte anteriore dell’ arteria
rovesciata, appoggiate sopra d’una sostanza cel¬
lulosa , ed arrendevole , simile a quella , cui si
appoggiano ordinariamente le produzioni della
108 CAPITALO SESTO
pleura del pericardio , del peritonèo, circon¬
danti quelle porzioni d’arteria , che loro corri¬
spondono.
XIV. Questa superficie della cellulosa , so¬
stiene i supposti anelli della tunica fibrosa dell’ar¬
teria rovesciata, e si rende anche piu morbida *
e fioccosa come il cotone , senza che vi si
scorgano però così presto i vasi, che all’ ester¬
no immediatamente appariscono , se non se ne
rimuovono a pizzichi molti dei primi strati già
rammorbiditi.
XV. Non ho migliore motivo di giudicare ner¬
vosa questa tunica, perciocché la struttura dalla
sede comune dei vasi ai supposti anelli della fi¬
brosa ne è troppo uniforme. Con la macerazio¬
ne prolungata ( dopo d’averne tolti via gli strati
esteriori) si riduce troppo visibilmente in pura,
e schietta cellulosa , perchè s’impregna agevol¬
mente d’umore, e le cellulette ne diventano
più apparenti soffiandovi dentro con un tubo
diretto verso la fibrosa , senza però arrivarvi,
dopo d’ avere un cotal poco maneggiata , e stro¬
finata l’arteria..
XVI. Nè vedo necessità di collocare in que¬
sto sito dovizia tanta d’ espansioni nervose, quan¬
ta pure farebbe uopo per formare una tunica
spessa, ed estesa; nè sarà cosa facile il dimo¬
strare i tronchi dei nervi, onde si dirami quan¬
tità sì prodigiosa di filamenti, quanta abbiso¬
gnerebbe per formare una tunica comune a tutti
i punti di tutte le arterie del corpo umano ; e
quei pochi ramicelli , che ( direi quasi nume¬
rabili ) si piantano quà e là nelle arterie , non
si possono a. buon dritto giudicare sufficienti a
ANGEJOTOM1A IO 9
costruire una tunica nervosa, nemmeno calco¬
lando insieme i plessi nervosi, che ad alcune
arterie si appoggiano per arrivare a quegli altri
organi , ai quali sono destinati.
XVII. Nomino semplicemente fibrosa la se¬
conda tunica delle arterie , perchè la veggo com¬
posta di fibre schiette, dirette in traverso, co¬
me se ne dovessero risultare altrettanti anelli,
o cerchi con la serie loro continua, o succes¬
siva , costituenti più tubi contenuti gli uni ne¬
gli altri.
XVIII. Il numero di questi tubi non si può
determinare, perchè non tutte le arterie d* un
corpo hanno la medesima spessezza, nè i tron¬
chi corrispondenti d’ambedue le braccia ( per
esempio ) o le coscie , nè i medesimi rami delle
stesse arterie di corpi diversi ma conformi di
statura, e di età, sono ugualmente grandi, e
robuste.
XIX. Non ho mai potuto con rocchio te¬
nere dietro ad un fascetto, ad un nastròlino di
fibre per assicurarmi, che ne risulti veramente
un anello, o un cerchio , O qua, o là il fa¬
scetto , che io esaminava, cacciavasi tra i fa-
scetti vicini, o si divideva in fibre obblique , al¬
cune delle quali si nascondevano tra le fibrille
dei fascetti contigui, altre insensibilmente, a forza
d’ assottigliarsi, diventavano invisibili.
XX. Da tale irregolarità si comprende, che
nelle arterie dee risultarne robustezza maggiore,
perciocché ogni fibra essendo legata , sostenuta,
o fissata per tante briglie quante fibrille vicine
o si diramano, o vi mutano direzione, non
sarà mai tanto facile, che veruna porzione ven-
HO CAPITOLO SESTO
gane smagliata, come di leggieri accaderebbe,
ove la tunica fibrosa fosse tutta anelli senza in r
treccio, senz’ altra unione fuorché quella di un
glutine qualsivoglia, o d’un tessiuto cellulare
ancorché robusto.
XXI. Il colore delia tunica fibrosa non sola¬
mente cangia per 1* età, ma cangiasi in tutti i
corpi ; è diverso nelle diverse arterie , e diver¬
so ancora maggiormente lo rendono le malat¬
tie. Ve ne ha che sono incarnate , alcune sono
glauche ( questo è il colore più frequente delle
fibre di questa tunica ) alcune giallette , altre
biancastre.
XXII. Ordinariamente le fibre degli strati es¬
teriori sono del medesimo colore di quelle degli
interni.
XXIII. Mentre che si distacca , e si solleva
uno degli strati esterni, è facile a vedere co¬
me le fibre più elevate della faccia interna cor¬
rispondano comunemente agli interstizj delle
fibre del piano sottoposto , e cosi gli interstizj
delle esteriori al corpo delle interne.
XXIV. Un tenuissimo fascette di fibre annes¬
so allo strato , che si solleva v sembra, che lo
abbandoni per gettarsi nel sottoposto ; infatti
quando se ne continua la separazione, quel fa-
scettino , che ha appena la larghezza di un quar-
* Questa disposizione delle fibre nella tunica
qui descritta delle arterie , principiando dal §. XIX.
fino al XXF], è stata da me esposta agli oc¬
chi de'chiarissimi ACCADEMICI di Torino nella
radunanza de i«. dì febbraio ultimo scorso.
ANGEJOTOM1A III
to di linea, solleverà una fascia, che insensi¬
bilmente verrà ad essere larga quasi un mezzo
pollice , e non si saprà decidere se apparten¬
gasi allo strato, che si solleva, o a quello , che
resta tuttavia d’intorno all* arteria, perchè , di-»
staccato ai lati , ed alle faccie da tutteddue,
non tenendosi affisso eccetto per la minima
estremità allo strato esteriore, è molto aderen¬
te per la estremità più larga, e più spessa all*
interno.
XXV. L’innesto delle fibre d* un cerchio non
si fa sempre nei cerchi , onde quello è costeg¬
giato ; anzi ne vedo molte, che da uno, pas¬
sando obbliquamente sopra, o sotto del vicino
o di parecchi , vi si uniscono per vari filuzzi ,
poi si innestano nel terzo, nel quarto, o in
altro cerchio, e fanno di questi notabile porzione.
XXVI. Qualunque sia stata la mia diligenza
nel cercare quello strato di fibre longitudinali,
che da parécchi scrittori si suppone collocato fra
l’interna faccia della tunica cellulosa , e l’este¬
riore della fibrosa , da alcuni altri fra la faccia
interna di questa » e 1’ esteriore della membra¬
nosa , non ho mai potuto nell* uomo rinvenir¬
ne vestigio , sia nella aorta , sia nella arteria
pulmonaria , sia in qualunque altra diramazione
arteriosa stata da me presa ad esaminare*
XXVII. Ho bensì veduto due larghe fascie
fibrose, e sottili ad ergersi dalla radice d’alcu¬
ne aorte umane, una dal canto, che corrispon¬
de all’arteria pulmonaria, e 1’altra dal canto op¬
posto , fra P origine delle due coronarie ; ma
queste fascie veramente considerabili per la spes¬
sezza , e robustezza delle fibre, onde erano com-
JI1 CAPITOLO SESTO
poste,' si elevavano dalla più intima parte di
quel risalto carnoso , che attornia lassamente la
radice dell’aorta medesima , ed è più notabile
alla sinistra di quel tronco , e dopo un breve
tragitto diventano tutto ad un tratto simili
alle altre fibre traversali; del vaso , si di¬
stendevano come i musculi penniformi delle ve¬
sciche umane, e finalmente dividendosi alla fog¬
gia della coda delle rondini , si confondevano
indistinguibilmente con le traversali. La larghez¬
za di queste fascie non superava tre linee ; si
trovarono immediatamente sotto alla densa cel¬
lulosa piena di pinguedine, che attornia la base
del cuore , senza però essere a tale cellulosa
molto aderenti. Nella radice dell’ arteria pulmo*
naria non le ho potuto ancora mai discoprire;
XXVIII. Tra i vari piani , che compongono
la tunica fibrosa, rovesciandone alcuni degli este¬
riori uniti verso la radice dell’ aorta, o dell’
arteria pulmonaria , ciò si eseguisce facilmente
sino al piano , d’onde pendono nelle arterie
medesime le valvole semilunari. Da tal sito in
basso, sebbene dirimpetto al seno d’esse val¬
vole se ne possa ancora prolungare la separa¬
zione, ciò non è più possibile dirimpetto a quei
tubercoli, dai quali partono gli angoli corris¬
pondenti di due valvule.
XXIX. Quéi tubercoli sono tre , e non es¬
sendo stati (per quanto io sappia ) distintamen¬
te da verun anatòmico descritti, io in una let¬
tera al Ch. sig. Portai, insigne Medico, e No¬
tomista Parigino gli ho descritti , e distinti con
il nome di Arpioni delle valvule semilunari. Ho
però nei giorni passati cominciato a dubitare ? che
ANGE JO TOMI A //J
anche ri Gel. Lancisi gli abbia conosciuti, per¬
chè mi sembra favellare degli Arpioni là dove
parla di certe particelle in questo sito esistenti,
eh’ egli paragona al Clitoride. , e sembra che
Allero medesimo gli abbia indicati sotto il
nome di calli.
XXX. Comunque ciò sia, quivi i piani della
tunica fibrosa non si possono separare , perchè
la tessitura ne è tanto confusa, che ad ogni
sforzo tutto si lacera.
XXXI. Ho preso 1 * arteria succlavia destra con
il tronco della carotide, e dell’ arteria vertebra¬
le , che ho lasciati a bella posta lunghi quanto
mi fu possibile, ed ho proccurato di rovesciar¬
ne i piani carnosi esterni dal basso all’alto , cioè
dal tronco ai rami, e nelle prime prove, giunto
il rovesciamento allo spiccarsene della carotide,
ì piani esterni si lacerarono. Usando però qual¬
che maggiore diligenza, e continuando a rove¬
sciare fino al tronco della vertebrale, d’un pezzo
d’ arteria con due rami principali lunghi, ed
altri subalterni, feci due tronchi all’ esterno ugual¬
mente fibrosi , dai quali si allungavano quattro
rami intieri , e gli scommuzzoìi di parecchi altri
subalterni. Mi avvidi intanto, che agli angoli
delle diramazioni l’unione degli strati fibrosi è
molto più stretta, ed intrecciata.
XXXII. La tunica fibrosa in quéi siti, d’ón¬
de spiccasi dal tronco qualche ramo, è com¬
posta di molto maggiore numero di fibre, le
quali sono intralciate e confuse , quasi come i
Vìmini dell’orlo dei canestri ; e questo intreccio
è maggiore là dove l’uscita del ramo fa come
Parte IL h
jj 4 CAPITOLO SESTO
un angolo semilunare , che sembra in certo modo
opporsi al troppo rapido corso del sangue.
XXXltl. L a pariete interna dell* arteria negli
stessi luoghi suole avere alcune rugosità , quasi
fome se al di fuori fosse strozzata con un na¬
stro , ed ivi la tunica interna si può molto piu
difficilmente separare intiera. Io m’ immagino
però, che nel vivente ( essendo piene le arte¬
rie, e ben distese nella massa delle membra)
tali rugosità non si trovino.,
XXXIV. La tunica interna , paragonata con
la cuticola di varie parti del corpo, sembra di
una tessitura poco da questa differente. Dopo
breve macerazione dentro dell’acqua, ed anche
senza macerazione si può con le sole dita se¬
parare dalla faccia interna della tunica fibrosa,
cui è attaccata mediante una cellulare finissima,
per la quale si trovano pure dispersi alcuni te¬
neri vasellini.
XXXV, Questi vasi oltrepassate le fibre tra¬
versali della tunica fibrosa vengono ad aprirsi
alla faccia interna della tunica membranosa per
lubricarla, se per avventura non servono ad as¬
sorbirne qualche tenue umore, a ristoro più pron¬
to delle membra, e delle viscere, giacché mi
parvero della natura dei vasi linfatici , per gli
frequenti nridi , che in molti ho ravvisato.
XXXVI. La medesima tunica membranosa
delle arterie è più densa di quella, che tappez¬
za i ventricoli del cuore , ma va del pari per
la sua densirà con quella, che si osserva nelle
orecchiette ; non è però molto trasparente, non
vi appare vestigio di fibrosità paragonabile a
quella della tunica di mezzo * onde è vestita ,
ANGEJOTOMIA llf
quando ne viene con attenzione separata . Ma
siccome non è facile separarle senza che la fi¬
brosa vi lasci qualche filuzzo di sua sostanza
incollato , così ove se ne consideri la faccia
esteriore , e vi si vedano attaccate fibre traver¬
sali , le riputeremo a buon dritto straniere alla
medesima.
XXXVII. Inoltre ella è più capace d’ essere
distesa e dilatata , che la fibrosa , della qual co¬
sa mi sono assicurato gonfiando con forza ora
l’aorta, ora la pulmonaria, ora altri grossi, e
piccioli tronchi strettamente serrati con nastri
alle estremità opposte a quella, per la quale io
introduceva 1 ’ aria. Queste sperienze furono se¬
guite dallo smagliamento della tunica fibrosa , che
io aveva lasciata nuda , ma intiera d’intorno alla
membranosa , e quella si smagliava, o perchè
dalla forza del fiato ne venivano scostati gli anelli,
o perchè se ne stracciavano le fibre. Per tali
smagliature la tunica membranosa usciva a formare
gozzi più o meno grandi, e vesciche tanto più
diafane , quanto acquistavano maggiore ampiezza:
e questi gozzi , queste ampolle crepavano se la
forza dell’ aria distendente durava,
XXXVIII. Non contento d’ avere fatte più e
più volte le mentovate prove sulle arterie nella
disposizione loro naturale , volli ripeterle sugli
stessi tronchi d’altri cadaveri, dopo d’ avergli
rovesciati in maniera che la tunica fibrosa for¬
masse il pariete interno del canale, e la mem¬
branosa 1 ’ esteriore. Nei tentativi di questa se¬
conda specie l’aria passava fra gli anelli della
fibrosa, e sollevava a picciole vescichette, indi
a larghe poco elevate ampolle la membranosa j
Xl6 CAPITOLO SESTO
e mi è, rieicito alcune volte di separarla così
con il dato dalla sottoposta , purché maneggiassi
tutto il gonfio canale a riprese : sofferta però una
distensione considerabile, la tunica membrano¬
sa anche essa si rompea.
XXXIX- Acciocché queste sperienze mi rie -
scissero , ebbi costume d’intraprenderle dopo di
aver esposto i tronchi, e i rami arteriosi a qual¬
che breve macerazione, e di mantenerli flessi¬
bili umettando sovente ogni cosa; altrimenti se,
non usando tali cautele, io vi avessi spinto con
impeto il fiato, avrei veduto a rompersi l’ar¬
teria, cioè accadere lo smagliamento delia tuni¬
ca fibrosa, e la crepatura della membranosa nel
medesimo tempo.
XL. Anche questa ultima tunica è stata
nominata da certi notomisti nervosa , e da altri
lendinosa, denominazioni , le quali siccome non
reggono alle objezioni state messe in campo da
noi in parecchi de’ paragrafi precedenti, e nep¬
pure all’esame anatomico delle arterie, cosi reg¬
geranno molto meno alle osservazioni seguenti.
XLI. Le tuniche, le membrane propriamente
nervose o sono molli , e ricascanti come la re¬
tina degli occhi, o sono disperse in filamenti
sensibili di lunghezza notabile, sostenuti da mor¬
bida cellulosa, come è la tunica nervosa dell’
esofago, o sono fregiate di papille diverse per
figura, per elevazione, per numero come è la
tela sottoposta alla periglottide , e al corpo re¬
ticolare della lingua, come sono altresì le pa¬
pille visibili sulla membrana pituitaria ; oppure
sono appoggiate su qualche altra membrana , ed
ivi incollate come quelle degli intestini, del ven-
ANGEJofOMlA Uf
Incoio , della vescica urinaria ec. Ma comunque
sieno costrutte, sono sempre bianche, ed opa¬
che ( avuto riguardo alla spessezza , e alla den¬
sità loro ) e questa , cioè la membranosa delle
artetire, è uniforme, résistente, estensibile, e
dilatabile , e non ha veruna somiglianza con le
già citate.
XLII. Ove poi si volesse attribuire alle ar¬
terie qualche sensitività. , non si potrebbe loro
supporre questa eziandio molto squisita, quando
volessimo ripeterla dai filamenti, dalle dirama¬
zioni nervose , che si distribuiscono per la tu¬
nica fibrosa ? Non potrebbero altresì immaginarsi
coloro, i quali suppongono il sangue satollo di
sali, che queste diramazioni, acciocché non sie-.
no dotate di senso troppo squisito, vengano
difese dall’azione di tali particelle troppo sti¬
molanti del sangue per mezzo della tunica mem¬
branosa frapposta ? Questa ad ogni modo oltre
all’ ttso . di sostenere , e di mantenere più stret¬
tamente legati insieme i fasci intimi della fibro¬
sa , ha pure quello di attutirne, di rintuzzarne
la sensitività .
ssasssssao»
COROLLARI
I. JL^e arterie del corpo umano considerate nello
stato naturale, ed iti qualsivoglia parte del corpo
indiferentemente , sono composte di tre sole tu¬
niche , una esteriore, ossia cellulosa , una di
mezzo , ossia fibrosa , e la terza interna , ossia
membranosa•
„g CAPITOLO SESTO
IL Se vicino al cuore , tutto intorno al tronco
loro, per quel tratto, onde è ancora chiuso
nel pericardio ; se nel petto , nell’ abdomine , e
nel cranio su qualche porzione delle pareti es¬
terne dei rami, si stende qualche tela membra¬
nosa più, o meno spessa , e robusta, ella è
produzione delle membrane proprie di quelle
cavità, cioè del pericardio, della pleura, del
peritonèo , della dura-madre ec. : e non avendo
le arterie, nulla di simile in verun altra parte dei
corpo , dove sono meno nascoste, e meno di*
fese , la tela membranosa, che le avvolge , non
è da considerarsi, come parte delle arterie me¬
desime , propria, ed universalmente distesa su;
tutti i loro tronchi, e le diramazioni, ma co¬
me un involucro accidentale di quelle porzioni.
III. La tunica vasculare , la tendinosa, la
glandulosa, e la nervosa nelle arterie sono o
affatto immaginarie, o effètti di qualche altera-'
zione particolare in detti vasi, osservata daquer
notomisti, che le descrissero, e le giudicarono
constituenti tutte le arterie del corpo umano.
IV. Lo stesso dee dirsi dello strato longitu¬
dinale della tunica loro fibrosa.
: Secot&c
pioti éfnciàore 9/cIcV^,
! oAtaAu
natomrzf^i
"irto /7T%
4
SEZIONE IX
OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE ARMERIE DEL
CORPO UMANO NELLO STATO PRETERNA-*
TURALE , E NELLO STATO MORBOSO .
ARTICOLO l t
Osservatone dell' aorta dóppia , che gettava
pure doppi i tronchi principali destinati
alle parti superiori del corpo é
È. J^Fon mi allontanerò dai contorni del cuoré
per rintracciare esèmpi’ dello statò pretefnaturàld
delie arterie a cagione dell'eccésso* e del di¬
fetto dei loro tronchi principali 1 nel tramerò * e
descriverò in primo luogo il tronco doppio dell*
aorta fregiato altresì di doppie 1 succlavie ? e dì
doppie carotidi tanto esterne*, quanto intèrne *
* Questo ito fico doppio tT aorta è stato dà rhe
presentato insieme coti un modellò in creta , fatto
dal sig. Raineri di Fossan&f -atla R. Acc. delle
S e. di Torino insieme còri le figure del cuore ,
che àon si ha potuto conservate , e con quella delle
cinque valvule semilunari $ che ne fregiavano Cunico
orificio. Il cuore era stato da me lasciato lungo
tempo fra le mani dell' ingegnoso Sig. RaìNERI
sudde.to , che ne imitò in creta , e nella sua
particolare materia , ta figura'\ fu pure veduto * e
tenuto fra le mani lungo tempo dall* erudito , e
diligentissimo naturalista il sig. Gl ORNA , di Ut*
ao CAPITOLO SESTO
stato già da me descritto, e pubblicato con le
stampe di Saiuzzo mia patria. Fu trovato li 3.
di Febbraio dell* anno 1771. nel cadavero d’un
corpulento , e robusto sessagenario .
II. In questo uomo la respirazione mai non
aveva sofferto disordini costanti, e notabili,
salvo negli ultimi anni, che (secondo il solito dei
vecchi atticciati ) la aveva provata un popoco
laboriosa come neppure la circolazione , che fu
sempre libera fino alli 28 del mese di gennaio dello
stesso anno, la sera del qual giorno venne égli
colpito dalla apoplessia , che in cinque dì lo ha
strozzato.
III. Dal sinistro ventricolo del cuore di questo
vecchio partiva un* aorta con il suo troncò quasi
ovale, di diametro traverso uguale a linee 22.
e mezza , di perpendicolare alle vertebre linee 16.
IV. Gettava immediatamente « due tronchi
delle coronarie , ed allontanatosi appena tre li¬
nee, e un terzo dalla base del cuore, si divi¬
deva in due, caduno * dei quali tronchi aveva
linee 18. -f- /: *. di diametro; salivano (de¬
scrivendo un arco notabile ai lati ) verso la
sommità del torace di modo, che tra tutteddue
i tronchi occupavano in mezzo alla parte po¬
steriore di tale cavità pollici 3 . fin. 10. -f-. / :. z.
di spazio, all’ altezza d’ onde se ne spicca¬
vano le arterie succlavie.
tante di tutte le parti piu amene della Filosofia,
e delle Belle Lettere .
Fig* i. 1. num. e /o.
ANGEJOTOMIA III
V. Si impicciolivano sensibilmente intanto, che
si alzavano in faccia alla trachèa, e gettato il
terzo ramo da ambedue i lati *i si riducevano
a linee 13 , e un terzo di diametro, e tra tut-
teddue occupavano pollici 2. liti. 2. di spazio
traversale. Qui riuniti davano principio all’aorta
discendente , *2 che avea quattordici linee di cali¬
bro ; lo spazio dittico voto *3, fra i due tron¬
chi nel!’ accennata guisa incurvati era poco più
largo d’un pollice, alto pollici tre.
VI. L’ unione di questi due tronchi è- molto
irregolare. L’imboccatura dei destro, che appa¬
rentemente avrebbe dovuto essere il vero tron¬
co; dell’ aorta, e che veramente si continuava
con la discendente , era per lo meno larga dop¬
piamente di quelja del sinistro ; e quest’ ultima
era angustiata da una doppiatura delie membra¬
ne interne di questi vasi , la quale faceva una
specie di falce semihmare con le corna rivolte
allo ingiù. Il diametro della porzione del tron¬
co più vicina a questa valvula era il doppio
dell’apertura, onde il tronco sinistro sboccava
nel destro, appunto ove dà origine all’ aorta
discendente.
VII. Amendue i tronchi due pollici, e dieci
linee e mezza lungi dall’ uscita delle coronarie
gettano le succlavie *4 , che hanno linee 11.
di diametro ; più in alto, alla distanza di linee
*1 Fig. 1. e 1. n. 14. t 17.
*2 Fig. 1. e n. iS.
*3 Fig . 1. n. 8 . e, 19.
*4 Fig. 1. e 2. /z. II. e 12*
121 CAPITOLO SESTO
ffe e mezzo ne escono le carotidi esterne *i
con il diametro di tre linee sole. Dopo quattro
linee di corso in alto dai medesimi tronchi dell*
aorta si spiccano le carotidi interne *i larghe
sei linee e mezzo. Da queste poi' all*aorta di*
scendente , che si trovava nella parte più alta
posteriore del torace *3 vi è la distanza di li¬
nee diciassette.
- Vili. Così strana diramazione era perfettamente
simmetrica , e non recava punto di confusione
fuori nè dentro della cassa del torace , poiché
i tronchi delle succlavie si portavano oltre alla
prima costa nello spazio , che ivi lasciano le
porzioni inferiori del muscolo scaleno ; gettava¬
no i soliti rami all’interno delle mammelle, al
mediastino , al pericardio , e al timo, davano
origine alle vertebrali, alle cervicali, e si cac¬
ciavano sotto le ascelle passando immediata¬
mente dietro al tendine del grande pettorale,
dove io gli abbandonai.
IX. I secondi tronchi che formavano le sole
carotidi esterne *4, e gli ultimi più alti, e po¬
steriori , che costituivano le sole carotidi inter--
ne, *5 salivano paralelli ai lati della trachèa-
prendendosi in mezzo le jugulari interne fino
all’altezza della cartilagine cricoidèa. Là i tron¬
chi delle carotidi esterne portandosi più innanzi
n. 13. e 18
n. 14. e 17.
da 14. e 17* a li.
n. 13. e 18.
5 ivi n. 14. 4- 17.
Ivi
*1 Ivi
*3 Ivi
*4 Ivi
ANGEJ0T0M1A
con le jugulari, s’incrocicchiavano con le caro¬
tidi interne per avvicinarsi maggiormente alla
laringe. Le carotidi interne se ne discostavano
alquanto curvandosi in fuori ; ricurvandosi poscia
in dentro , penetravano nell’orifizio del canale ca¬
rotideo , mentre che le carotidi esterne, piega¬
te insensibilmente all’ infuori si portavano tra
l’angolo posteriore della mascella inferiore , e
la-i gianduia parotide , per distribuirsi alle tem¬
pie ec. ec.
X. Sebbene i tronchi descritti avessero una
capacità tanto più ampia del naturale , e fossero
doppi. Ciò nulla ostantè per un mirabile magi¬
stero le parti, cui si distribuivano , punto di san¬
gue non ricevevano più di quello , che ne ri¬
cevono le parti medesime degli altri corpi privi
di questa distribuzione , perciocché nei loro tra¬
gitto i medesimi vasi si stringevano a poco a
poco in guisa, che fuori del torace si trova¬
vano ridotti al calibro ordinario.
XI. Della qual cosa l’aorta discendente *i
è un esempio ; perciocché essendo formata dal
confluente dei due tronchi amplissimi dell’ ascen¬
dente , *i pure fin dal suo principio aveva la
sola capacità delle aorte discendenti comuni.
XII. Nella stessa guisa le succlavie strin¬
gendosi a tenore dell’ obbliquo loro tragitto die¬
tro alle clavicole, non uscivano dal torace pri¬
ma d’essersi ridotte all’ ordinario calibro ; per
*i Ivi Fig. i. n. 15.
*z Fig. 1. e 2. n. c io.
Ivi n. 11, e iz.
r&4 CAPITOLO SESTO
la qual cosa le braccia ricevevano il solo con¬
sueto loro sangue.
XIII. Così era delle carotidi sinistre *i , ma
non così delle destre *z , le quali più robuste
di tuniche, e sovente indurite per forti conden¬
samenti ossosi, apparivano alquanto più capaci,
massime la carotide interna *3 , la quale aveva
siffatti condensamenti fin nel cranio medesimo,
al fianco destro della fossa pituitaria : erane pu¬
re ossoso perfino il tronco dell’ arteria oftalmi¬
ca , la quale ognuno sa procedere dalla caroti¬
de interna appena sboccante nel cranio , prima
che ne sia nato verun altro ramo.
XIV. Nè solamente queste carotidi erano più
robuste, e difformi per tali condensamenti ; lo
erano altresì la succlavia destra *4 , e il tron¬
co dell’ aorta medesima *5 più , che nissunadelle
arterie mentovate, perciocché tra la fibrosa , e
la membranosa tunica, oltre ai condensamenti
ossosi, avea pure molti raccoglimenti cemen¬
tosi , e gessati , disposti a inucchii irregolari,
che lo rendevano aspro, e bernocoluto in più
di quaranta luoghi, dove erano più sollevati,
e confusi : erano però maggiori i mucchi alla
parte interna dello spazio elittico, cioè nel con¬
cavo della curvatura del medesimo tronco destro.
*1 Fig. 1. e 1, n. 13, 9 14.
*2 Ivi n. iS, e 1 7;
*3 Ivi n. 17.
*4 Ivi n, 11.
*5 Ivi n t <2+
ANGEJOTOM1A I2f
XV. Dirimpetto alle diramazioni superióri */,
e verso il principio dell’ aorta discendente ( la
quale di tratto in tratto ne era ghermita anche
essa ) vedeansene molti, de’ quali più apparenti
ne erano i raccolti alla faccia anteriore superiore.
XVI. 11 tronco sinistro *2 dell’ aorta è mol¬
to piu debile , nè vi appare orma di conden¬
samento , come neppure nei tronchi, che ne
dipendono.
XVII. Vedremo a suo luogo come dal ven¬
tricolo sinistro del cuore *3 , alquanto piu car¬
noso dell’ ordinario , nascendo 1* aorta mostruo¬
sa descritta, avesse cinque valvule semilunari
d’intorno all’ ovale suo orificio , e nello stesso
tempo ne considereremo la struttura, e i difetti.
XVIII. Ho annessa qui la precedente descri¬
zione , e vi congiungo le figure , acciocché non
se ne perda la memoria, e si abbiano pure al¬
cune notizie sullo stato dell’ arteria pulmonaria
dello stesso soggetto, le quali ancora non era¬
no state da me trasmesse al Ch. sig. Dottore
Bonaventura Revelli Medico di Saluto
che per la su 3 tenera amicizia verso di me
volle, appena ricevutele, pubblicare le prime.
Nasceva queir arteria pulmonaria *4 dal ventri¬
colo destro, assai più anteriormente del solito,
ed avea quindici linee di calibro all’ uscire di
tra le fimbrie grassose, che circondano la base
*1 Ivi dal n. 18. al 15.
*z Ivi n. io.
*3 Fi %' i- n. I. 4- h' »• *•> 4*
*4. Ivi n. 8.
Il 6 capìtolo sesto
del cuore, e dal dissotto dell’ orecchietta de»
stra */.
XIX. Alla sua radice avea tre gobbe corri¬
spondenti ai seni delle tre valvule semilunari ,
una destra, una sinistra, ed una posteriore.
XX. Anche nel nascere piegava a sinistra per
arrivare nello spazio ovale esistente fra ì tron¬
chi dell’aorta, dove il diametro della pulmo-
naria *2 non era salvo d’undici linee ; e pri¬
ma di comparire alla feccia posteriore di quello
spazio gettava il canale arterioso nella parte in¬
terna del tronco sinistro dell’ aorta , là dove ap¬
pena cominciava a scostarsi dal tronco destro :
quel canale era un solido, e robusto ligamento.
XXI. Nel passare fra i tronchi suddetti dell*
aorta la pulmonaria descriveva un arco nota¬
bile , e spuntando alla feccia posteriore del dop¬
pio tronco *3 se ne aumentava la capacità a
segno , che dividendosi tosto in due rami *4 di ca¬
libro uguale , ognuno d’ essi era largo poco meno
di mezzo pollice , e discostandosi il destro dal
sinistro , occupavano due pollici di spazio tra¬
versale prima d’immergersi nei pulmoni.
XXII. La tessitura di tutta questa arteria,
benché robusta, non si accostava però alla so¬
dezza del tronco destro dell’ aorta ; e se aves¬
simo fatto una linea retta dell’ arco, che ella
descriveva dalla sua radice alla primiera sua di-
*1 Ivi n. 3.
*2 Fig. 1 . n. 8.
*3 Fig. 2. ». 8.
*4 Ivi n . 8. 6 . 6 .
AffGEJOTOMIA II 7
Visione, questa linea avrebbe superato i cinque
pollici in lunghezza.
XXIII. Nelle vene non aveva mostruosità ap¬
parente : il seno delle due vene cave era però
totalmente diverso dall’ ordinario ; cioè , la vena
cava discendente, e la ascendente si univano
secondo il solito , formavano un ampio sacco,
dove trovai ( nel sito, che avrebbe dovuto es¬
sere occupato dalla valvula d’EuSTACHlO) un ca¬
nale brevissimo , che comunicava con la vera
orecchietta destra del cuore per un’ apertura *i
larga dieci linee di diametro , di maniera, che
il confluente delle vene cave, e la vera orec¬
chietta formavano due cavità distinte, e comu¬
nicanti per quel breve, ed angusto canaletto.
ARTICOLO 77 .
Osservazioni d? alcune aorte umane , che dalC arco
gettavano due soli tronchi .
XXIV. N on ancora versato nella zootomia,
quando partecipai al Dottore Revelli la pre¬
cedente osservazione dell’ aorta doppia , gli pre¬
sentai pure, come uno scherzo di natura, o
una mostruosità per difetto, il nascere le sole
succlavie dall’ aorta d’ un cane stato da me spa¬
rato ,* consecutivamente però sono stato con¬
vinto della costanza di tale diramazione in que-
*i Fig. z, n. 7,
IZS CAPITOLO SESTO
sto quadrupede prima per la lettura degli Ele¬
menti di Fisiologia dell’ immortale AlleRO , indi
per le anatomie di parecchi individui di quella
specie .
XXV. Ho però negli anni seguenti veduto in
due cadaveri umani dall’ arco deli’ aorta a nascere
le due sole succlavie, e da caduna di questa
una carotide.
XXVI. Ho veduto inoltre in un bambino a
spiccarsi le sole succlavie dall’ aorta , indi la suc¬
clavia destra d’assai maggiore calibro produrre
la carotide sinistra , e poche linee più alto la
destra , appunto come nei cani, e come si vede
rappresentato nella qui annessa tavola alla figura
III., che è stata copiata dalle parti corrispon¬
denti di quel bambino .
ARTICOLO 111 .
Osservazioni de * cangiamenti , che V aorta soffre
nel suo calibro aW origine sua dietro le valvule
semilunari , ed aW arco. ; .
XXVII. on è cosa nuova la triplice tube¬
rosità da me stata notata alla radice dell’arteria
pulmonaria, propio nel sito corrispondente ai
seni delle valvule semilunari: ViDO ViDiO la
aveva già espressa in una figura*, come altresì
Valsalva , e cento altri anatomici dopo di loro ,
De Anatome Tab. y 5 > Fig. X.
ANGEJOTOM1A 12$
negli avanzati in età vedendosi per 1* ordinario
tuberose in quei luoghi, e questa, e l’aorta.
XXVIII. E’ pur noto, che nei vecchi l’arco
dell’ aorta si trova notabilmente cangiato , vai?
a dire in vece, che nei giovani la succlavia
destra è anteriore , indi nasce la carotide sinistra
dalla sommità dell’ arco, alquanto più indietro ,
e finalmente, ancora più a tergo , e a sinistra ,
spiccasi la succlavia sinistra tenendo lo stesso
livello , che la destra; nei vecchi la succlavia
destra, è più al basso; siegue la carotide sini¬
stra ; e più alto delle precedenti nasce la suc¬
clavia sinistra ; nè siamo ancora alla sommità
dell’arco, perciocché nei soggetti più in età
avanzati, primachè si arrivi alla medesima, dal
sito , ove nasce la succlavia sinistra , v* è tal¬
volta mezzo pollice, e più di spazio.
XXIX. In cima all’arco la parte superiore
della periferia dell’aorta è pure nei vecchi assai
più elevata, e talora disuguale per uno sfondo
capace del polpastrello del pollice; non è raro
trovare la volta di quello sfondo ghermita di
condensamenti calcarei, eziandio in quei sog¬
getti, nelle arterie dei quali non se ne trova
traccia in verun altro luogo.
Parte II.
I 30 CAPITOLO SESTO
ARTICOLO IV.
Osservazioni d y otturamenti sofferti
dalle arterie umane.
XXX. N el cadavero d’una vecchia ho tro¬
vato l’ arteria vertebrale sinistra affatto ostrutta
per una sostanza tofacea giallastra, che aveva
conglutinate, e confuse insieme immobilmente
tutte le apofisi traversali delle vertebre del collo,
e si continuava per 1* arteria suddetta fin vicino
al margine inferiore della protuberanza annulare,
ma la vertebrale destra non era alterata.
XXXI. In un fanciullo strumoso, nel collo,
del quale una gianduia indurita aveva gettato
profondissime radici, non solamente era stata
spinta a sinistra la trachea, ma era giunta a pre¬
mere , ed offendere la quinta, e la sesta verte¬
bra del collo acciaccandovi contro la carotide ,
e i nervi simpatici grande , e mezzano , di ma¬
niera , che tutto essendo confuso, ed insieme
conglutinato , fu cosa vana il cercare di distin¬
guere gli ultimi dalla prima , e discernere in quelle
arterie la cavità. E’però degno d’osservazione,
che tale struma appena elevava un cotal poco
gli integumenti, mentre., che le altre glandule
vi aveano fatto difformi elevazioni, senzachè
venissero sensibjlmenté* compressi nè i musculi,
nè i rami della jugulare esterna.
ANGEJOTOMIA
• 13 I
ART ICO LO V.
Osservazioni degli aneurismi piu notabili stati
osservati dall'Autore. Aneurisma dell'arteria
emulgente sinistra .
XXXII. Xn risguardo allo stato morboso delle
arterie per gli aneurismi , tuttoché io tenga già
preparata un* ampia dissertazione, che sarà pub¬
blicata allora , che abbia la necessaria maturità,
non vo tralasciare però di recare in questo luogo
le seguenti osservazioni, giacché vengono tanto
a proposito in prova delle verità, che mi sforzo
di rendere sempre più apparenti. La prima è di
un mostruoso aneurisma dell’ arteria emulgente,
che ho discoperto gli ultimi giorni d’ottobre 1770.
nello Spedale di s. Gioanni di questa Metropoli
nel cadavero d’ un certo Giorgio M.della
valle di Lucerna, calzolaio di professione, di
anni 45. ipocondriaco-bilioso dato alla crapula,
ed al vino, solito di abitare in una bottega al
piano di terra , umida , e poco ariosa.
XXXIII. Quell’infelice alli zj. di settembre
dell’anno 1 sentissi un dolore sordo alla re¬
gione lombare sinistra senza avere fatto sforzo
alcuno ; poco .dopo s’ accorse di grave difficoltà
nell’ orinare ; consecutivamente questa evacua¬
zione gli fu totalmente soppressa per vari gior¬
ni. Intanto non potea sedere ; ma a poco a poco
le orine, benché scarse, ripigliarono il corso
loro senza rimedio alcuno , e il dolore si rese
1J2 CAVI VOLO SEST O
piu mite ; però al luogo dolente si elevava un
tumore pastoso , che non mutava il colore della
pelle , ed aveva una molto sensibile pulsazione.
XXXIV. Verso il fine di novembre fu mo¬
lestato da una specie di sciatica alla coscia , ed
alla gamba sinistra, che gli cagionava acutissimi
dolori, e il tumore prendeva aumento, ed in¬
comodava 1* infermo a segno , che fu costretto
di ricorrere da un empirico, il quale unse le
parti dolenti con olio , e sul tumore dei lombi
applicò un vescicatorio.
XXXV. Fosse l’idea, la fiducia dell’infermo,
o P evacuazione di molta di quella materia acre,
stimolante, che trassudando dalla parete del tu¬
more , e filtratasi tra i muscoli, e nella cellu¬
losa vicina , tutto dolorosamente irritava , ei ne
provò sollievo. Dalla esulcerazione prodotta
dal vescicante d’allora in poi continuò a goc¬
ciolare sempre molta linfa, e mai più non si
copri di buona, e stabile cuticola.
XXXVI. Esacerbatisi i dolori, e la sciati¬
ca, ai 16. d’aprile/770. ponessi al nostro Spe¬
dale di s. Gioanni, ed ivi la dieta , il riposo,
le decozioni alteranti, e gli altri medicamenti,
che usò per quaranta giorni, ed altre necessarie
attenzioni guadagnarono tanto contro i dolori,
e la debolezza , che sentendosi alquanto solle¬
vato , persuaso male a proposito, che per il suo
male era necessario il moto, e l’aria libera,
usci dallo Spedale, e con suo danno, perchè
vi fece ritorno li 6 . d’ Agosto in pessimo stato.
XXXVII. Il tumore dei lombi, cresciuto a dis¬
misura , si stendeva verso la parte sinistra dalle
false coste all’ilio, e dal bellico alle vertebre..
ANGEJOTOM1A I 3 J
triangolare, più che altrove elevato quattro dita
al dissOpra della cresta dell* ilio , un poco in¬
dietro ; la pulsazione in tutto il medesimo era
violenta, continua ; seguiva il ritmo del polso ;
si faceva sentire , $ si vedea sollevare la metà
sinistra della medesima cavità. Dalle screpola¬
ture superficiali, che vi erano sopra, gemeva
un icore rossigno , che invernicava come il bian¬
co dell’ uovo le parti su cui cadeva, e le ren-
dea sode , fetenti, e dure.
XXXVIII. Nel più affannoso de’suoi languo¬
ri , avrebbe pur voluto, che gli si spaccasse
quel tumore, cagione a lui di tante pene : ma
e chi dotato di fior di senno avrebbe mai ade¬
rito ad inchiesta si inopportuna, ed intrapresa
una operazione, che d-ovea riescire tosto mici¬
diale ? Pur troppo sovente a si funesto partito
si appigliarono inavvertentemente uomini, che
pensando in casi consimili di restituire ai miseri
infermi la sanità, loro diedero la morte/ Sene
leggano gli esempi negli scritti di Arderò ,
dei Mangeti, del Van-Horne, e di Scken-
CKIO * t .
Dunque non fuvvi chi si lasciasse muovere,
nè sedurre dalle importune preghiere dell* infer¬
mo. Però il Ch. sig. Giambatista Verna Ce¬
rusico maggiore dello Spedale suddetto , attual¬
mente Cerusico dell’ A. R. del sig. Duca del
Ciablese, alla prima occhiata conosciuta la natu¬
ri Questo Autore al capo de* tumori oss.lll.
ne accenna uno , che aperto col caustico poten¬
ziale cagionò la morte.
,34 capitolo sesto
ra indomabile del morbo proccurò di rassicurar¬
ne l’infermo, ed intanto provvide acciocché i{
tumore così impetuosamente non crescesse, e
l’infelice passasse gli ultimi giorni suoi con mi¬
nor incomodo ; tuttavia inchiodato nel letto eb¬
be diarree , che lo estenuarono. Al fine di set¬
tembre cominciò a soffrire frequenti palpitazio¬
ni , foriere infauste delle ansietà, deliquii, e
terribili ambasce , che presto insorsero . Gli si
> abbassò sensibilmente la voce , gli gonfiò ede¬
matosa la coscia, la gamba, e il piè del lato
offeso, e lo scroto ; crebbero le nausee , le
inquietudini, le languidezze, le gocciole di su¬
dore freddo alla fronte, al giugolo , ed al prin¬
cipio di ottobre finì di penare.
XXXIX. Ansiosissimo di scoprire la cagione
di così lunghe pene, e di tal morte , lo sparai ,
e trovammo veramente in quel cadavero 1’ aneu¬
risma deir arteria emulgente, che crescendo avea
diviso in due parti il rene , di modo che una era
comparsa sul lato più convesso del sacco , 1* al¬
tra doveva essere rimasta fralla parte posteriore
dèi sacco stesso, ed i muscoli de* lombi. Le
pareti dell’ aneurisma erano spesse , massime po¬
steriormente , perchè v’erano impegnate sino le
stesse aponeurosi, ed i muscoli : spessezza che
in gran parte dipendeva da uno incrostamento
poliposo fattosi al didentro del sacco, che erasi
trovato pieno di sangue nero in parte sciolto , i
grumi del quale se ne dovevano estrarre ad am¬
be mani, e inorridimmo trovando cariose perfi¬
no le vertebre soggette. L’ aorta , là donde se
ne spiccano le emulgenti, un po più in basso,
molto crassa, di tonache quasi ligamentose , e
A NGEJOTOMIA 135
cartilaginose , di calibro piu angusta vedevasi de!
naturale sicché appena vi si poteva introdurre la
punta del mignolo . In alto , benché di tuniche
più spesse, era però più ampia del solito , per¬
chè con tutta agevolezza vi si cacciava dentro il
pollice. Diminuiva insensibilmente, ed allo sboc¬
care della mesenterica superiore riducevasì al na¬
turale calibrof.
XL. Tra queste angustie, e queste dilazioni
morbose ne usciva a destra sana 1* emulgente ,
ed un po più al basso la spermatica, anche essa
naturale , ma della spermatica sinistra vidi sola¬
mente la parte inferiore diramata, maggiore del
solito , perchè avea rami, che pareggiavano la
terza corda d’un violino : ne ho lavati alcuni ,
e parevano tubolini di cuojo bianco.
XLl. La porzione anteriore dei rene già distac¬
cata era consunta alla faccia , con la quale appog¬
giava sull’ aneurisma , massime inferiormente ; in
alto era intera, del consueto volume, e figu¬
ra : 1’ altra porzione fu vano il cercarla.
XLII. Distaccato il rimasuglio del sacco, vi¬
dimo il guasto, che avea fatto sulla cresta dell*
ilio, dove si attacca il tendine del gran dor¬
sale. Era carioso per 1 ’ altezza d’un dito, su due
di larghezza : trovai cariose la terza , e più la
quarta costola falsa ridotta in frammenti mace¬
rati ; dell’ultima non ne rinvenni il menomo se¬
gno. Vidi corrose le apofisi traverse sinistre dell’
ultima vertebra dorsale , e delle quattro prime
lombari ; alla prima d’ esse manca il terzo del
corpo roso in isbieco d’alto in basso ; la se¬
conda ha il corpo ridotto a meno della metà ,
o se ne desidera anche 1’ apofise obbliqua infej
I 36 CAPITOLO SESTO
riore, della terza vi rimane una sola linguetta
ossea della parete posteriore sinistra del canale
della spina ; non ha più 1* apofise obbliqua , nè
la traversale : la quarta, come la precedente ,
manca di buona parte del corpo, e delle apo-
fisi stesse.* e l’ultima ha un leggiere guasto nel
lato superiore sinistro del corpo, dove manca
F orlo .
XLII 1 . Nel sollevare il sacco osservai , che
il picciolo muscolo del diaframma da quella ban¬
da fu consunto, e macerate le fibre muscolari;
le parti tendinose, ed aponeurotiche vicine,
tinte del colore della feccia del vino tendente
al nero , tintura proveniente dall’ inzuppamento
della cellulosa, le di cui cellule passando tra
lamina e lamina, tra nastro, e nastro le av¬
volgono tutte, e le uniscono, piene del suddetto
umore nereggiante , che aveane divisa fibra da
fibra, e altrove faccetto da fascetto, sicché mi
riuscì di sciogliere dal corpo del tumore pezzi
di aponeurosi ( forse del traversale dell* abdo-
mine) larghi due dita su lunghezza maggiore,
che parevano un composto di nastri sottili , e
stretti, gli uni paralelli agli altri, e distinti da
una srriscia per parte di quella macerata cellu¬
losa , che molto debilmente gli univa.
XL 1 V. Le fibre aponeurotiche serbavano il
colore naturale, mentre i fiocchi di tale cellu¬
losa erano intensamente coloriti. Gli scommuz-
zoli delle tonache arteriose non erano piu sen¬
sibili , eccetto verso 1* aorta, perchè quel fosco
limaccioso umore, che ne avea scostate, e di¬
sperse le sostanze, le avea spappolate in manie¬
ra , che non se ne potea più riconoscere vesti-
ANGEJOTOMIA
gio. V* erano di tratto in tratto fascetti musco¬
lari , ma tanto lontani gli uni dagli altri, ed iso¬
lati , che per la confusione, che ivi regnava ,
non potei riconoscere a quale muscolo apparte¬
nevano.
XLV. Il ventricolo, e gl* intestini erano sa¬
ni , e voti ; la milza e il fegato impiccioliti ; il
pancreas nè in sito , nè facile a conoscersi ; il
mesenterio in molti luoghi nericante anche esso;
le viscere del petto fuorché 1* aorta ( di cui la
tunica interna era sparsa di quelle macchie, che
accennerò nella sezione n. 14. ) sane, e natu¬
rali; le pareti del cuore un po troppo sottili,
e distese, e i suoi ventricoli pieni di sangue
nero , e di polipi ; ed è qui appunto, che ho
dimostrate la prima volta ad occhio nudo le
fibre muscolari delle valvule dell’aorta, e dell’
arteria pulmonaria. Le altre membra ( salvo lo
scroto, e la estremità inferiore sinistra edema¬
tosi ) erano ridotte aduna emaciazione sorpren¬
dente.
Aneurisma delV arco , e del tronco discendente
dall'' aorta,
XLVI. Pietro Rius di Clermont in Linguado-
ca , ricoverato li n. luglio 177o. nel nostro
Spedale maggiore, aveva un aneurisma in mezzo
alla parte superiore del petto, che io vfdi,
toccai, ed esaminai piu volte. Era coperto dal¬
la pelle di colore livido , poco elevato, resi¬
stente , e pulsante a traverso dello sterno , che
ivi sentiasi bucato , e mancante Era soggetto
a frequenti palpitazioni, ed ansietà; morì idro-
SESTO
,38 CAPITOLO
pico li 17. dello stesso mese, e damine essen¬
done stato aperto il cadavere, vi si trovò una
dilatazione dell’ arco dell* aorta , che scendeva
giù sotto lo sterno molto in basso , e di gros¬
sezza tale, che simulava un altro cuore. Avea
la superficie interna invernicata d’una materia
gialla ; e le concrezioni polipose, da cui erano
inspessate le pareti, s’ intrecciavano come fanno
i fascetti carnosi delle pareti interiori del cuore
stesso , come fibre veramente organiche. Il più
largo pezzo dello sterno era stato corroso , di
maniera, che il buco n’ era lungo quasi due pol¬
lici. Seppi che 1 * infermo avea portato simile
tumore per sei anni , e fino all’ ultimo mese non
gli aveva recato incomodo , salvo qualche dif¬
ficoltà nel respiro.
XLVIl. E’ degno d’ osservazione il cangia¬
mento , che 1’ infermo assicurommi quell’ aneu¬
risma avere sofferto. Da prima gli si era col suo
pulsare reso sensibile , e colla elevazione, in
quello spazio , che è tra la quarta , e la quinta
costa vera del lato manco ; me ne fece tocca¬
re il sito dove le loro cartilagini si uniscono
allo sterno , ed infatti vi si sentia la mancanza
del muscolo intercostale, e il dito vi penetra¬
va molto addentro senza incontrare altra resi¬
stenza, che la appostavi dagli integumenti; ma
al dire dell’ infermo qui il tumore non superò
mai la grossezza d* una nocciuola, ed insensi¬
bilmente svanì intanto , che al dissopra andava
crescendo , ed elevandosi.
XLVIII. Alli 3/. di giugno dello stesso anno
fuvvi anche ricoverato un facchino con aneuris¬
ma probabilmente della succlavia sinistra , pari
AN GEJOTOM1A J](?
in volume ad un uovo di gallina ; avea comin¬
ciato a crescere , e pulsare sopra la clàvicula
di quel lato fino da cinque mesi avanti. Se gli
si comprimeva , sentivasi mancare il respiro ,
e lo tormentava più atrocemente la sera , ed
alla notte. Non poteva senza gravi ambascie, e
strane smorfie , e contorcimenti inghiottire boc¬
coni sodi , e non bene umettati ; lagnavasi di
una continua tensione violenta nel collo , e di
frequenti vivissime punture nelle parti vicine al
tumore, incostanti però, e vaghe. Non ne sep¬
pi novella da che uscì volontariamente dello
Spedate molto più aggravato ai 2. di settembre.
Aneurisma del principio dell' aorta.
XLIX. Nei mesi caldi del 177/. repentina¬
mente mori un Officiale di questo Spedale me¬
desimo, e non ebbe, salvo pochi minuti di pre¬
cipitosa agonia. All’ apertura del cadavero in
presenza del celebre sig. Cigna , allora Medico
assistente nello stesso Spedale, e Professore
straoidinario di Notomia in questa Regia Uni¬
versità , si trovò la cagione di morte così ro¬
vinosa nella screpolatura d’un aneurisma deir
aorta stessa, appena uscendo dal cuore. Per
tale apertura il pericardio si era empiuto di
sangue , ed aveva impediti i moti di quella vi¬
scere in modo, che ne fu soffocato quell’ infe¬
lice .
L. Questo aneurisma , che lo stesso Ch. sig.
Dottore conservo lungo tempo, era grosso co¬
me un uovo di gallina , ed avea due aperture,
o screpolature nell’ esterno , una superiore quasi
I 4 0 CAPITOLO SESTO
rotonda, e 1’ altra nella maggiore sua convessi¬
tà , molto ampia , ed irregolare, che comunica¬
va con 1’ arteria , ( dalla parte sinistra esteriore
della quale si elevava come un sacco al canale
medesimo affisso) mediante un foro quasi ton¬
do , il diametro del quale non si avvicinava al
terzo del diametro del sacco stesso , che strin-
gevasi a misura , che si accostava al canale.
LI. L’ Officiale non ne avea avuto segni par¬
ticolari vivendo , era sempre stato rosso di fac¬
cia , rauco di voce, piuttosto allegro, ma bi-
liosetto di temperamento , amante dei liquori
spiritosi, e del vino; soggetto a momentanee
oppressioni di petto , in tempo delle quali pa-
reagli di trarre sollievo dal sedere basso , e stare
col corpo incurvato in avanti, nella quale si¬
tuazione traeva meglio il respiro.
Aneurisma dell' aorta discendente.
LII. */ Una Signora d’anni 60. circa, madre di
più maschi prosperosi, solita di godere una lo¬
devole sanità, di temperamento sanguigno-pi-
* 11 eh. sig. Doti. Bellardi Priore del col -
legìo di Medicina della R. nostra Università ,
sapendo , eh' io preparava i materiali per la men¬
tovata dissertazione sugli aneurismi , si è degnato
di comunicarmi la presente osservazione , eli io
non posso astenermi dal pubblicare adesso , per¬
ché contiene alcune circostanze- capaci di rendere
assai piu facile , e sicuro il diagnostico di queste
malattie , quando intaccano le arterie principali
dell* abdomine , e perché aggiunge peso alle con -
ghietture } eh io cerco di realizzare .
ANGEJOTO MI A 14 I
tuitoso , fu soggetta a palpitazioni frequenti con
una sensazione molesta allo stomaco , della quale
però non faceva gran caso. Essendosi queste re¬
se assai più gravi, fui chiamato a visitarla, e
nel diligente esame , che ne feci, osservai, che
i polsi erano, costantemente intermittenti , e vi¬
branti., e che corrispondevano alla intermittenza,
alla offuscazione della vista , ed all* ansietà della
respirazione, che obbligava l* inferma a sedere
con il petto elevato nel letto. Questi sintomi
giudicare mi fecero, che nei vasi maggiori vi¬
cini al cuore in questa donna regnasse qualche
vizio organico , e sospettai d’aneurisma. Conse¬
guentemente a tale sospetto le ho prescritto due
salassi, dai quali ebbe sollievo cosi grande , che
ella si credette guarita ; il polso però , quantun¬
que non avesse più sensibile vibramento , nè in¬
termittenza , non a'veva acquistato il ritmo na¬
turate , e passati appena quindici giorni, si ma¬
nifestarono di nuovo , e con eguale intensità i
descritti sintomi, e di nuovo provò sollievo dal
salasso, che nel decorso di tre mesi fu cinque,
o sei volte rinnovato.
Un sintonia singolare si aggiunse, che merita
d’ essere particolarmente considerato , perchè
( come si vedrà dall’ apertura del cadavero ) ha
stabilito nella suddetta inferma una diagnosi pre¬
cisa del sito dell’ aneurisma, ed è questo. Si
querelò l’ammalata d’un senso di compressione
fatta da un corpo esistente al fondo del ventri¬
colo , come se avesse avuto la testa d’ un bam¬
bino in quel sito , che pulsasse, e tate pulsa¬
zione te si manifestò pure lunghesso il dorso
. alla parte opposta, e quivi era con dolore.
141 capitolo sèsto
Passò quattro mesi in tale stato, e intanto
diminuirono le orine , comparve l’edema alle
estremità inferiori, essendo preceduti alla re¬
gione del ventricolo dolori eccitati, come l’in¬
ferma si spiegava , da colpi di lancetta.
Ccn T ajuto de’ medicamenti diuretici si ria¬
perse il corso alle orine, e si superò 1* edema ;
però non cessarono gli altri sintomi sovrade-
scritti, sicché essendo ricomparso, e stato sciolto
due volte con gli stessi medicamenti il tumore
edematoso , passati ancora in continue pene due
mesi , l’inferma fu sorpresa da emiplegìa, che
nel decorso della stessa giornata degenerò in apo¬
plessia forte , per cui cessò di vivere.
Il giorno seguente essendo stato aperto da
due Cerusici il cadavero alla presenza di varie
persone degne di riguardo, io prima, che se ne
facesse attento l’esame del torace, e dell’abdo-
mine, avendo narrato 1* istoria della preceduta
malattia, esposi pure il mio giudizio sopra resi¬
stenza, e il sito preciso dell’aneurisma.
Quindi aperto il torace si sono trovati i pul-
moni affatto sani, sana pure l’aorta ascendente,
ma il cuore si trovò d’una mole doppia dell*
ordinario, nè altro vizio si ha potuto ricono¬
scere. Essendo ciò nulla ostante persuaso , che
sì grande mole del cuore era un effetto d’altra
cagione primaria del male, ho invitato i sig.
Incisori ad esaminare l’aorta discendente, e di
fatti, inciso il diaframma , e separate le parti ,
come era necessario , ci si presentò all* occhio
il tronco dell’ aorta sotto la volta di quel mu¬
scolo , ampliato del doppio, e tale dilatazione
stendevasi fino all’ origine dell’ arteria celiaca ,
ANGEJOTOM 1 A 143
le tuniche dell’aorta per tutto lo spazio aneu¬
rismatico essendo divenute più sottili, scissura-
te , e di colore nericcio.
A R T ICO LO VI.
Osservazioni <T alcuni Aneurismi anomali, ossia
per tras sudatone del sangue dai pareti
troppo porosi delle arterie.
LUI. C^>he le arterie sieno porose a segno di
lasciare trapelare dalle tuniche loro la sierosità
del sangue, e la linfa, dopo le sperienze del ce*
lebre Monroo , le osservazioni d’ Allero , del
BertR-ANDI , e di molti altri, non v’ è più chi ne
dubiti ; ma non è così facile a persuadersi ognu¬
no (se una serie d’ osservazioni esatte, ed uni¬
formi non si unisce a convincerlo ) che la po¬
rosità di questi vasi possa essere tale per ma¬
lattia , che il denso , e crasso sangue, cori tutti
gli elementi suoi possa trapelarne senza lesio¬
ne, o apparente smagliamento loro, e trapelar¬
ne in grandissima copia , e conservare trapelato
la facoltà di aggrumarsi , di ripigliarsi intorno
all’ arteria medesima per simularne un aneurisma.
LIV. Perciò alla celebre osservazione del Teik-
MEIERO aggiungo le due seguenti. La prima co¬
municatami dal sign. ZuCCHi valente Chirurgo
maggiore , e Speziale, è d’ una donna da lui spa¬
rata nel Regio Spedale della carità, nel torace
della quale dietro alla pleura trovò rappresa piu
144 CAPITOLO SESTO
d’ una libbra di sangue intorno al tronco dell*
aorta ascendente , e giu per quella porzione
della discendente , che si trova nel petto, sen¬
za che vi fosse in alcuna parte offeso, nè vi
si potesse scorgere rottura d’altro vaso veno¬
so , nè lesione dei pulmoni.
LV. La seconda è d* una puerpera, morta
pochi giorni dopo uno stentatissimo parto nel
venerando Spedale di s. Gioanni, l’anno 1/70.,
nella quale trovai sotto del muscolo retto il
picciolo tronco dell’ arteria epigastrica destra piu
grosso del mio pollice, per l’altezza di circa
tre dita, a cagione d’una specie di cotenna
sanguigna induritavisi attorno , che abbracciava
ancora le picciole vene , dalle quali è accom¬
pagnata , e ne faceva un solo sodo, e confu¬
so cordone.
LVI. Ripulitolo con diligenza per vedere ,
d’onde fosse scaturito quel sangue , non vi tro¬
vammo nè screpolatura, nè rottura, nè taglio,
nè accrescimento di diametro. Separammo tutto
il cordone dall’ arco crurale fin verso Io sterno,
avendo attenzione di legarne i ramicelli, che si
cacciano nel muscolo retto, avanti di tagliarli;
e lo stesso ho fatto, dove si caccia sotto la
cartilagine ensiforme ; indi con un tubolino sof¬
fiai nell’ arteriuccia, e poscia anche nella vena
più grossa , perchè tutte le diramazioni finivano
in due tronchi disuguali ; ma quantunque 1’ aria
trapelasse, ciò non era da un sito fisso, nem¬
meno da una sensibile apertura nell’arteria, bensì
a malo stento da tutta la periferia del canale al
suo principio , e per insensibili porosità. Dalla
vena non ne trapelava niente affatto.
ANGEJOTOMIA
LV 1 I. L’ osservazione del Chiarissimo Dottore
VERRA.TI fatta sulcadavero del Medico Trom-
BELLI , rapportata nei Commentar/ dell ’ Accade¬
mia di Bologna Tom. I. Part. II. pag. 188 .,
io dubito, che sia pure d’un aneurisma per tras-
sudazione. Altri simili spandimenti di sangue
vivo, o aggrumatosi, mi caddero sotto gli occhi,
e forse da nissun altro fonte non ebbero origi¬
ne ; ma non sono abbastanza sicuro del fatto
per indicargli come aneurismi anomali ; soltanto
credo essermi lecito conghietturare , che i me¬
desimi sono per avventura più frequenti di quello,
che si abbia creduto finora.
ARTICOLO VII.
Notizia delle parti delle arterie t le quali furono
da vari Autori trovate aneurismatiche.
LVIII.^^on vi è parte nel corpo umano, dove
non siansi alcune volte osservati aneurismi pro¬
dotti o da esterna, o da interna cagione. Vl-
DO Vidio presso Freind pag. 5 /. indica l’enor¬
me tumefazione di tutte le arterie del capo,
che rappresentavano grossissime varici.
LIX. Alla temporale FeheR osservò un aneu¬
risma grosso quantaun uovo, che (secondo asseri¬
sce BaRTOLINO) guari coll’uso degli astringenti,
e colla fasciatura; un simile ne vide lo stèsso De -
HAEN , che fu colla Iigatura felicemente curato.
LX. Neppure le arterie delle membrane del
cervello ne vanno esenti, come dimostrò Moi-
Tom. 11 . K
, 4 6 CAPITOLO SESTO
NICHEN nella Storia di molti tumori aneurisma¬
tici ivi osservati, presentata alla Società lette¬
raria di Hufnia\ ed io nell’ Encefalotomia uma¬
na alla pagina 68. della prima patte ho recato
le mie osservazioni, e quella del Ch. sig. Ber-
TRAN di su gli aneurismi di tali arterie.
LXI. Nelle arterie nasali esterne se ne vi¬
dero ancora secondo il rapporto di Bonetti ,
del Man CETI ec., e nelle Effemeridi dei curio¬
si della natura cent. III. osserv. 66. pag. 150.
se ne indica uno dell 5 arteria> che scorre dietro
dell* orecchio.
LXIL Il Barone Van-Swieten ( pag. 228.
Tom. I. dei Commentari agli Aforismi dell’im¬
mortale BoerHAAv'e) ne accenna uno della suc¬
clavia. Nella Storia dell ’ Accademia Reale delle
Sciente di Parigi ( anno 1733. ) leggesi d’un
altro della stessa arteria, che cagionò tosse osti¬
nata , sputo di sangue , e morte, perchè si era
fatto aderente alla trachea , ne aveva corrosi al¬
cuni spazi intercartilaginosi , e ne aveva inon¬
data di sangue la cavità, e quella dei bronchi.
LXIII. Si ergea su per lo collo quello , di
cui fassi menzione nella Storia deli Accademici
Reale delle, sciente di Parigi (anno 1707. ) pro¬
dotto dall’ enorme continuo vomito, che per
discutere un reumatismo era stato eccitato da un
ciurmadore ; vomito , che durò cinque giorni ,
e produsse lo sfiancamento nella curvatura dell’
aorta ; e nella stessa parte ancora quello , che
Hardero descrisse nell’ Apiario d' osservazioni
pag. 31,.
LXIV. RuiSCHiO nella Centuria di osservazio¬
ni anatomiche , e cerusiche , osserv. 88 . dà la
ANGEJOTOMIA 1 47
figura , e la descrizione di un mostruoso aneu¬
risma dell’ aorta ascendente, tre dita sopra del
cuore, e ne vide tre o quattro grossi quanto
uova di gallina, che difformavano le picciole
arterie intercostali .
LXV. Mekel negli Atti dell ’ Accademia di
Prussia , Dionis nella sua N otomia , e Lancisi
1. cit. parlano il primo dell’ aneurisma del cuo¬
re , cioè de* suoi ventricoli, ed orecchiette,
perchè il tronco dell’ aorta ascendente avea solo
mezzo il diametro della polmonaria, ed i suoi
rami anche straordinariamente angusti, trovato
nel cadavero d’ una fanciulla di 18. anni. Qui
1* aorta aveva sole otto linee di diametro ( mi¬
sura parigina ) mentre la pulmonaria ne avea
piu di tredici ; fatto il calcolo le venq pulmo-
narie portavano al ventricolo sinistro una volta
e mezza piu di sangue , che l’aorta non potea
riceverne dai ventricolo medesimo . Il secondo
èi lasciò P osservazione dell’ orecchietta destra
del cuore del signor Dubuisson Capitano di va¬
scello dilatata in maniera , che avrebbe conte¬
nuto il capo d’un fanciullo, piena di sangue
aggrumato , e colla membrana interna qua e là
guernita di ossificazioni. Questo aneurisma era
nato per la violenza, che quel valente uomo si
fece per reprimere un moto impetuoso di col¬
lera.
LXVI. 11 Lancisi finalmente oltre a molti al¬
tri accenna gli aneurismi ereditari, e congeniti,
e adduce per esempio una famiglia nobile in
Rornq , che al tempo dell’ autore contava già il
bisavo , 1’ avo , il padre, e ’l figlio successiva¬
mente , e perfino un ragazzo della terza generar
SESTO
148 CAPITOLO
zione tutti afflitti dalla dilatazione aneurismatica
del ventricolo destro del cuore.
LXVII. Nè meno degno d’essere notato è 1*
aneurisma del cuore di quel marinaro , del quale
il celebre De Haen parla così: il cuore per lo
meno tre volte era maggiore del solito, più lar¬
go alla punta , che alla base : il ventricolo si¬
nistro però aveva mostruosa la sua ampiezza
nella punta più che altrove, e le pareti ne era¬
no sì attenuate, che ivi non rimanea più d’ una
membranuccia biancheggiante , e sottile , che ad
ogni menoma forza cedeva , e laceravasi V, Rat .
medendi par . 4 .cap. 2. §. 2.
LXVIII. 11 più volte lodato Lancisi vide
aneurismatica 1* arteria celiaca, e Ruischio la
mesenterica tre o quattro volte , ma nei cavalli.
Noi vidimo tale 1* emulgente sinistra , come es-
posimo qui addietro, e tale ancora 1*epigastri¬
ca destra, della quale dilatazione ecco in suc¬
cinto la descrizione.
•g=g - -.J - T 7a=gSì£igg - - -==V
A RT ICO LO Vili .
Aneurismi dell* arteria epigastrica destra ,
& delle poplitìe osservati dall* autore .
LXIX. U na donna quadragenaria gracile, bi¬
liosa , già madre di vari figli, per una malattia
medica si rifugiò nello spedale 4> s. Giovanni
dove nel ij6$. morì nel mese di Marzo senza
mai lagnarsi, e senza che uomo si accorgesse
ANGEJOTOMIA I 49
elei morbo , o vizio organico , onde era mole¬
stata . Avendo intrapreso io a notomizzarne i
muscoli dell* abdomine , vidi, che un po po al
di sopra del pube a destra aveva una macchia
di colore piombino , e nericante, senza che vi
fosse elevazione, o tumore sensibile. Questa
macchia era ovale, ed avea cinque buone on¬
de parigine di diametro . Tasteggiandone, la su¬
perficie vi sentii come una spugnosa mollezza,
e nissuna fluttuazione . Sparai a destra un po piu
sul fianco tutte le parti continenti per vedere,
se quello, di che io non conosceva la natura ,
penetrava addentro , e sgorgò dalla apertura molta
acqua fosca ; intanto ritrovai il vizio maggiore
internamente , perchè il peritoneo era sfondato,
e trattesi accanto le intestina , fra quelle iminer-
gevasi con un tumore tutto livido , grosso co¬
me amendue i pugni. Allora spaccai la parete
esterna del tumore , che conobbi essere un aneu¬
risma dell* arteriuccia epigastrica , pieno di san¬
gue aggrumato , che all* intorno erasi rappreso
in lamine polipose di colore simile alla feccia
dei vino , e rendea quella parte spessa piu di
due terzi di pollice. Lavato bene il tutto vidi
molta cellulosa fosca, che sorgeva a fiocchi tra
le fetuccie componenti le lamine aponeurotiche,
onde è avvolta la parte mezzana inferiore del
muscolo retto ; e questo ivi si era molto ap¬
piattito , colle fibre carnose diradate, la maggio?
parte confuse col sacco stesso dell’ aneurisma.
Confusissime ne erano eziandio le aponeurosi
dell’ obbliquo interno , e del traversale, che fa¬
cevano la parete interna del sacco. Questo avea
la massima ampiezza nel centro del tumore, ed
15 0 CAPITOLO SESTO
in basso vi rimanea quasi un pollice d’ arteria
di calibro naturale , che dal di sotto dell’ arco
crurale obbliquamente saliva cominciandosi a di¬
latare dirimpetto all* anello dell’ obbliquo ester¬
no ; si stringeva poscia di nuovo , sicché un po
po sotto dei bellicolo non avea più vizio veru¬
no ; le vene sole quindi in alto erano tumide,
e varicose .
LXX. Il nostro Fantoni (osserv. i.) e Bo¬
netti ( sepolcreto anat. tom. 3 . pag. 55 #.) ad¬
ditano 1 ’aorta aneurismatica immediatamente so¬
pra il luogo, dove se ne spiccano le iliache, e
Marco Aurelio Severino la crurale mostruo¬
samente offesa, e felicemente curata. Un’ altra
del pari aneurismatica la vide il eh. De Haen
nello spedale degli orfanelli dell’ Aja, ma resa
tale da una ferita, per cui 1 ’ ammalato morì .
Ei ne vide al poplite, dove ‘anche noi osser¬
vammo il grave aneurisma del signor Grampìni
Torinese, e quello del signor De Gavend offi¬
ciale nel reggimento Chablaìs .
LXXI. E’ notabile quello , che fu osservato
dall’ immortale Boerhaave al ginocchio d’uno
studente Alemanno, perchè , negletto dall’infer¬
mo il salutare consiglio , che ei gli diede, e la¬
sciatane fare 1 * apertura , quantunque non pul¬
sasse , con tutto crò l’infelice ne morì di emor¬
ragia .
LXXII. E per fino al calcagno nacquero aneu¬
rismi, dove Ruischio (oss. 83 . ) ne accenna
uno grosso come una noce, che preso per tu¬
more d’altra natura da un Chirurgo per altro
molto esperto, costui, perchè non pulsava ,, ne
fece il taglio, uscitone il sangue aggrumato , s
ANGEJOTOMIA /51
fiera emorragia ne insorse, che appena riuscì
con vari tentativi d’ arrestarla.
ARTICOLO IX.
Fallacie nella diagnosi degli aneurismi dimostrata
con due osservazioni .
LXXIIL ^Possiamo ingannarci non credendo
aneurisma un tumore quando pur troppo lo è ,
ma è facile del pari ad ogni incauto ( come io
stesso lo fui ) credere presente un aneurisma,
quando il tumore, che si esamina è di assai di¬
versa natura , ed io non ho vergogna di con¬
fessare lo sbaglio importante, nel quale sono
caduto a questo proposito. Nacque ad un mio
compagno di studio nel R. Collegio delle Pro¬
vincie un tumore , che dal di sopra della cla¬
vicola stendevasi in alto fino alla metà del col¬
lo , sempre a seconda del tragitto della caroti¬
de , elastico, duro, che lento lento cresceva,
e rendea rigidi i muscoli del collo, difficili, do¬
lorosi i loro movimenti, ed ivi gli integumenti
erano di colore naturale , ma tesi , e lucenti .
LXXIV. L’ indolenza, la lentezza nell’ au¬
mento , la pulsazione viva 1 uniforme a quella ,
che sentivasi al carpo dello stesso lato, che per
rendere vie maggiore la illusione pareva fosse
meno viva , meno spiccata di quella del carpo
sinistro , pulsazione , che sentivasi egualmente
forte in tutta 1* estensione del timore, il sito
dove era, l’ansietà, il peso, la tensióne, da
; 5 ! CAPITOLO SESTO
cui sembrava all’ infermo ( pauroso perchè, stu¬
dente di chirurgia ) di essere oppresso, tutto
collimò a farmi giudicare, che fosse un aneu¬
risma ,
LXXV. La prudenza però , e la perizia del
chiarissimo signor Pfnchienati nostro Profes¬
sore, tolse in poco tempo me dall’ errore, e 1 ’
intermo dalla costernazione, in cui la mia poca
cognizione lo aveva gettato . Suggerì che appli¬
cassi sul tumore un empiastro composto col
diachilon , e coll’ unguento della madre , che gli
facessi prendere per otto giorni il decotto di
salsa , che cangiammo poi con quello di guana¬
co , sassafrasso , e liquirizia , e intanto prendes¬
se due bocconcini consistenti in due scrupoli di
mercurio dolce, ed un’ oncia di conserva di
rose rosse al giorno . Da queste^ semplici cose
ricavò tutto il desiderabile sollievo . Fu purgato
due fiate , gli si fregò il rimasuglio del tumore,
( che svaniva ad occhio veggente ) coll’ olio di
lumbrici, e la cura ne fu perfetta mediante 1 ’
applicazione d’ un cataplasma amollitivo, sul
quale spargevasi alcun poco di sale ammoniaco;
nè vi fu altra evacuazione, che accompagnato
abbia il dissipamento del tumore, salvo un ab¬
bondante sedimento di materia in consistenza,
ed in colore affatto simile alla puzza degli asces¬
si benigni nelle urine .
LXXVI. Un altro caso consimile in un uo¬
mo di circa 30 . anni quasi mi fece prendere un
pari sbaglio ; ma la troppo fresca idea dell’ ora
accennato mi vietò di riputare sì di leggieri
aneurisma il tumore grosso quanto il pugno,
indolente, elastico, e pulsatile, che occupava
ANGEJOTOMIA
tutto il destro efùgiugolo, con notabile difficol¬
tà di respiro , e di deglutizione , calori, e do¬
lori alla parte destra del capo , lacrimazione dell*
occhio destro, e rigidezza del collo, benché
fosse anche rimpetto alla carotide , e nascesse
dal di sopra della succlavia : in fatti svanì a po¬
co a poco mediante semplici risolutivi , la dieta,
ed alcuni purganti di tempo in tempo sommi¬
nistrati .
-.
ARTICOLO X.
Osservazioni sui condensamenti di sostanze etero¬
genee , sulla litiasi delle arterie , e sulla
influenza di questa a produrre gli aneurismi .
LXXVIL Passiamo ora alle osservazioni dei
condensamenti di varie specie , che nella sostan¬
za delle arterie ho notati, e della fragilità delle
medesime ; cose, le quali comecché non cosi
trite , non sono però meno essenziali, e saran¬
no per avventura capaci di gettare qualche bar¬
lume sulla recondita natura di questi , e
sulla forse non ancora bene conosciuta genera¬
zione delli medesimi.
LXXVIII. Mentre, che io giva in traccia del¬
la tunica glandulosa delle arterie, fra i molti pez¬
zi, che io ne teneva in macerazione di sogget¬
ti diversi, trovai nell* interno del tronco ascen¬
dente d’una aorta moltissime elevazioncelle ir¬
regolari , piatte , le piu larghe delle quali non
154 CAPÌTOLO SESTO
arrivavano al diametro d’ un lupino ; erano qua¬
si tutte d’un colore rosso intenso » Io le repu¬
tai vere glatiduìe ingrossatesi per qualche malat¬
tia , e volendone investigare la natura, procu¬
rai di separare la tunica membranosa dalla fibro¬
sa , sperando d’ivi appunto discoprire la tunica
suddetta indarno fin allora da me altrove cer¬
cata . Mi riesci di separaré là membranosa, ma
vidi, che nello stesso tempo vi restavano at¬
taccate tutte le menzionate elevazioncelle , e ren¬
dendone disuguale la superficie esterna ne la¬
sciavano liscia l’interna.
LXXIX. Esaminandole con diligenza vidi,
che sono mucchi di sostanza farinosa raccolti
nell’ indebolito tessiuto cellulare, che portava¬
no ( nella specie di follicolo fornito loro da
questo ) sulla faccia corrispondente alla tunica
membranosa un intreccio di vasi pieni di san¬
gue.
LXXX. Il colore di tale sostanza era glauco,
incarnatello, e con 1* ugna se ne distaccavano
briccioline simili a quelle dei veri ateromi sen¬
za che la tunica restasse offesa.
LXXXI. Nell’aorta discendente di quel Gior¬
gio , del quale già abbiamo favellato, perchè
morì pei- un mostruoso aneurisma deli’ arteria
emulgente sinistra, ne ho discoperte moltissime
grosse come ceci, come lenticchie, come grani
di miglio qua isolate , là ammucchiate ; ma in
questa aorta la consistenza, ed il colore ne
erano diversi nei diversi luoghi : le minori era¬
no rosse, o livide ; a misura che apparivano
piu larghe, divenivano glauche, giallognole, e
bianche : le rosse erano molli, le glauche fria-
ANGEJOTOM 1 A 1 55
bili, le giallognole coriacee; le bianche gessate,
o già ossose .
LXXXII. Nell’ aorta discendente v’ era una
quantità innumerabile di punti rossi , lividi, ap¬
punto come sulla pelle de’ fanciulli si manifesta
il vajuolo confluente ; e fin d’ allora giudicai ,
che tutti quei punterelli, quelle elevazioncelle
fossero i primi elementi di tutte le ossificazioni,
cui vanno soggette le arterie ; in fatti in molte
altre arterie ho veduto 1’ accennata gradazione
corrispondente al colore diverso delle stimma¬
te , ed ho sempre veduto questi condensamen¬
ti nella finissima cellulosa, che incolla sulla tu¬
nica membranosa di questi vasi la fibrosa, nè
mai tra gli strati della fibrosa, e ancora meno
per quelli della cellulosa, onde la predetta è
coperta .
LXXXIIL Ho pur anche trovati pezzi di con¬
densamento ossoso, oppure calcareo , larghi
quanto 1’ ugna del pollice , isolati, senza che in
altra parte delle arterie del medesimo soggetto
apparisse verun’ altra stimmata, nè verun’ altra
elevazione , o macchia *.
* Avrò campo di dimostrare altrove come ipun¬
terelli di vario colore , e le differenti elevazioncelle
fili mentovate , sieno veramente i primi elementi
deUà litiasi, delle arterie ( cosa da altri non an¬
cora notata ) ed allora ne esaminerò le diverse opi¬
nioni di parecchi autori , massime dei Ch. ALI E¬
RÒ , WINCELERÒ , e MeCKELIO , il quale ul¬
timo nel fine della sua memoria sulle pietre tro¬
vate in varie parti del corpo umano ( storia dell’
CAPITOLO SESTO
LXXXIV. Ne ho vedute ghermite le arterie
iliache , le crurali, le poplitèe , le succlavie ,
le carotidi, senza che ne apparissero altre ve-
stigie in nissun’ altra parte di tutto quel sistema
arterioso, in una porzione del quale si rav¬
visavano.
LXXXV. Ho trovata ossosa una delle arte¬
rie vertebrali dal foro condiloidèo dell’osso oc-
Accad. del ! e scienze di Berlino 17J4. ) 4 z dove,
parla della porzione dell' aorta ventrale da lui
veduta intieramente parificata dall ’ orifine delC
aorta mesenterica superiore fini? alla sua divistone
per produrre le iliache , si esprìme come siegue
Il canale dell’ aorta situato fra la tunica muscu-
lare, e la nervosa era intieramente fabbricato
di questa materia pietrosa : 1’ apertura dell’ ar¬
teria mesenterica superiore era otturata dalla so¬
stanza indurita fra la sua membrana musculare,
e la nervosa interna , e non vi rimanea di libe¬
ro più d’ un terzo di questa apertura. Verrebbe¬
ro per avventura dal eh. MecKelio accordate alle
arterie due tuniche nervose , una esteriore, e l *
altra interna ? lo non ni ho mai potuto trovare
neppure una sola . Eccone per maggiore evidenza
il testo originale dell* edizione Francese del 1756.
Le canal de l’aorte situò entre la musculaire, S C
la nerveuse, étoit entierement forme de cette
matière pierreuse . L’ouverture de l’artere me-
seraique supérieure étoit bouchée par la substan-
ce endurcie entre sa membrane musculaire , &
la nerveuse interne ; & il ne restoit qu’un tiefs
de cette ouverture de libre . Ved. pag . no. nw;
ANGEJOTOMIA 157
cipitale, al quale il principio di tale ossificazio¬
ne era aderente , fino al ponte del VaROLIO,
dove queste due arterie si anastomosano per
formare un tronco solo.
LXXXVi. Ho veduta ossosa da un Iato solo
di sua periferia , e ossoso tutto il tratto della
carotide interna destra , che si alza fino allo
spiccarsene 1’ arterie oftalmiche, la destra delle
quali in questo ultimo cranio era pure ossosa
fino dentro all* orbita.
LXXXVII. Era pure ossoso il tronco della
coronaria anteriore , o sia destra nel cuore d:
Un soldato, che era aderente al pericardio per
una selva di filamenti tendinosi robustissimi, e
nella parte piu convessa del ventricolo sinistro
avea la superficie conglutinata con il pericardio
medesima per lo tratto di mezzo pollice in lun¬
ghezza , e di lin. 10. in larghezza, mediante
una concrezione spessa un quarto di linea, lu¬
cida , e colorita come le squame de’ piccioli
pesci al di fuori, come le ossa nell’interno, do¬
ve aveva un tubercolato globoso sostenuto da
una specie di collo cilindrico, immerso profon¬
damente nella sostanza medesima del cuore.
LXXXVIII. Quando i condensamenti sono
più larghi , è più facile distaccarli dalla tunica
fibrosa delle arterie, la quale ivi non si vede
quasi mai interessata , salvo quando sono molto
antichi , e molto spessi, perciocché in questo
caso ben sovente la troviamo smagliata.
LXXXIX. Conservo alcuni pezzi delle arte'-
rie crurali d’un paralitico , nei quali si vede un
bizzarro miscuglio di strisele alternativamente
ossose, e fibrose, rappresentanti in certa guisa
CAPITOLO SESTO
la trachea degli uccelli * vale a dire tutta la
superficie esterna della tunica membranosa era
ghermita di sottili, e friabili condensamenti si -
mili all’ osso per lo colore, e per la consistenza;
dalla faccia di tali condensamenti corrispondente
alla tunica fibrosa si elevavano strisele osso se ,
che si erano aperta la strada fra le fibre, o tra
gli anelli, probabilmente a favore della finissi¬
ma cellulosa, che siccome ajuta ad unire tra di
loro gli anelli, o per meglio dire i segmenti,
e le lische fibrose , così ben sovente fa le veci
di matrice alle concrezioni calcaree.
XC. E queste sono state le prime arterie fria¬
bili da me osservate; perciocché siccome le ar¬
terie naturali, e sane si possono premere fra
le dita senza romperle, finché se ne facciano
combaciare, e strofinare insieme le pareti in¬
terne, cosi credeva io di poter fare con que¬
ste , ma non succedeva il combaciamento pri¬
ma che io me le trovassi rotte longitudinalmente
fra le dita ; la quale rottura dovette accadere
perchè la pressione facendone crescere la con¬
vessità sui lati della porzione compressa, la
tutte le tuniche dell’ arteria in quella foggia al¬
terata si rompevano in un tratto. Non cosi suc¬
cedeva dei)’ aorta , nè della pulmonaria, le quali
perchè non erano da tali condensamenti vizia¬
te, io potea premerle a mio talento senza che
si rompessero, prima , che ne riducessi le pa¬
reti interne a combaciamento.
* Di questi ne ho presentato uno alla R. Ac¬
cademia delle Scienze di Tórini?
AN GEJOTOMJA
M 9
.asssSs . = ■v- ggCga -,ji -.• s>
ARTICOLO XI.
Che la litiasi delle arterie contribuisce
alla formazione degli aneurismi.
XCl.Debbo aggiungere intorno alla litiasi
delle arterie, che questa favorisce gli aneurismi.
Mi spiego : 1 * aorta irrigidita da un condensa¬
mento calcareo immediatamente al di sotto dell*
emulgente sinistra, avendone ivi ristretto il ca¬
nale , vi ha dato luogo al mostruoso aneurisma
dell’emulgente suddetta, che descrissiantecedente-
mente : un simile condensamento alla poplitéa è sta-?
to cagione d’un lungo aneu.ris.ma dell’arteria cru¬
rale su per la coscia: uno alla tibiale posteriore
ha prodotto un enorme aneurisma al polpaccio,
del quale darò altrove la storia, e la figura.
XCII. Vale a dire, tali condensamenti fanno
I’ effetto d’una pressione irregolare su un tratto
della periferia dell’ arteria, e costringono per
avventura 1’ impeto del sangue ad aumentarsi
contro la parete opposta al sito del condensa¬
mento , e il sangue a forza d’urtarvi contro ,
e di farne crescere la convessità, smaglia al
fine la tunica fibrosa ? onde ne siegue 1’ aneu¬
risma , che diventa più o meno lungo ed am¬
pio in proporzione e della propria antichità , e
delle altre circostanze di temperamento, di con¬
dizione , e d’ età.
160 CAPITOLO SESTO
XCIIL Seguono più facilmente dove il con¬
densamento è sulla parete opposta al luogo, in
cui l’arteria si appoggia contro un osso .
ARTICO LO XII.
Osservazione sulla fragilità delle arterie .
XCIV. U na malattia non ancora stata de¬
scritta è la fragilità delle arterie nel corpo urna*
no senza che in esse apparisca difetto di strut¬
tura. 11 male è , che questa osservazione può
essere di poco vantaggio , perchè , data, non
si potrà di leggieri conoscere nel vivente, e
conosciuta non sarà cosa facile adattare i ri-
medj per correggerla. Ciò non ostante è una
‘ verità di più scoperta , della quale io sono de¬
bitore al pubblico. La presento dunque a’ Pro¬
fessori miei colleglli, come a persone capacis¬
sime (se altre ne ha la Repubblica Medica) di
renderne evidente 1* utilità, e palpabile il rap¬
porto con le questioni presenti sulla circolazio¬
ne del sangue, giacché gli effetti di questo fu¬
nesto accidente furono da me communicati per
lettere d’Aqui ai Chiarissimi Sigg. CiGNA, e
Brugnone Professori nella Regia Università di
Torino li 28. dicembre 1775., indi c ^* s * 8 m
D. Marino di Savigliano della R. Società in data
delli 2/. dicembre 1776., 18. gennajo, e 15.
febbraio 1777., e questo mio dotto, e gene¬
roso amico ne fece inserire una parte con altre
mie osservazioni anatomiche, e patologiche nei
ANGEJOTOMIA l6t
volumi IV. e V. degli Opuscoli interessanti dì
Torino dello stesso anno 1777.
XCV. Cadde li 14. di ottobre dell’anno 17 yS.
oppresso dal vino Mastro Pietro N. muratore,
da un uiuricciuolo alto poco meno di due tra¬
bucchi, e percuotendo con tutto il corpo sui
sassi, non diede più indizio di vita. Ottenni di
farne trasportare il cadavero nella mia scuola^
dove a tempo debito esaminandolo alla presen¬
za del sig. Dott. Ratti Medico dello Spedale, del
sig. Dottore Bolzoni Vice-Protomedico , del sig.
Dott. Bruni , e di tutti gli scuolari miei, vidi,
che aveva una leggiere contusione al sopracciglio
sinistro, ed una lacerazione al mento pure da
quel lato : ma il torace n* era tutto sconquas¬
sato , perciocché dal lato destro le cinque coste
vere inferiori, e le due prime false, pareano
state peste con una massa ; le quattro inferiori
vere, e le due false vicine erano pure nella
stessa guisa maltrattate ; e a cominciare dalla
cartilagine della prima costà falsa infino alla
seconda vera, tutte le cartilagini erano anche
rotte di maniera , che la porzione sternale ri-
manea coperta dalla porzione attaccata alle coste.
XCVI. Nella cassa del petto a destra vi
era poco o niente di sangue sparso , e poco se
ne trovava nell’ ampia ecchimosi corrispondente
alla frattura comminutiva delle coste ; la faccia
anteriore del pulmone era graffiata, e punta in
quattro luoghi. La cavità sinistra era piena di
sangue, ed il pulmone vi sornuotava rannic¬
chiato .
XCVI 1 . Nel cercare il fonte principale d’ on¬
de avea dovuto sgorgare tanto sangue , vidi rotta
Parte IL 1
1 capitolo sesto
per la sua lunghezza l’arteria pulmonaria sinistra
propio nel gettarsi nel pulmone.
XCVIIl. Evacuato con le spugne il sangue,
c con molt’ acqua lavata diligentemente tutta la
cavità del torace, vidi l’aorta medesima affatto
rotta in traverso come si romperebbe un fresco
ravanello , due dita inferiormente all’ arco , in
guisa che le due sezioni schiette non si toccava¬
no più , e non erano più insieme ligate per al¬
cuno benché minimo filo di cellulosa ; i con¬
torni però erano screpolati, e fessi.
XCIX* Volendo io distaccare l’aorta dalle
parti vicine con lo scalpello, nel comprimerla
fra le dita per sollevarla , sentiva uno sgretolio,
che mi fece accorgere la medesima arteria es¬
sere divenuta fragile come un pezzo di guscio d’uo¬
vo; in fatti io non approssimavà le pareti di questa,
o delle succlavie, o delle carotidi a segno di
farle combaciare, senza vedermene rotti i tron¬
chi sotto le dita nei luoghi , dove la pressione
faceva crescere la convessità del cilindro.
C. Svelto il cuore con i vasi maggiori quan¬
to destramente mi fu possibile, io non osa¬
va premere per nissun verso nè 1* aorta, nè la
pulmonaria per non vederle fesse, e sgretolate.
Spaccai l’aorta per la sua lunghezza, e le for¬
bici tagliandola scrosciavano come se avessi ta¬
gliato pezzi di ghiaccio sottile, o gusci d’uova:
mi avvidi però , che la friabilità , e la fragilità
non erano tanto grandi nelle parti di quest’ar¬
teria confinanti con il cuore , onde non è mera¬
viglia , se le arterie coronarie del cuore si era¬
no mantenute pieghevoli, e naturali. Le altre
ANGEJOTOMIA 15 }
fino ài capo, e fino alle anguinàje erano tutte
fragili, come le emulgenti, la celiaca , ec.
CI. Non ho esaminato i rami più piccioli, ed
imprudentemente non avendolo fatto, ignoro
come eglino si fossero : dovevano pero essere
duri, e fragili , perciocché sovvienimi ( scrissi
pure ai mentovati signori ) ” che alloggiando
„ Mastro Pietro all* albergo della posta di questa
,, città ( Aqui ) egli mi aveva fatto varie volte
,, toccare il suo carpo appunto perchè non vi
„ sì sentia polso veruno; bensì una specie di
„ cilindretto minutissimo , e solido, che debil-
„ mente si movea contro le dita. Una elevazio-
„ ne, ed un abbassamento sincrono a quello
,, dei carpi sentiasi pure sordo, e profondo al
„ collo sui sito delle carotidi.
CII. Non vi appariva nulla di cretaceo , nulla
di cementoso, salvo nelle circonflessioni delle
carotidi interne, sboccando ai fianchi della sella
turchesca dal canale, eh’ è loro scolpito nella
rupe degli ossi temporali.
CHI. Nel ventre aveva molto sangue, e nel
ventricolo , e nelle intestina tanto vino, che gli
usciva schifFosamente per la bocca, e per le na¬
rici. Questo sangue nel sacco del peritoneo era
venuto dalla rottura dei fegato, che aveva tutta
la faccia inferiore divisa in due dalla vena cava
al ligamento falciforme , e la rottura al di dietro
era profonda circa due dita : aveva pure la fac¬
cia convessa del lobo maggiore lacerata irrego¬
larmente , forse dai pezzi, dalle squame delle
coste sfragellate ; tutti gli altri visceri erano ia
ottimo stato.
tÓ 4 CAPITOLÒ SESTO
* ' r . . —..
COROLLARI,
I. Sono prètérnaturali le artèrie del còrpo urna*
no quando i IorO tronchi principali sono in nu¬
mero maggiore, o minore di quello, che s’in¬
contra nella parte più grande dei còrpi ben con¬
formati.
II. Quando hanno il calibro più o meno ca¬
pace del solito , senza che ì* economia animale
sensibilmente ne soffra.
III. Quando, sotto la medesima condizione*
qualche ramo dè’ più importanti $’ è Otturato.
IV. Le arterie sono morbose quando l’eco¬
nomia animale ne soffre perchè alcuna d*esse
è aneurismatica.
V. Perchè vi si raccolgono fra là tunica fibro¬
sa , e la membranosa sostanze farinose, calca¬
ree , gessate, cementose , ossose * petrose , ec.
VI. Perchè sono troppo rigide, e troppo
fragili .
SEZIONE III.
OSSERvAZIONI SOPRA LE VÀLVULE SEMILU*
NARI ALLA RADICE DELL’AORTA, E DELL’
ARTERIA PULMONARIA.
I. I—<a tunica membranosa delle arterie negli
adulti piu facilmente divisibile della fibrosa, se
4 NGEJQT 0 MIA
ne separa fino nel fondo delle valvule 'semilu¬
nari tanto dell* aorta , quanto dell* arteria pul-
monaria, purché si abbia lasciato questi vasi,
e la base del cuore qualche tempo in macera¬
zione .
II. Dal fondo del seno delle valvule la tu¬
nica membranosa medesima si ripiega su tutta
la faccia interna del lembo fluttuante di caduna val-
vula per arrivare all* orlo del lembo stesso, che
trovasi ordinariamente spesso , e robusto a ca¬
gione d* un nastro composto di fibre simili a
quelle della tunica fibrosa.
Ili, Superato quest’ orlo, la tunica suddetta
si ripiega nuovamente in basso per confondersi
con la membranosa, che tappezza l’orifizio ar¬
terioso dei ventricoli del cuore, dopo d’ave¬
re presa fortissima aderenza con quell’orlo car¬
tilagineo -ligamentoso , che vedesi immerso parte
nell’ origine delle arterie, parte nella sostanza
carnosa dalla base del cuore, alla loro super¬
ficie interna .
IV, Dna macerazione piu lunga ci fa cono¬
scere
l , Che la suddetta sostanza cartilagineo-liga-
mentosa forma tre lische arcate per ogni orifi¬
zio arterioso, larghe mezza linea e più, dirette
con il tagliente loro in alto, disposte in manie¬
ra , che le convessità degli archi guardano al
basso la cavità dei ventricoli, lo dubito, che
sieno queste lische i calli stati mentovati da
ALBERO nel Voi. II. dell’ ultima edizione della
sua grande Fisiologia.
%. Che due valvule contigue si toccano, e
si confondono per le loro estremità divergenti^
1 66 CAPITOLO SESTO
in quel sito donde si elevano gli arpioni, che
io descriverò fra breve.
3. Che la tunica interiore delle due arterie
maggiori si modella in conformità del seno pre¬
sentato dalle lische suddette, e ciò tanto nel
concavo delle medesime lische , quanto nel con¬
cavo di parecchi fascetti piatti di fibre nascenti
da vari punti del tagliente delle lische medesi¬
me, e particolarmente sul nastro menzionato
nel §. 2. , sul quale si ripiega nella guisa già
espressa.
A RT ICO LO L
Degli Arpioni delle va.lvu.le semilunari del cuore.
V.Io nomino Arpioni delle valvule semilunari
degli orifici arteriosi del cuore quei tre corpic-
ciuoli, ossia tubercoli, da caduno dei quali pen¬
dono i lembi liberi di due valvule semilunari,
e principiano due lische di quella sostanza car¬
tilagineo-ligamentosa , alle quali stanno attaccati
i lembi fissi delle medesime valvule.
VI. In una lettera da me scritta l’anno 177
al sig. Portal intorno alla scoperta dei tuber¬
coli Aranciani delle valvule semilunari da cotesto
valoroso notomista Parigino attribuita a Vido
Vidio, inclina vasi da me a restituire la gloria
di tale scoperta ad Aranzio , e ad attribuire
quella della scoperta degli Arpioni a VlDlO, e
conchiudeva, che il lodato sig. Portal avrebbe
pQtuto astenersi dal riprendere, il Morgagni
ANGEJOTOMIA 167
del gludicio, che ( da quel notomista peritissi¬
mo , ed imparziale, che egli era ) aveva pro¬
nunciato in favore d’ Aranzio *.
Ora però , che mi ha toccato di nuovamente
esaminare la medesima questione , parmi di ve¬
dere, che VidoVidio nel luogo citato favella
degli sfondi, che si veggono nelle arterie degli
avanzati in età, dietro alle valvule semilunari,
ai quali Valsalva diede il nome di seni ( ve-
dansi le figure ViDlANE della pag. 307.) ed
eccone le parole tratte dalla pag. 303. Vena,
cava , vena arterialis , arteria magna , fóramina
habent ùngula tribus membranis contenta , a quibus
penitus clauduntur .... secundum foramen tres
similiter membranas , 0, habet , ortas a mem¬
brana ipsutn circumdante , et versus ipsam venam
arierialem procedentes , quarum quaelibet in figu-
rdm semicirculi incipit a trunco venae arterialis,
ubi alìquantulum assurgit ; dein crassior reddita ,
dilatatur extra cor , et aliquot tubercula exigit ,
in sublimiore parte cordis impressa : ab his tuber-
culis tres membranae oriuntur ad lunatam figu-
ram , quae nullibi ìnhaerent vasi praeterquam ad
tubercula.
Quindi si vede, che Vidio non aveva sotto
gli occhi, né i tubercoli dell’ Aranzio , nè
gli Arpioni , giacché non se ne trae veruno in-
* Vedi PoRTAL histoire de VAnatomie * et de
la Chirurgie tom. 1 . pag. ó$ 6 ., indi tom. Il,
pag. 1 4 . Morgagni Adversar. Anatom. p. xz ,
et 13. Vidi Vinti de Anatome p. 303. ARAN¬
TI! de liumano foetu pag . 35 , e 36.
,68 CAPITOLO SESTO
dizio, nè dalla fig. IX. della tavola cit. , riè
dalle parti segnate con le lettere o o o in nis-
suna delle due figure nona, e decima: bensì
trarre lo possiamo in risguardo agli sfondi, o
seni mentovati , giacché gli ha precisamente
fatti disegnare al di sopra delle lettere D D D
( poste ài margine del testo ) oltre al lembo li¬
bero di tutte tre le valvule nella fig. X., dove
le lett. oo o sono al di sotto della punta non
mai stata da me veduta della parte mezzana del
lembo fisso delle tre valvule semilunari.
Intorno a questa figura nella pagina suddetta
leggiamo superest os magnai arterìat ,. Habet.
autem tres membranas D y et grandiores , et vali-
diores : ìncìpiunt hae ab ore , et ad vasis cavum
spectant ad figuram spiculorum , quamobrem tri -
glochinas , quasi trisulcas Graeci appellanti ha-
bent sìngulae semicirculi speciem , in cuius medio
est mucro cartilaginosus O deorsum spectans ,
( prego il lettóre d* esaminare queste parole , e
di fissare rocchio sulle parti segnate o o o nella
fig. X.) , in ventriculum cordis sìnistrum , in quem
sìmiliter spectant latera semicirculi mucronata ,
Anche qui con le parole in cuius medio est
mucro cartilaginosus sembrano stati da VlDlO
accennati i tubercoli d’ Aranzio ; eppure le por¬
zioni delle valvule segnate ooo nella fig. X.,
e la segnata ooo nella fig. IX sono (come
dissi )-precisamente certi angoli rarissimi ( io non
gli ho mai veduti ) che il lembo fisso delle val¬
vule semilunari fa in basso ; per li quali angoli
espressi qui da Vidio come costanti , egli è
giustamente incorso nella censura di Allero.
ijy CETO TOMI A 169
Certa cosa è dunque, che VidiO non ha co¬
nosciuto , e per conseguenza non ha descritto
nel testo, o nella spiegazione, delle figure , i
tubercoli dell’ Aranzio , sebbene sembri, che
il suo disegnatore gli abbia veduti sul lembo
libero di tuttettre le valvule dell’aorta, giacché
ha espresso nella fig. X. assai superficialmente
un certo inarcamento sull* orlo delle valvule
stesse ; ma degli Arpioni non \>i si scorge ve¬
runo indizio da chi non mira queste parti con
occhio parziale , come non sono state vedute
da coloro, che da me non erano stati avvisati
potersene forse trarre qualche notizia poco fon¬
data dalle parole , eh’ io peramore della verità
ho copiato il primo dall* opera iodata di ViDO
Vidio.
VII. Ogni Arpione, che , (.come abbiamo detto).'
è comune a due valvule, è assai più rilevato
in alto , dove serve a fissare l’angolo dei lembi
liberi delle medesime ; indi si divide in due
gambette divèrgenti in basso , d’onde incomin¬
ciano le estremità delle lische cartilagineo-liga-
mentose ì ed ecco le descrizioni, che ne ebbero
da me i lodati sig. Cigna , e Brugnone per
lettere delli 28. ottobre 17 jJ. Due valvule se¬
milunari nàscono per. cosi dire da un punto solò
della parte interna del,principio delle arterie aor*
ta , e pulmonana ; vanno C una a destra , e Cal»
tra a sinistra cori il lembo libero , finché quello della
destra va a finire nel punto , dov* è fisso alla de -j
stra il lembo libero della valvola posteriore : lo
Stesso lembo della sinistra va a fissarsi nel punto *
che dà attacco alla, estremità sinistra del lembo
libero della suddetta valvula posteriore . Ora questi
17P CAPITOLO SESTO
punti sono occupati da altrettanti tubercoli , che
in alto si rassomigliano ad un me^o grano di
or%o: in basso poi , dove questi sono piu larghi , ogni
tubercolo ( che io nomino Arpione) ha due piccioli
arpioncini , ciascuno dei quali dà attacco alla
punta £ un lembo libero d'una valvula. Di questi
Arpioni dunque ve n t* ha tre per ogni orificio ar¬
terioso alla base del cuore , uno situato al dinan¬
zi , e gli alni due posteriormente , il che basta a
mio parere , perciocché gli arpioncini sono appen¬
dici degli Arpioni.
Vili. Per maggiore chiarezza torneremo a di-
re, che da ogni arpione si allunga divergendo
in basso una coppia di forti lische cartilagineo-
ligamentose, fisse tanto nel margine dell’orifi¬
cio arterioso , quanto nell’ orlo prossimo carnoso
della base del cuore.
— »
ARTICOLO 11.
Le fibre osservabili nelle valvule
semilunari del cuore .
IX. Dal margine tagliente delle lische sud¬
dette partono molti nastri di fibre traversali,
coperte dalla doppiatura della tunica interiore
delle arterie, oltre a quelle, che abbiamo già
indicate al §. IV. Questi nastri sono sottili, e
descrivono paralellamente una curva per adat¬
tarsi alla convessità del seno membranoso ivi
fatto dalla tunica mentovata 9 sono sempre più
'ANGEJOTOM 1 A Ì71
lunghi , e spessi, quanto si trovano più vicini
all* orlo delle valvule.
X. Anzi quest’ orlo avendo nel mezzo di sua
lunghezza traversale il tubercolo dell* Aranzio,
questo fa le veci d’un tendine mezzano, dal
quale si allungano per fianco le fibre superiori;
sicché ne risultano in molti cadaveri elegan¬
tissimi muscoletti biventri, i quali vanno poi a
terminare con un solo cordoncino (chetalvolta
è una fettuccia larga un quarto di linea) negli
àrpioncini, o nel margine tagliente delle estre¬
mità della lisca cartilagineo-ligamentosa.
XI. Le fibre inferiori ben sovente si trovano
appese, e colligate con le superiori, mediante
certe briglie , o freni della stessa loro natura,
lo che dà robustezza maggiore alle vàlvule .* e
non sono soltanto più brevi, quanto più si tro¬
vano al basso , cioè verso il fondo del seno della
valvula, ma sono anche più rare ; e nella parte
più vicina al cuore talora mancano affatto , onde
ivi la tunica membranosa sola, da tali fibre non
avvalorata, rimane sottile, e trasparente tutto
che doppia.
ARTICOLO ìli .
Il numero , e ' la situazione dei tubercoli
dell' Aranzio , e degli Arpioni .
XII. I tubercoli dell’A ranzio non sono sem¬
pre simili non solo in tutti i soggetti , ma nem¬
meno in tutte le valvule del medesimo orificio
I 7 Z CAPITOLO SESTO
arterioso d’un soggetto stessa ; perciocché in al¬
cuni sembrano grani di miglio , in altri formano
una picciolissima luna crescente, e piatta; qui
rappresentano un triangoletto solido , qui una pi-
ramidetta ec. ec., e nello stato naturale sono
sottili, duretti, elastici, lunghi in traverso me¬
no di due linee, larghi, ed alti al centro mezza
linea, o poco più.
XIII. Tanto gli arpioni , quanto i tubercoli
sono d’inestricabile struttura , duretti, e promi¬
nenti, e la tunica membranosa delle arterie lorp
è si strettamente unita, che è vano sperare,
dopo qualunque macerazione , e diligenza , di se¬
paramela intiera.
XLV. Ho detto, che le valvule sono ordina¬
riamente tre per tronco arterioso alla base del
cuore ; in fatti leggiamo negli Elementi di fisiologìa.
di Allero, che Cassebomio solo ne ha tro¬
vato quattro. Io però nel tronco unico dell’aorta
doppia, che qui è stata descritta *, e dissegnata,
ne ho trovato cinque, simili affatto d’ampiezza, e
di struttura alle meglio formate, conseguente¬
mente cinque furono in quel tronco gli arpioni,
e cinque i tubercoli al lembo libero di caduna
valvula,
XV. Le valvule erano disposte due al da¬
vanti , una al di dietro, e due lateralmente a
destra, e a sinistra.
XVI. Gli arpioni si vedevano uno al davanti
un po’ po’ sul fianco sinistro, e a sinistra del
medesimo, cioè nel vicino angolo della valvula
* Pag. 119 , e seguenti.
ANGEJOTOMIA 173
anteriore sinistra usciva l’arteria coronaria sini¬
stra , o posteriore : quattro poi erano collocati
in distanze regolari determinate, due a destra,
e due a sinistra , e tra i due destri, un po’ po’
verso l’angolo anteriore della valvula mezzana
destra, nasceva l’arteria coronaria anteriore.
« fcgaaj i Mima a., 1 .. “t—fu ■ ■ j»
ARTICOLO IV.
Alcuni esempi delle difformità , cui vanno soggette
le valvole semilunari •
XVII. I^echerò qui pure alcuni esempi di strane
difformità da me osservate nelle valvule , enei
tubercoli dell’ aòrta , giacché nell’ arteria pulmo-
naria ( tranne maggiore debolezza, maggiore
sottigliezza , e qualche raro smagliamento ) non
ho mai osservato difetti, nè tanto frequenti, nè
tanto essenziali.
OSSERVAZIONE I*
De’ vili delle valvule , <P un polipo nell* aorta ,
e delle tuniche del canale toracico .
XVIII. In una vecchia morta d* ascite le
valvule dell’aorta erano tre rozzi bernocoli sar-
comatosi , néri, morati, poco flessibili, quasi
affatto prive delle solite concavità , o seni. Tutte
le ineguaglianze, che le difformavano, erano
fatte dal condensamento di sostanza gessata
contenuta in altrettanti sacchetti della membrana.
I 7 4 CAPITOLO SESTO
che con la sua doppiatura forma le valvule.
Non vi si vedeano più fibre, tanto era il nero
sangue, che si era condensato nei vasellini at¬
torniami gli accennati sacchetti. Gli arpioni erano
ascosi sotto quelle disuguaglianze, però sani :
i tubercoli Aranziani erano malfatti, massime
il posteriore, che era grosso come il mignolo ,
giallo, in consistenza simile al cemento, ber-
nocoluto, e friabile : gli altri due arpioni erano
spinosi, duri, grossi, come piselli, e neri co¬
me il resto delle ineguaglianze delle valvule ,
alle quali si appartenevano.
XIX. In questo cadavere osservammo per la
prima volta un polipo biancastro, flagelloso, il
quale principiava dalle ora descritte valvule se¬
milunari ( al seno , e alle difformità delle quali
era aderente per lo suo principio) estendendosi
giu per l’aorta discendente, non eravi dirama¬
zione arteriosa , dalla quale non traesse qualche
radice, neppure eccettuate le più infime delle
gambe, e de’ piedi, perciocché avendogli io
tenuto dietro con lo scalpello infino nelle cru¬
rali, al di sotto defilamento F alloppi ano ,
e quindi proccurato d* estraerlo, ne ebbi molte
radici, ma con le parti loro più sottili tronche,
e mozze in guisa, che si capiva nei vasi piu
minuti esservene rimaste le estremità.
XX. E qui pure trovai molto più grande, e
spesso, e in due tuniche proprie facilmente di¬
visibile il canale toracico, e la cisterna chilare,
come ho potuto notare nella maggior parte degli
idropici.
ANGEJGTDMIA
*75
OSSERVAZIONE IL
De' vi^i , dì' tubercoli ArANZÌANI .
XXI. In un’altra donna ho trovato grossi,
duri , bernocoluti i tubercoli, ma liberi, natu¬
rali , e ben formati i seni delle valvule dell’aorta.
OSSERVAZIONE III.
Dell' ossificazione delle valvule dell' aorta
in tre soggetti differenti.
XXII. Io credea sommamente raro 1 * esempio
della ossificazione , e del conglutinamento scam¬
bievole delle valvule dell’aorta recatoci nell’os¬
servazione 69. dall* immortale Ruischio. * ;
ma la frequente apertura dei cadaveri mi ha
convinto darsi nei corpo umano difformità, e
disordini assai più strani, e più frequenti di quelli,
eh’ uomo suole immaginarsi , e specialmente in
queste dilicate recondite parti ; ho dunque ve*-
* Centuria observat. chirug. anatomie, obs. 69.
fig. 57., dove non si capisce , che diramazione
avesse quell ’ aorta , essendo disegnato in C un
grosso ramo sotto il nome di parte dell’arteria
grande ascendente. Non lo spiega nella osserva¬
zione (vedi pure A età Medie. Berolin. voi. 3.
pag. 57 , e Lieutaud sepulchr. II. pag. 40 , 44,
45, Finalmente Allero de part. corp. human .
JFabrica et functionìbus Tom. 11 . p. 168 , 169. )
1 7 6 C A PISOLO SESTO
duto in un settuagenario , ( trovatosi inaspetta¬
tamente morto nel suo letto ) il quale era stato
da lungo tempo soggetto a palpitazioni, e de-
liquj, e che avea costantemente avuto i polsi
debolissimi, e minutissimi, ho veduto , dissi ,
le valvule dell’ aorta difformi a segno, che ap¬
pena si capiva da uno de’ suoi fratelli, Dottore
di Medicina, e da me, come mai potesse dal
ventricolo sinistro del cuore passare in quell’ ar¬
teria un nastro di sangue superiore in larghezza
a due linee, ed in ispessezza a mezza linea.
XXIII. Era stato quel cadavero da me aperto
ad istanza de’ Medici della cura, e già dispera¬
vamo di rinvenire la causa organica della mor¬
te , e degli incomodi accennati da tempo così
lungo sofferti ; ma avendo io introdotto l’indice
giù per lo tronco dell’aorta ascendente verso il
cuore, trovai un corpo solido disuguale, che
opponeva un ostacolo quasi invincibile al di¬
io , con il quale io tentava di penetrare nel
ventricolo . Avendolo però già longitudinal¬
mente spaccato , lo tagliai tutto in traverso po¬
che linee al di sotto della radice dell’aorta, e
mirandovi dentro , e tasteggiandovi con 1* indice
dell’altra mano insinuato per il cavo del ven¬
tricolo , a seconda del corso naturale del san¬
gue , ravvisai la mostruosità delle valvule semi-
lunari , che ora sono per descrivere.
XXIV. Non restava a questi organi altro di
membranoso, fuorché l’orlo puro del lembo
libero ; tutto il rimanente del seno era occu¬
pato da un cemento durissimo, che viziava la
sola sostanza delle valvule, e poco , o nulla non
interessava la sostanza dell’arteria.
ANGEJOTOMIA I yy
XXV*. Ne ho conservato un pezzo simile pa¬
recchi anni ; finalmente passò nel museo del lo¬
dato sig. Dottore Marino ; ed ivi non sola¬
mente si vede bernocoluta, e difforme la faccia
delle valvule , che corrisponde all’ arteria , ma
tale pure la inferiore, che è rivolta verso il
ventricolo sinistro del cuore, dalla qual parte
però non havvi tanta quantità di bitorzoli ; anzi
vi rimane un certo sito descrivente una curva
irregolare, per lo quale potea venire spinto il
sangue verso la semilineale bislunga apertura,
simile in certo modo alla fessura delle piu an¬
guste glotidi umane.
XXVI. La radice dell’ aorta era pur anco resa
ineguale esteriormente in tre luoghi distinti da
altrettanti tubercoli ossosi, il piu grosso dei quali
corrispondeva al seno della valvula destra, cin¬
que linee inferiormente al sito, d’onde si spic¬
cava l’arteria coronaria anteriore.
XXVII. In questo cadavero notai, che 1 * ar¬
pione anteriore si trovava propio in mezzo allo
spazio, che v’ ha tra i due tronchi delle arterie
coronarie, i quali ivi nascevano uno a destra ,
ed uno a sinistra nei termini del terzo anteriore
della periferia dell’aorta: quell’arpione serviva
alle valvule semilunari destra , e sinistra , i lembi
liberi delle quali erano in questo corpo d’ es¬
tensione diversa, perciocché quello della val¬
vula sinistra era lungo lin. 15 , quello della de¬
stra /o; e poco più d’otto linee il lembo li¬
bero della valvula posteriore.
XXVIII. Quindi si capisce, che la valvula
semilunare sinistra (non tanto difformata da con¬
crezioni calcaree , come le altre due , che aveano
Parte II. m
iy8 CAPITOLÒ SESTO
poco, o nulla di seno ) occupava da se sola
quasi tre quinti della periferia , anzi del voto
dell’ aorta.
XXIX. Giova ripetere, che mentre le parti
erano molli, i bernocoli rendevano la fessura ,
che vi rimaneva per lo passaggio del sangue
dal cuore nell* arteria, uguale ad un nastro *,
che abbia mezza linea di spessezza , e sia largo
poco più di sette linee.
XXX. Fra gli arpioni inoltre quello , dal quale
pendevano i lembi della valvula destra, e della
posteriore, era così difforme a cagione d’ un
condensamento calcareo, che dal pariete dell*
arteria sporgeva sette linee + i .* a. verso l’as¬
se, ed al pariete era largo lin. 3 -f-1 : 2 ; verso
F asse del vaso era largo mezzo pollice, ed
aveva poco meno, che linee 5. di spessezza.
XXXI. Il più difforme fra i tubercoli Aran-
ziani era quello della valvula sinistra, veggen-
dovisi un cemento , che avea quattro buone li¬
nee di spessezza.
XXXil. In un’ altra aorta, che aveva alle
sue valvule, e alla sua radice concrezioni, e
difformità analoghe allo ora descritte , ' l’apertu¬
ra , che si osservava fra dette valvule, verso
la cavità dell’aorta, era lunga lin. 15 , mentre
che tutto il membranoso era fresco, ed arren¬
devole , e dal tubercolo Aranziano della val¬
vula sinistra all’ arpione della destra, e della po-
* Vcdi Opusc. interessanti Torinesi anno 1777.
volum. ir. pag. 8 5.
A N G E J OT O M I A lyg
steriore, vi rimaneva appena libero lo spazio
di due linee.
XXXIII. Egli è vero, che tutta la fessura
era alquanto piu larga verso il ventricolo, e
che la valvula sinistra si poteva allontanare una
linea al più dalle immobili destra, e posterio¬
re , alle quali la valvula sinistra qui corrispon¬
deva , perchè gli arpioni anteriore, e posteriore
sinistro , che sostenevano quella, non avevano
sofferto considerabile alterazione : ciò nulla os¬
tante la colonna di sangue, che vi potea pas¬
sare dal ventricolo sinistro del cuore , era tanto
picciola, ch’io mi sono maravigliato, come e
in questo soggetto, e in quello dell* osserva¬
zione precedente, il ventricolo stesso non siasi
dilatato oltre alla capacità sua naturale, e ordi¬
naria , come leggo presso il chiarissimo Mekel
essere avvenuto in un uomo notomizzato da
lui, perchè 1* aorta alla sua radice era più an¬
gusta del consueto.
XXXIV. Ebbi dal sig. TegHilli chirurgo col¬
legiate , e Professore di chirurgia in Chieri , un
frammento dell’aorta d’un vecchio stato spa¬
rato da lui, nel quale si scorgono pure ossifi¬
cate, o per meglio dire difformate da simili con¬
gestioni calcaree tuttettre le valvule semilunari ,
e i loro lembi liberi talmente avvicinati all’
asse dell’ arteria , che sembra essere quasi 'affatto
intercetto il passaggio del sangue dal ventricolo
sinistro in quell’ arteria.
XXXV. Ivi ho notato però, che tutto il
pezzo circolare dell’ aorta era ancora dilatabile ,
e pieghevole in ogni senso ; che le valvule erano
l8o CAPITOLO SESTO
molto mobili su gli arpioni, i quali ne erano
stati poco, o nulla alterati.
■ ■ ■■■ ■■■■ ■■
ARTICOLO V.
Digli smaglìamentì , ai quali queste valvule
sono soggette .
XXXVI. INFon poche volte ho trovato il seno
delle valvule semilunari dell* aorta smagliato a
guisa di rete lacera.
XXXVII. Due volte sole ho veduto Io stesso
smagliamento nelle valvule dell’arteria pulmo-
naria , una in un defunto per tubercoli, e cal¬
losità ulcerose, che ne difformavano atnendue
i pulmoni ; ed un’ altra volta nel cadavere di
uno scarpellino , e segatore di pietre, nelle cel¬
lule dei pulmoni del quale ho trovato cilindretti
petrosi, quasj altrettante stalattiti , modellati
proprio nelle cellule pulmonarie, delle quali
aveano l’elegante figura.
< 3 == --
COROLLARI
I. I_te valvule semilunari sono ordinariamente
tre per orificio arterioso alla' base del cuore ,
situate una a destra, una a sinistra ,/ e l’ altra
posteriormente , composte di nastri dì fibre piat¬
te, coperti dal raddoppiamento della tunica mem¬
branosa delle grandi arterie.
ANGEJOTOM 1 A /8#
II. Il seno di tutte le valvule sigmoidèe alla
base del cuore è più, o meno capace, secondo
che il pariete corrispondente delle arterie ha
uno sfondo piu, o meno grande , e profondo.
III. Questo sfondo, che manca nei fanciulli,
ed è superficialissimo negli adulti, ha certe volte
una profondità mostruosa nei decrepiti.
IV. Le valvule semilunari hanno tutte
1. Un lembo libero ad orlo piu robusto del
rimanente della valvula.
2. Un lembo fisso ad orlo cartilagineo-li-
gamentoso, immerso parte nella origine delle
arterie, parte nella sostanza carnosa medesima
della base del cuore,
3. Un angolo per lato, donde si allungano
tanto il lembo libero, quanto il fisso.
V. Cadun angolo parte da un tubercolo car-
tilagineo-ligamentoso simile ad un mezzo grano
d’ orzo in alto , bifido in basso, detto da me
Arpioni , e gli arpioni sono tre per caduno
orificio arterioso.
VI. Benché non sia costante la situazione
degli arpioni , perchè l’ampiezza delle valvule
semilunari non è sempre uguale , sono per 1’ or¬
dinario tuttavia uno anteriore, e due diretani,
uno a destra, e l’altro a sinistra.
VII. Nel mezzo dell’ orlo del lembo libero
d’ogni valvula semilunare agli orificii arteriosi
del cuore vi è sempre un tubercolo quasi car¬
tilaginoso , triangolare, stato meglio descritto
dall’ Aranzio , prima che da nissun altro ana¬
tomico , onde a giusto titolo ne porta il nome.
iBl CA P I T O LO SESTO
Vili. I tubercoli dell* Aranzio sono più di¬
stinti nelle valvule dell’ aorta , che in quelle dell’
arteria pulmonaria, ma in ricompensa
IX. I tubercoli dell’ arteria pulmonaria non
vanno soggetti a cangiamenti, a difformità cosi
strane , come quelli dell’ aorta .
X. Anche le valvule semilunari sono soggette
in tutte le parti loro a difformità, a difetti nu¬
merosi , ed importanti , massime a concrezioni
calcaree , ossose , a diversità d’estensione , e di
numero , ad immobilità assoluta , a smagliamen-
ti ora delle sole fibre carnose, ora di tutta la
loro sostanza .
SEZIONE IV.
OSSERVAZIONI SULLE VALVULE TRICUSPIDALI
NEI VENTRICOLI STESSI DEL CUORE.
I. I multiplici tendini procedenti dai muscoli
papillari, e dalle colonnette del cuore umano a
misura , che si allungano nei ventricoli, si di¬
ramano , s’ intrecciano a guisa di rete, e final¬
mente disfacendosi a foggia di plessi, si allar¬
gano a zampa d’ oca confondendosi tutti insie¬
me per formare un anello aponeurotico sempre
più robusto, quanto più si accosta alla base del
cuore, dove si pianta d’intorno agli orificj au-
rìculari, nell’ orlo dei medesimi confinante con
i ventricoli, e nella vicina parte della radice
delle arterie, aorta, e pulmonaria.
ANGEJ 0 TOM 1 A 183
li. Tutta la faccia auriculare degli anelli apo¬
neurosi descritti è coperta d’ un tenuissimo epi¬
telio dipendente da quello , che tappezza il cavo
delle orecchiette, F altra faccia lo ha comune
con quello, che tappezza i ventricoli deteuorè»
e la cavità delle arterie
III. La valvula auricuiare destra è molto più
debole , più corta , e più stretta della sinistra,
la quale fa d’intorno al foro auriculare un lar¬
go , lungo, e robusto lembo frastagliato, ordina¬
riamente in nissun luogo meno alto di quattro
linee, se prendesi ad esaminare il cuore d’ uno
adulto di bella corporatura .
A RT ICO LO /.
Del vari plani aponeurotlci , che formano gli anelli
valvulosi degli orificj aurlculari del cuore.
Q uesto lembo , che è una continuazione
dei tendini procedenti ( come abbia¬
mo già detto ) dai musculi papillari, non è già
semplice, ed uniforme, che anzi vari tendini
gettandosi F uno dietro all’ altro in una stessa
parte , e distendendosi a foggia di tele aponeu-
rotiche : tutte queste si uniscono dopo uno piu
o meno breve tragitto in alto, e formano un
piano solo assai più robusto.
V. Ve ne ha in certi luoghi quattro strati, e
i più lunghi di questi sono verso la parete del
cuore, di modo che il piano della valvula cor¬
rispondente alla imboccatura dell’ orecchietta è
184 capitolo ses to
molto liscio, ed uguale, tuttoché il corpo, che
corrisponde al pariete del ventricolo ne sia fi¬
lamentoso , e frappato .
VI. La stessa disposizione si vede sulla val-
vula auriculare destra , e le espansioni aponeu-
ròtiche a zampa d’oca restano ivi pur anco per
un tratto notabile distinte dal vero lembo val-
vulare del piano , la superficie del quale è con¬
tinua con quella della canta dell’ orecchietta.
ARTICOLO IL
11 numero , e la disposizione dei musculi
papillari nei ventricoli del cuore,
VII.Commetto le notizie , che potrei dare deh
la disposizione delle fibre carnose del cuore , e
delle orecchiette, e dei vizi , ai quali ho tro¬
vato questa sostanza in viscere tanto mirabile
soggetta, per affrettarmi di favellare dei muscu¬
li papillari, il numero dei quali ne* ventricoli
del cuore umano cangia notabilmente nei diver¬
si soggetti, e a segno, che ho veduto questa
varietà passare dai due ai dieci nel ventricolo
destro, dai due ai cinque soltanto nel sinistro .
Vili. Anzi mentre eh’ io notomizzava a que¬
sto proposito , e per darne positiva notizia al
signor Giuseppe Verna Dott. di Medicina, il
cuore strasordinariamente picciolo d’ un adulto
morto d’idropisia ,*e di cangrena delle intestina,
vi ho trovato un solo musculo papillare nel
.ventricolo destro, il quale musculo gettava tre
ANGEJOTOM 1 A I$5
papille carnose, donde avevano origine setran-
tadue tendinucci tra principali, e subalterni , i
quali con le loro espansioni aponeurotiche pro¬
ducevano F anello valvuloso della orecchietta
destra .
IX. Nel ventricolo sinistro aveva sette mus-
culi papillari, tre de’ quali avevano confusa in
un medesimo sito F origine, e tra tutti produ¬
cevano cento vent’ otto tendinucci tra principa¬
li, e subalterni.
X. Non tutti i tendini subalterni finiscono in
un plesso distinto per contribuire a formare gli
anelli valvulosi ne’ pezzi di tela aponeurotica col¬
locati a strati, perciocché fu sol uno il cuore
negli anelli valvulosi del quale io abbia in tutto
numerato trentadue pezzi di tela aponeurotica
distinti , e nei molti altri cuori notomizzati da
me, d’ ordinario non ne contai piu di ventiquat¬
tro , di venti, di diciotto, e fu pure uno solo
il cuore d’un adulto a • questo fine esaminato,
dove ne vidi soltanto sedici .
XI. Molti tendini dopo d’ essersi diramati van¬
no tondi, e robusti a finire seccamente nel lem¬
bo inferiore degli anelli , ed alcuni intreccian¬
dosi bizzarramente con le diramazioni d’ altri
tendini formano reti, e maglie irregolari.
XII. Sovente dai muscoli papillari partono al¬
cuni tendini, che in vece di portarsi all’anello
valvulare si immergono nella sostanza del cuore
medesimo , cioè nei parieti carnosi dei ventricoli.
i $6 CAPITOLO sesto
ARTICOLO III.
-1 vi%ì i che T Autore ha incontrato negli
anelli valvulos't .
XIII. N on ho mai trovato cuore mancante d*
anello valvuloso ad alcuno degli orificj acicu¬
lari , ma ho incontrato anelli di cosi poca al¬
tezza , che appena potevano chiudere la metà
dell’ orifìcio, il lembo libero non essendo altro,
che maglie , e reti incapaci di porre argine alla
caduta del sangue dalle orecchiette nei ventrico¬
li, quando la contrazione dì questi, e 1* obbli-
terazione della loro cavità sufficientemente non
vi si avesse potuto opporre.
XIV. Non ho mai veduto anello valvuloso
perfettamente calcareo, ed immobile ; vidi però
il pezzo d’anello pendente dall’ aorta nel ven¬
tricolo sinistro a guisa d* un cemento triangolare
irregolarissimo pendere dall’ origine dell* arteria
medesima per alcune radici pure cementose , dif-
formanti quella porzione d’arteria, e con le sue
punte irregolari, coperte d’una sottile membra¬
na , dare attacco a’ tendini delti due musculi pa¬
pillari più grossi.
XV. Questo pezzo di sostanza calcarea duris¬
simo è largo un pollice, ed alto linee io -f- I
: t , spesso nel mezzo linee 8, e viene assot¬
tigliandosi verso le estremità di sua lunghezza
a segno di non avervi più mezza linea *.
* Vedi Opusc. interess. Torinesi 1777. voi.
IV . P ag . 86.
ANGEJOTOM j a 187
XVI. Ho pure veduto due ossi irregolarmen¬
te semilunari formatisi nel cerchio d’amendue
gli orificj auriculari *, contenuti nella sostanza
medesima degli anelli, altronde naturali : uno era
sottilissimo, alto nel mezzo poco meno di quat¬
tro linee, avea la figura dell’ osso joide,conle
corna sottilissime, piatte , ed acute, distanti di¬
ciotto linee ; il seno erane profondo linee 7., e
F altro assai più sottile , meno concavo , e meno
largo, avea le estremità distanti linee io.
XVII. Ho pure conservato lungo tempo tut¬
to lo spazio della base del cuore, onde sono
sostenute le orecchiette *2 , e i tronchi arterio¬
si , affatto ossoso , ma per la sottigliezza delle
sue parti ancora flessibile, e dotato di qualche
elasticità .
* Luigi Vi&el nella Storia del Conestabile Del¬
le Dighiere Tom. il. pag. 3861 387 .dice, che essen¬
done. stato il cadavero sparato dal Qfio Cerusico
Ognissanti Zoluotto alla presenta de' suoi
Medici Villanova ) e Tardy , e di più di
trend altre persone, quando venne ad estrarne il
cuore dal torace , sentì nel maneggiarlo qualche
cosa di duro, e di acuto , che gli pungeva Uma¬
ni, e ne trovò la patte superiore, cioè la base ,
attorniata , come da una corona , da un osso spi¬
noso .
*i Vedi Opusc. interess. Torin. #777. voi.
IV. pag . 86".
l88 CAPITOLO SESTO
ARTICOLO IV.
Dei vi%i , cui va soggetta la sostanza medesima
del cuore .
XVIII. Ilo già notato, che il cuore medesi¬
mo nel suo proprio tessuto carnoso non va sem¬
pre esente da’ viziosi adunamenti di sostanza
calcarea , posciacchè ne ho recato 1* esempio d*
un soldato, sul cuore del quale io aveva poco
tempo fa scoperto questo vizio : ora trovo fra
le osservazioni state raccolte da me nello spe¬
dale di s. Giovanni di Torino l’anno 1771.
quella d’un paralitico, nel petto del quale il
pericardio era pure aderente alla superficie tutta
del cuore per filetti, che parevano tendinosi.
XIX. Aveva nella parte più carnosa, presso
alla base del ventricolo sinistro , una durezza ,
che futnmi impossibile di recidere. Per cono¬
scere che c<g^ fosse scavai tutt’all’intorno mol¬
to profondamente nelle fibre carnose ( giacché
quindi era vano sperare di staccare il pericardio
senza lacerarlo , e reciderlo, tanto forte era P
aderenza, che intorno a questo corpo il peri¬
cardio avea contratta con le fibre carnose del
cuor istesso ) e vidi, che era un calcolo largo
mezz’oncia, disuguale *, duro, fatto di moi-
* Vedi Opusc. interess. di Torino ann. 1777.
voi. ir . pag. 86.
ANGEJOTt>MlA 1 8 $
tissime lamine somiglianti al marmo di vario co¬
lore , sendovi lamine grigie, altre biancastre ,
altre del colore della madreperla , tutte livide ,
forbite , e brillanti. Aveva pur anco questo cal¬
colo nella sua faccia interna un picciuolo roton¬
do, che serviva come di collo ad un bottone.
ossoso , biancastro interiormente, macchiato di
rosso all’ esterno , grosso, e tondo come un
pisello , tutto immerso nella sostanza suddetta
del cuore.
XX. Verso il setto-medio vicino alla punta
del ventricolo stesso incontrai due altri incro¬
stamenti squamosi, e lucidi, ma assai più sot¬
tili , più piccioli, e più stretti, conseguente¬
mente fissi nella carne del cuore meno profon¬
damente , dove lasciarono due fossette superfi¬
ciali , vedendosi ivi mancante , e rotta la so¬
stanza carnosa, come era mancante nel sito
stesso quella del pericardio , che non contene¬
va stilla d’umore.
XXI. Quattro altre volte ho ritrovato il pe¬
ricardio aderente per filamenti robusti al cuore,
e privo d’ ogni sierosità . *
*i Non solamente presso gli Scrittori di esser-
vaiioni moderni si leggono esempi di cuori co¬
perti di filamenti simili agli accennati da me ,
fra i quali non e da tacersi ^RVEO , ma ezian¬
dio presso gli Storici antichi , quali sono PLi¬
ti IO , e PLUTARCO , ne abbiamo indiij in quei
casi , nei quali parlano de ’ cuori pelosi , percioc¬
ché in Leonida re di Sparta , quegli , che fu
ucciso alle Termopile , in ERMOGENE , ed in
A RISTO mene MeSSENIO e stato trovato peloso
questo viscero.
I CfO
CAPITOLO SESTO
ARTICOLO V.
Osservazione delP ossificazione di tutto il cuore
in un’ anitra selvatica.
XXIL C^^ueste ossificazioni, e questi cemen¬
ti però sono un nulla rispetto a’ vizj , che ho
avuto occasione di notare nel cuore tanto de¬
gli uominiquanto degli animali ; e per tutti
quelli, che potrei addurre, sono sicuro , che
basterà descrivere lo stato di questa viscera im¬
portantissima in un’ anitra selvaggia , stata uc¬
cisa sotto gli occhi miei sul fiume Bormia vi¬
cino a Terzo in Monferrato dal fu sg. Prasca
banchiere del sale in Aqui. *i
XXIII. Questo cuore pendeva nel mezzo
della parte superiore del torace, immediatamen¬
te dietro allo sterno, avvolto nel suo asciutto,
e trasparente pericardio , quasi un pollice infe¬
riormente a quell’ organo ossoso, che in tali
uccelli sta affisso alla parte anteriore della lun¬
ga trachea, immediatamente prima, che ne se¬
gua la biforcazione, stato nei già citati Opuscoli
da me minutamente descritto .
*i Come fu già pubblicato negli Opuscoli in-?
teressanti di Torino 1777* voi. IF. e F. y dove
in alcune lettere al già lodato sig. Dottore MA¬
RINO di Savigliano favellai di questo , e di altre
cose del pari straordinarie state da me osservate .
ANGEJOTOMIA /91
XXIV. Avendolo svelto dal sito accennato
con le sue appendici per esaminarlo attentamen¬
te , giacché presentava alle dita la durezza dei
gusci delle lumache , lo trovai conico in basso,
lungo diciassette linee , largo alla "base ovale,
alquanto compressa, lin. <3. e più; alla punta
ottusa avea linee 5. di diametro, e il diametro
traverso della base non arrivava alle lin. 16
XXV. Le orecchiette durissime anch’ esse,
erano intonacate di sangue al di dentro, e qui
le avvaloravano diverse colonnette rossìgne pur
anco inflessibili, che ingombravano 1* adito di
vari seni poco profondi.
XXVI. Le valyule tricuspidali (per nominar¬
le come il volgo de’ Notomisti ) da un lembo
ossoso discendevano ligamentose , con le briglie
loro finissime ( simili però in flessibilità, e in
durezza ai tendini delle gambe dei pollici) fino
alla punta di certe elevazioncelle carnose in pun¬
ta , ossose alla base , confuse con il pariete os¬
soso de’ ventricoli, le quali teneano il luogo
de’ muscoli papillari. Non erano piu che due a
sinistra , e una a destra.
XXVII. L’arteria pulmonaria, che si trovava
posteriormente, era diretta da sinistra a destra,
soda sulla base del cuore, diveniva flessibile,
ed elastica a misura, che se ne scostava per
portarsi al pulmone.
XXVIII. L’aorta ass^i più solida, e più ca¬
pace , appena elevatasi dalla base del cuore, su¬
bito si diramava in tre tronchi, il destro dei
quali mi sono assicurato, che quantunque fosse
il più stretto, era pero 1* aorta discendente: de¬
gli altri due uguali in diametro ; il destro era
I92 CAPITOLO SESTO
la succlavia destra, il sinistro la succlavia si¬
nistra .
XXIX. Così appena divisa nei tronchi men¬
zionati l’aorta, tutto avea 1’ordinaria consisten¬
za, e la consueta flessibilità, che riempì d’ammi¬
razione i chiarissimi Dottori Bolzoni , Bruno,
e Ratti d’Aqui, l’illustrissimo sig. Cavaliere, e
Commendatore Tizzone di Crescentino, Go¬
vernatore della medesima Città, i signori Av¬
vocato Paolo Chiabrera, Ferdinando Da-
gna , Gioanni Perone , i Canonici Perone,
e Cassino , il sig. Ratti Direttore delle Regie
Gabelle, e cento altri, che lo ebbero varie volte
intiero nelle mani.
XXX. Era mio pensiere conservar un orga¬
no così' straordinariamente preternaturale intiero,
ma non avrei potuto appagare nè la curiosità
del Dottore Marino , al quale subito ne diedi
notizia, nè quella di parecchi dotti uomini, nè
la mia in risguardo all* interno del medesimo
cuore, ed avendolo tagliato in traverso sei li¬
nee distante dalla punta , con quanta destrezza
mi fu possibile, non ho potuto farlo sì, che per
la fragilità testacea ( simile a quella dei gusci
dell’ uova , anzi delle chiocciole ) non si sia
tutto irreparabilmente sfrantumato : ciò non
ostante osservai, che il tramezzo dei ventricoli
aveva la stessa durezza delle pareti, che avea
nel suo corso tale obbliquità da rendere il ven¬
tricolo, donde nasce l’aorta, quattro volte piu
grande, e un terzo piu lungo dell’ altro. La
faccia del tramezzo corrispondente al minore
ventricolo era molto piu liscia, e non erano
molli, nè carnosi quei tubercoletti papillari, dei
ANGEJOTOMIA 195
quali ho fatto menzione qui addietro , come di
punti fissi inferiori ai tendinucci, che espanden¬
dosi formano 1* anello valvuloso all* orificio au-*
riculare.
, XXXI. Le picciole ma eleganti valvule semi-
lunari avevano ancora qualche cosa di flessibi¬
le, e non potevano arrivare con l’altezza dei
lembi liberi nell’ aorta a quelle due stigmare, le
quali erano per avventura i segni degli orifizj
delle arterie coronarie ; di queste più non re¬
stava sul cuore alcuna minima traccia, tutto es¬
sendosi nel condensamento confuso.
XXXII. Quel cuore appena estratto dal corpo
dell’ anitra, era di colore rosso oscuro per lo
molto sangue, che conteneva : lavato però di¬
verse fiate con acqua tiepida , divenne cenero¬
gnolo fosco, il che dà indizio della sottigliezza
delle pareti , perocché erano trasparenti ; erano
più sottili le orecchiette, come il traporre tutto
1 ’ organo intiero ben lavato tra la fiamma d’una
candela , e l’occhio, evidentemente dimostrava .
La diafaneità pero delle orecchiette non toglie¬
va loro un certo colóre rosso, che appunto
serviva ad indicarne i limiti. Meno diafano poi
era il tronco delle arterie, le quali avevano un
colore bianco per lato, quasi simile a quello
del guscio d’uovo.
XXXIIL L’induramento di tutte queste parti
erasi fatto così segnalatamente a spese della
spessezza ordinaria delle medesime, eh’ io non
ho potuto astenermi da sospettare , che in quell*
anitra il vizio sia stato congenito, perciocché
gl’ inossamenti delle arterie , e delle valvule tanto
semilunari , quanto auriculari da me osservati ,
Parte 11 . n
194 CAPITOLO SESTO
c che furono accidentali , e morbosi, sono
sempre stati trovati irregolari, difformi, berno-
coluti, e con aumento di volume.
COROLLARI.
I. ì -i e valvule auriculari del cuore sono il
complesso d’ altrettante picciole aponeurosi quanti
sono i tendini, che partono dai musculi papil¬
lari dei ventricoli del cuore , e dagli allungamenti
di alcune colonnette carnose degli stessi ventricoli.
II. Non si formano dal complesso di queste
aponeurosi valvule distinte, delle quali più so¬
vente se ne trovino tre nel ventricolo destro ,
e due nel ventricolo sinistro.
III. Si forma bensì un anello aponeurotico
per ogni orifizio auriculare nei ventricoli sud¬
detti , appeso all* apertura inferiore delle orec¬
chiette , frastagliato, frappato, e ondeggiante
nei ventricoli, quanto gli viene permesso dai ten¬
dini , donde trae origine.
IV. Una porzione considerabile del lembo
fisso, o superiore di caduno di questi anelli
aponeurotici si trova affissa ad una porzione pu¬
re considerabile della periferia dell’origine delle
arterie aorta, e pulmonaria, cioè alla radice
loro immersa nel cuore.
V. S’incontrano qualche volta condensamenti
calcarei nelle aponeurosi, tanto nella loro unio¬
ne con le orecchiette, quanto nel loro attacco
all’origine delle arterie .
VI. Gli anelli valvulosi si trovano smagliati
anche nei siti, dove la tessitura loro suol es-
ANGEJOTOMIA >9$
sere più densa, e più uniformemente ripiena.'
VII. I tendini, dai quali queste valvule di¬
pendono , si trovano talvolta ossosi, elastici,
simili a quelli delle gambe dei nostri galli, e
di quelli d’india.
Vili. Plinio favella dell’ inverminamento del
cuore come d’una malattia ; Senac ha trovato
ossificato uno dei ventricoli del cuore umano,
cioè il posteriore, o sinistro ; Allero lo trovò
tutto consunto, eccettuatane 1* orecchietta destra:
De-haen non seppe ravvisarne vestigio in un
soggetto, che aveva la cavità del torace piena
d’una carnosità inestricabile ; ed io trovai af¬
fatto ossoso , ed inflessibile il cuore d’ un’ ani*
tra selvaggia.
IX. Dunque il cuore non è sempre, e non è
sempre il solo organo determinante la circoda¬
zione del sangue.
SEZIONE V.
Osservazioni intorno al giuoco di tutte
LE PARTI DESCRITTE , SE SONO NATURALI,
E SANE , PER MANTENERE LA CIRCOLAZIONE
DEL SANGUE UNA VOLTA INCAMMINATASI
NEGLI ANIMALI A SANGUE CALDO.
I. onsiderando attentamente la disposizione,
la struttura, il numero, e gli attacchi dei mu-
sculi papillari, dei tendini loro, e delle frap¬
pate aponeurosi, che ne deriyano , si trae lu¬
me non disprezzabile intorno al modo mecca¬
nico , onde si mantiene la circolazione del san-
l 9 S CAPITOLO SES TO
gue, per quanto si aspetta alla parte, che vi
ha il cuore. A tal fine basta meditare sul rav¬
vivamento degli annegati, nei quali può essere
intieramente sospesa la circolazione, mentre che
nè il sangue , nè gli organi a tale funzione de¬
stinati , non hanno ancora altro vizio , eccetto
un principio di condensamento il primo, e gii
ultimi un difetto d’irritabilità.
II. Partendo noi da questo principio, e tutto
il secreto di ravvivare gli annegati consistendo
nel restituire al sangue la fluidità , e l’irritabi¬
lità agli organi, e particolarmente al cuore, quan¬
do siano messi in opera i mezzi a tal fine stati
da valentissimi pratici inventati, dobbiamo cre¬
dere posta in movimento la massa del sangue
contenuta nelle vene cave, e spinta* nell’ orec¬
chietta destra del cuore.
III. Questa orecchietta allóra ne viene dila¬
tata , e le sue pareti irritate dalla presenza del
nuovo sangue si contraggono in maniera, che
le valvule appese al foro , cui mediante questa
orecchietta comunica con il ventricolo destro ,
ne sono tratte in alto , e distratti, o stiracchia¬
ti, e tesi i musculi papillari, che si elevano
dalla sostanza delle pareti di questo ventricolo
Irritabilissime.
IV. E’stato notato , che sovente dai muscoli
papillari partono alcuni tendini, i quali s’im¬
mergono nella sostanza del cuore medesimo,
cioè nei parieti carnosi dei ventricoli. Questa
immersione non è ella un nuovo stimolo alla
irritabilità del cuore ?
V. I musculi papillari nascono da vari punti
delle pareti dei ventricoli : stiracchiato uno di
A N G E J O T O M I A 1 1)?
questi musculi, perchè viene tratto in alto l’anello
valvuloso, ecco stimolalo il punto , d’onde il
musculo nasce : ma questo musculo getta i suoi
tendini in varie parti del cuore , ed ecco altret¬
tanti stimoli aggiunti al mentovato, sicché piu
viva.riesce la contrazione del cuore.
VI. Nell’ atto , che il sangue deli’ orecchietta
si vota nel ventricolo, e con l’urto, con il
peso, con le intrinseche proprie qualità lo sti¬
mola , le fibre musculari del medesimo verranno
messe in movimento dalla distrazione dei mu¬
sculi papillari.
VII. Inoltre è difficilissimo , che muovasi
l’orecchietta destra del cuore senzachè venga
pure mossa la sinistra , non tanto, perchè vi si
introduce nello stesso tempo il sangue delle vé¬
ne pulmonarie (posto, che a prò’ degli anne¬
gati si fanno eziandio giuocare sui pulmoni i
mezzi irritanti anche al vulgo noti) quanto per¬
chè sono in maniera così stretta insieme con¬
gegnate , ed unite , nè separate salvo dal comune
tramezzo membranoso, e flessibilissimo, che mo¬
vendosi una, l’altra non può non risentirsene;
quindi è, che per le medesime cagioni dovrà
essere irritato , ed obbligato a contraersi eziandio
il ventricolo sinistro.
Vili. Consecutivamente a tale irritazione co¬
mune, contraendosi amendue i ventricoli, ne
verrà spinto il sangue verso la base del cuore;
dove non potendo rientrare nelle orecchiette ,
perchè gli anelli valvulosi vi si oppongono,
sarà costretto d’imboccare gli orificii arteriosi.
IX. Penetrato il sangue nelle arterie, nè po¬
tendo scorrer oltre, impedito dalla resistenza
I$2 CAPITOLO SESTO
delle onde precedenti, dal proprio peso, dalla
gravitazione dell’ ambiente , e dalla innata con¬
trattilità , e peso del corpo medesimo , che debb’
esserne irrigato, non può scorrere (dissi) finché
una novella contrazione dei ventricoli non ve ne
spinge a tergo un* alfr’ onda.
X. Anzi acciocché contraendosi le arterie il
sangue non ripiombi nei ventricoli, mentre che
il cuore torna in diastole , è noto il giuoco delle
valvule semilunari, le fibre musculari delle quali
contraendosi possono concorrere a votarne i seni
del primo sangue, e prepararle in tal guisa a ri¬
cevere , e a sostenere l’onda novella.
XI. Per impedire al sangue già penetrato nelle
arterie il ripiombare nei ventricoli, e per secon¬
dare il giuoco delle valvule semilunari, non sem¬
bra egli contribuire assai l’appiattimento del prin¬
cipio delle arterie pulmonaria , ed aorta ? Questo
appiattimento è prodotto dalla stiratura della
porzione principale d’amendue gli anelli val-
vulosi, che abbiamo osservato pendere da buona
parte della periferia di questi orificii arteriosi.
XII. Se il cuore si allunga , e si allarga per
ricevere il sangue trasmessogli dalle orecchiette,
e come non verranno stiracchiati i musculi pa¬
pillari , e per conseguenza le aponeurosi, che
dai loro tendini dipendono ?
XIII. Da tale stiracchiamento gli orificii arte¬
riosi , e il principio stesso delle arterie pulmo¬
naria , ed aorta verrà appiattito per un tratto
notabile, ed il lembo libero delle valvule sig
moidèe messo a più forte scambievole contatto
nell’asse delle arterie menzionate, onde quel
«angue non solo ne sarà molto sostenuto , ma
A N GEJOT O MI A 109
altresì spinto per le arterie più lunge dal cuore.
XIV. Rianimata per tali stiracchiature l’irri¬
tabilità del cuore , eccolo di nuovo contratto ;
ecco spinto nuovo sangue dai ventricoli nelle
arterie, ed ecco agli orificii dell’aorta, e della
pulmonaria restituita la rotondità , mentre , che
i lembi liberi delle valvule semilunari vengono
eziandio, per la diastole degli orifici arteriosi ,
riapprossimati ai parieti delle arterie.
XV. Quello , che abbiamo detto del tronco
delle arterie, dire lo dobbiamo altresì degli ori¬
ficii euriculari, che vengono ristretti, e com¬
pressi nell’atto, che il cuore si avvicina alla
maggiore sua diastole per la tensione, e lo sti¬
racchiamento di tutti due gli anéllLvalvulosi , la
qual cosa dee proccurare la piu attiva contra¬
zione delle orecchiette, infinattantoché ( giun¬
cando la contrazione del cuore irrigato) le vai*
vule auricularie vengano spinte contro gli orificii
delle orecchiette, e restituita a queste la libertà
di rilassarsi, e di essere riempite.
XVI Nè vi è da temere ( eppure ne ha te¬
muto T incomparabile notomista, e Fisiologista
ALLERO * ) che qualora i musculi papillari non
si contraessero nella sistole del cuore , le val¬
vule auricularie fossero per essere spinte dal san¬
gue tropp* oltre nella cavità dell’ orecchiette ;
perciocché in più di venti cuori da me stati a
quest’oggetto esaminati ho notato, che tutti i
* rrDe Fab. et usu partium corp. hum. T&m. 2.
pag. 250., e per meglio individuare il sito §.4.
se%. 4. lib. 4.
200 CAPITOLO SESTO
parietx dei ventricoli si dovrebbono accostare
troppo più di quello, che mai sia per essere
possibile agli orifici! auriculari, affinchè fosse per
accadere un tale rovesciamento.
XVII. Con un cuore tra le mani , dando certi
tagli ai ventricoli, e alle orecchiette' si può
dimostrare, che, lungi dal poter essere spinte
nelle orecchiette, queste valvule appena si ac¬
costano tanto con i frastagliati loro lembi da
toccarsi nella sistole del cuore, poiché sono
Imbrigliate dai tendini comuni ad esse, e ai
musculi papillari.
XVIII. Per questa cagione lasciano verso le
orecchiette nel ventricolo stesso una cavità si¬
mile a quella d’un imbuto, mentre con le fac¬
ete opposte formano un cono membranoso con¬
vesso , cui mediante il sangue dei ventricoli
sdrucciola più facilmente verso gli onficii arte¬
riosi.
XIX. Non arrivando mai adunque le valvule
auricularie a far un piano orizzontale con l’orlo
degli orificii del medesimo nome, onde servire
di piano pavimento alla cavità delle orecchiette
per tenervi sospeso il sangue venoso, tanto
meno potranno esse valvule rovesciarsi , o per
meglio dire sollevarsi nella sistole del cuore fino
in quelle cavità, eziandio che dalle pareti del
cuore medesimo non partissero briglie tendinose
per impiantarsi ad ogni altezza della faccia delle
valvule loro corrispondente: eppure queste briglie
si trovano quasi in ogni cuore, sebben&Jo non
ho notizia, che siano state da veruno anatomico
mentovate.
XX. Concluderemo intanto
ANGEJ0T0M1A *01’
i. Che dalle alternative stiracchiature sofferte
dai ventricoli nell’empiersi le orecchiette, enei
contraersene le pareti in tutti i punti, viene rav¬
vivata l’irritabilità dei ventricoli per mezzo delle
valvole auricularie , e dei musculi papillari, ond*
esse dipendono.
x. Che dall’ empiersi i ventricoli, e dal di¬
latarsene i pareti viene animata l’irritabilità delle
orecchiette, e probabilmente prodotto quell’ ap¬
piattimento del principio delle arterie pulmonaria,
ed aorta , che abbiamo indicato , come n’ è pro¬
mossa la sincrona contrazione per mezzo dei mu¬
scoli papillari, dei loro tendini, e delle valvule
auricularie , che dalle espansioni plessiformi, e
retiformi dei medesimi hanno origine.
3. Finalmente che questi movimenti alterna¬
tivi debbono durare quanto dura la fluidità dei
liquidi , la elasticità , la flessibilità, e la irrita¬
bilità degli organi, che li debbono contenere,
e spingere, cioè quanto dura negli animali la
vita.
Tali $ono le conghietlure, cui danno luogo
le precedenti osservazioni sullo stato naturale
dei vasi principali destinati alla circolazione del
sangue. In un altro discorso ripiglieremo l’esa¬
me delle mostruosità , e dei vizi essenziali in
questa operetta da me nei medesimi vasi, ed
organi descritti, per giudicare se sia necessario
un vapore espansile, un voto nei vasi, o nei
ventricoli del cuore , oppure altre consimili ca¬
gioni per incamminare la circolazione, e per
mantenerla; e daremo una idea dell’uso parti¬
colare, che hanno le caverne, le colonne car¬
nose , i tendini, e le multiplici aponeurosi tanto
201 CAPITOLO SESTO
del cuore, quanto delle orecchiette per sommi¬
nistrare al sangue i caratteri necessari, affinchè,
scorrendo per le arterie , serva alle secrezioni
dopo d’averne favorita 1* astimilazione del ve¬
noso con il chilo , e la linfa, che si impegna¬
no nel torrente della circolazione mediante il
canale toracico.
Torino-Cittadella li 1 6» ottobre n 8 j.
?V
aoj
ESEMPIO
PER LE OSSERVAZIONI CLINICHE
C A PI T O LO y IL
DEL MEZZO INSOLITO, DEL QUALE SI SERVI®
LA NATURA PER EVACUARE LA MATERIA
DI UN TUMORE FOLLICOLATO.
Età , sesso , e temperamento delC infermo.
C^Tiuseppe M. sessegenario, piuttosto flemmas¬
tico per riflessione, e per abito , che per tem¬
peramento , avea gioito di salute così buona
nella virilità , come può desiderarsi in un tem¬
peramento misto di sanguigno, e d’ipocondriaco.
Tenore di vita antecedente , malattie , cui
era soggetto , e rimedj , onde
le curava .
Parco, e regolato nel vitto, solito ad eser¬
citarsi nella Città, ed alla campagna , era egli
da parecchi anni soggetto ( cominciando 1* in¬
verno ) ad infreddature , e costipazioncelle , che
egli dissipava ora mediante il semplice riposo ,
ed un poco di sudore provocato con l’uso del
tè, ed ora con una cavata di sangue, e due,
o tre giorni di quiete.
104
CAPITOLO SETTIMO
Passione , che lo predispose alla grave
malattìa , che descriveremo.
L’anno 1769. innamoratosi violentemente di
una vedova giovine , dalla quale si trovò villa¬
namente ingannato, mentre che gli pareva di
avere sode ragioni per pretenderne corrispon¬
denza , si prese tanto a cuore 1* infedeltà della
suddetta, che a poco a poco s’immerse iti pro¬
fondissima maninconia.
Effetti della passione amorosa malcorrisposta.
Perseverò quattro mesi nello stato più de¬
plorabile senza mai volere confidare a veruna
persona la passione, che lo tòrmentava, e tan¬
to meno i motivi della sua tristezza, di modo
chè si ridusse ad una languidezza, ad una pro¬
strazione di forze cosi desolante, accompagna¬
ta da svogliatezza , da inappetenza, è da fasti¬
dio per ogni divertimento così ostinati, che sem¬
pre concentrato in se stesso , fisso nelle tristi,
ed inquiete sue meditazioni, abborriva tutto quel¬
lo , che ne lo poteva distrarre, avendo abban¬
donata la maggior parte dei soliti esercizj, non
amando più salvo 1* oscurità, la solitudine, il
silenzio, spiando occultamente la condotta della
donna ingrata , e non potendo più inghiottire
cibo, senza soffrire nausee, ed indigestioni.
Una così repentina mutazione totale dì tenore
di vita non impedì, che vèrso il termine dell’
anno medesimo fosse sorpreso dal solito in-
freddamento egli , che reso non curante , ed in-
OSSERVAZIONI CLINICHE 2,05
sensìbile a tutto ciò, che non avea relaziona
con l’infelice amor suo, negligentò tutti ,i mez¬
zi , onde le altre nate se ne era liberato.
Altra cagione più prossima , che accelerò
lo sviluppumento de* viziati umori , e
vari aspetti del morbo
non dichiarato.
Perciò vi si aggiunse una febbricciatola, che
serbò qualche tempo il tipo di terzana sempli¬
ce , e dopo d’essersi fatta doppia, degenerò; in
continua , ma tale, che 1* infermo stesso non
se ne credeva aggravato.
Calore .
Il calore continuo però, che ne consumava
le viscere, e ne occupava tutto l’abito del cor¬
po , indicava pur troppo la presenza d’una feb¬
bre tanto più da temersi, quanto meno dall’in¬
fermo sentita , massime una, o due ore dopo
che gli si era fatto prendere qualche leggieris¬
simo cibo , ed alla sera, che tutto il corpo ne
pareva infocato , e piu di tutto la palina delle
mani , dove 1* ardore mordace cresceva all*
estremo.
Polso.
Il polso d’ordinario picciolo, e frequente, si
rinforzava, e divenia risoluto, vibrante nelle
ore delle esacerbazioni accennate .
CAPITOLO SETTIMO
tO 6
Stato di tutto il corpo alt esterno.
Tutto il corpo era fiacco, languido ; la pelle
ruvida, secca; le gote pallide, incavate, che
s’infuocavàno molto sulla pomella dopo il pa¬
sto , ed alla sera ; gli occhi foschi, nelle orbi¬
te nascosti, sovente lagrimosi ; il naso affilato ,
lucente ; la fronte callosa, terrestre ; le labbra
secche, livide, sottili; la lingua fecciosa, adu¬
sta; l’alito fetente; il collo palpitante; il petto
scarnato; gli ipocondri tumidi, e dolorosi.
Stato della respirazione , e delle forze vitali
in generale.
La respirazione fu però sempre agevole, co¬
moda ogni situazione del corpo nel letto, cioè
stava con pari facilità sui fianchi, come supino;
non ebbe mai dolori di testa notabili, nè confu¬
sioni , che dalla sua maninconia non dipendessero.
Qualità, delle urine , e delle evacuazioni
intestinali .
Lé urine liscivano assai copiose, e colorite,
con sedimento confuso , ed aveano la superficie
carica di stille come d’ olio.
Sopravvennero anche diarrèe biliose, oliose,
prima accompagnate da tenesmo, e premiti mo¬
lesti , poi le materie liquide, porracee, fetenti
uscirono cinque, sei volte in 34. ore senza re¬
care molestia per molte settimane , onde fu il¬
languidito 1* infermo , ed estenuato a segno, che
OSSERVAZIONI CLINICHE lOJ
ai io. di febbrajo non potea più reggersi due
minuti sulle gambe edematose , principalmente
la destra.
Morbo cerusico aggiunta al principale*
Da quel giorno cominciò a lagnarsi di uno
stiramento doloroso ali* anguinaia destra, ove
già da dieci anni era cresciuto un tumore fol¬
licolato , un dito circa al di sopra, ed all’ester¬
no lato dell’anello del musculo obbliquo. D’al¬
lora crebbe ràpidamente ad eguagliar mezzo il
pugno, e divenne incomodo, e doloroso.
Rimedj esterni.
Vi si applicarono cataplasmi emollienti , poi
empiastri della medesima natura; si unse coll*
olio di ruta, e d’aneto per discioglierne l’umo¬
re , che già era in movimento , ed agli empia¬
stri di achilon , e di meliioto si aggiùnse il sa-
pon di Venezia, il che vi procurò in poco tem¬
po un’ equivoca fluttuazione della materia.
Me i%o inaspettato , di cui si servi natura
per evacuare la ‘materia di questo tumore.
Mentre che pensavamo in che guisa facilitare
l’evacuazione di questa , vidimo, che il tumo¬
re sensibilmente diminuiva , intanto che per-
l’uretra, senza incomodare l’infermo, colava ab¬
bondantemente un umore verdastro, poi tanè,;
poi quasi nero, glutinoso , e seguace. Allora ab¬
biamo sospesa ogni operazione, potendo qual-
10$ CAPITOLO SETTIMO
sivoglia tentativo sturbare la natura, che gli aveva
aperta sì breve, e sì comoda strada; perciò ci
siamo contentati di continuare l’uso deisovrad-»
detti rimedj esterni in fin a tanto che il volu¬
minoso tumore si ridusse alla sola maggiore
spessezza, e callosità degli integumenti nel sito
dove in pochi giorni si era a tanta altezza ele¬
vato .
Stato del morbo .
Le diarrèe, gli ardori universali, la fissazio¬
ne, e la maninconia perseveravano , ed erano
gettati i pochi rimedj, che suo mal grado si
faceano prendere all’ infermo ( consistenti in de¬
cozione d’ edera terrestre, poche dramme di
estratto amaro, qualche leggiere subacido a pia¬
cimento , con alcune oncie di brodo di pollo
medicato colla china carnosa) se interessato co-
m’io era in quella cura, a forza d’interroga¬
zioni , e d’ esami, non avessi per buona sorte
scoperto che cosa gli rodeva il cuore.
Rimedio indicato da una scoperta efficace.
Pieno allora di dolci lusinghe, facendo ca¬
der il discorso o coll’infermo, o coi famigliar!
su quello , che di toccare mi premeva , giunsi a
guadagnarla intieramente sul morale, e colla
cautela di non lasciar apparire la menoma avi¬
dità di toccare quei tasti, intorno a cui sempre
con maggiore forza io insisteva*
OSSERVAZIONI CLINICHE 20 $
Cangiamento di buono indizio.
Avendomene acquistata la confidenza , lo ri¬
dussi a tale stato di tranquillità, e di rassegna¬
zione , che se prima abborriva i medicamenti ,
ed il cibo , allora avidamente egli stesso ne
chiedette al dotto suo medico , e di taciturno,
e mutolo in poco tempo divenne verboso, c
faceto.
Rimedj , e\Regime.
All’ uso discreto di si leggiere medicina spi¬
rituale s’aggiunsero a richiesta dell’infermo quat¬
tro ò sei bottiglie d’acqua fontana semplice,
e fredda , al giorno ; dieci oncie di decozione
di china carnosa nel brodo di coscia la sera ,
e qualche tuorlo H’ uovo nei brodi lunghi ; gli
si accordarono due biscottini, e poche goccio-
le di squisito vino vecchio mattina , e sera.
Declinazione del morbo *
Un tale regime si tenne sino ai 18. di marzo
del 1770., in cui cessata la diarrèa, e l’uni¬
co scarico essendosi trovato di materie ben li-
gate , e poco fetenti, i brodi si cangiarono in
pan-triti, ed ai 30. l’infermo prese qualche
cucchiaro di tenera polenta di melliga, cibo,
che non volle più lasciare per tutto aprile, ag¬
giungendovi poco pane biscotto, ed ale di poi-
lastrini .
Parte 11 .
110
CAPITOLO SETTIMO
Termine.
L’ efficacia delle copiose bibite di acqua pu¬
ra fredda , e di tanto semplici rimedj, ma piu
dei discorsi , e delle riflessioni analoghe allo
stato presente dell’ infermo, fu tale, che ai
principio d’aprile, dopo resosi giallo, assai flui¬
do, e leggiere, terminato avea lo spurgo dell*
uretra: non c’era più diarrèa; la pelle sejrtivasi
morbida, ed al mattino fresca , ed utnidetta ;
la faccia aveva riacquistato il colore naturale, la
fronte , e gli occhi tutta la serenità, e ’l pristi¬
no brio; tutte le membra s’incarnarono, s’in¬
vigorirono di modo, che il dodicesimo dello
stesso mese lo passò lietamente fuori del letto.
La convalescenza fu breve, e la guarigione
perfetta, essendogli rimasto solamente il folli¬
colo molle, ed appassito, che non gli recò
fin ora mai piu veruno incomodo.
Poniamo il caso ora, che un Principiante volesse
scrivere le riflessioni , che la storia precedente
suggerire potrebbe, o io m’inganno, o scrive¬
rebbe come segue.
Riflessioni.
L’età del soggetto, il temperamento, la ma¬
niera sua di vivere passata sì diversa da quella
del tempo del morbo , e che di poco lo pre¬
cedette , e la lunga impressione del violento pa¬
tema d’animo, avvalorata dal riverbero conti¬
nuo di sue tristi riflessioni, tutto concorrere do¬
veva a corromperne gli umori. Aggiuntovi poi
OSSERVAZIONI CLINICHE 21 X
l’assalto consueto dell’ infreddamento , e negletto,
il vizio dovette crescere in modo, che o la na¬
tura ne fosse oppressa, o da qualche pàrte pro¬
curasse lo sgorgo dell’infetta materia, che fo¬
mentava la febbre lenta, che lo consumava. Si
trovarono più deboli le intestina , e quel luogo
dov’era il tumore follicolato , perciò le materie
vi si determinarono ; intanto il deplorabile stato
dell* infermo avendolo costretto ad ammettere
le visite d’un Medico illuminato, ei bene co¬
nobbe quanto poco gli rimanea da sperare, la
tabe sendosi già manifestata con segni troppo cer¬
ti , e la diarrèa colliquativa in un uomo d’età sì
avanzata j, procedente da passione inveterata
così violenta, resasi indomabile , minacciando la
morte. Con tutto ciò,„ coli’ uso dei rimedj alte¬
ranti procurò di compiereT indicazione, d’im¬
pedire lo sconcerto maggiore delle viscere, che
la colluvie dei putridi umori potea produrre : col
brodo medicato si oppose alla debolezza uni¬
versale già tanto avanzata, e allo scomponimento
degli elementi del sangue ; con i subacidi facilitò
1 ’ espulsione delle parti biliose corrotte, ne im¬
pedì la ulteriore corruttela , calmò il ribollimen¬
to degli umori , ed al totale rilassamento degli
organi destinati alle funzioni naturali si oppose.
Dall’osservare, che il tumore antico acqui¬
stava maggiore volume , si è capito i ridondanti
viziosi umori dalla forza della natura venire cac¬
ciati in parti, d’ onde piu facile riuscisse sgra¬
vamela ; perciò agevolato se n’ è il raccogli¬
mento con gli amollitivi; e f scoprendo , che lo¬
ro aveva aperta la strada per l’uretra, si è so*
Ili CAPITOLO SETTIMO
prasseduto all’operazione* che per evacuarli sa¬
rebbe stata necessaria; 3
Conosciuto intanto , che la cagione più forte
era spirituale, ed ottenuto di calmarne l’impres¬
sione , tolta quésta i rimedj acquistarono mag¬
gior efficacia, ed aggiuntasi una quantità mag¬
giore di bevande, che per lo freddo corrobo¬
ravano il ventricolo , e le intestina, per lana-
tura loro lavavano le prime strade , e da tutte
le immondezze le ripulivano, ^ penetrando nei
vasi ne minoravano la tensione, e ? 1 calore,
mentre scioglievano i coaguli, e più scorrevoli
ne rendevano gli umori, si videro a poco a
poco ristabilite le funzioni, rinacque l’appetito,
si rammorbidì tutto il còrpo, movendosi la già
suppressa traspirazione * se ne calmò l’ardore,
e richiamossi il so-ggetro alla primiera salute,
senza dovere punto alterare il sistema abbracciato
di cura.
Conseguente pratiche.
I. Dunque è indubitabile, che le malattie pe¬
riodiche, cui uomo è abituato, quantunque leg¬
gieri , non vanno mai neglette , tanto più nei
vecchi.
i. Che il secondare gli sforzi, che la natura
fa per liberare il corpo dagli umori peccanti, è
salutare .
3. Che i movimenti della stessa natura non
sì debbono disturbare con intempestive opera¬
zioni ; tanto menò poi se la debolezza dell’ in¬
fermo le potesse rendere pericolose.
OSSERVAZIONI CLINICHE 2/3
4. Che le passióni dell’animo di lunga du¬
rata dispongono gli umori alla corruzione, e il
corpo alla -tabe.
5. Che, queste vinte, i morbi anche gravis¬
simi piu facilmente si domano.
6. Che l’acqua semplice, pura, fredda è ta¬
lora il migliore rimedio contro le debolezze delle
prime strade , ove con gli opportuni ajuti si
sieno emendati nell’universale gli umori alterati.
7. Che le importune deiezioni gd’alvo, ri¬
chiamandosi la traspirazione e ’l sudore , a po¬
co a poco salutarmente si vincono.
8 . Che le materie degli ascessi ( generalmen¬
te parlando) o si rimettano in circolo , o per
la cellulosa verso le aperture naturali del cor¬
po si dirigano , possono arrivarvi poco o nul¬
la diverse in colore, ed in consistenza da quel¬
lo , che erano dentro l’ascesso; onde
c). Non tutto ciò, che circola con i nostri
umori sempre con essi perfettamente si assimila.
114
ESEMPI
delle osservazioni terapeutiche
•g. . T-..--^. 'a-
CAPITOLO Vili.
SULL* USO BE’RIMEDI TERMALI D’ AQUI PER
GLI ERNIOSI , E DELLE SOSTANZE , CHE NE
POSSONO FARE UTILMENTE LE VECI.
Squarcio di lettera al Ch.sig.GlAMBATlSTA
pRATOLONGO Lettore di Notomìa nello
Spedale Panimatone di Genova .
J^L quelle R. Terme io mi sono con replicate
sperienze assicurato , che dai sali di quelle acque
minerali si possono trarre utilità considerabili
dagli erniosi, eziandio quando 1* intestino fuo¬
ruscito si trova incarcerato.
Non ignoro, che per 1 ^ medesima pericolo¬
sissima malattia, è stato lodato 1* uso del sale
d’Epsom , e sono lontano dal disapprovarlo ;
giudico però necessario , che il mondo , e par¬
ticolarmente i Compatriotti miei sappiano P at¬
tività di quello d’Aqui, al quale io non dubi¬
to punto, che sia per andare del pari quello di
Vinadio , di Valdieri, e delle altre acque ter¬
mali , che scaturiscono nella Patria, non essen¬
do mai resi troppo comuni i mezzi di curare
una malattia cosi grave , e precipitosa.
Per venire all* uso, eh’ io ebbi costume di
farne, io satollava di quel sale il vino rosso
austero, e ne dava all* infermo, che si trovava
già minacciato di cangrena , e di morte per lo
strangolamento dell’ intestino fatto dall*^ anello
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 2lf
del muscùli dell’ abdomine, ne dava (dissi) due
onde ; prescriveva rigorosissima astinenza da
ogni cibo, e da ogni bevanda , e a capo di due
ore io ripeteva la stessa dose del medesimo vi¬
no medicato, intanto, faceva- imporre clisteri di
acqua tiepida , o di brodo lungo satollo del sale
comune, o del sale d’Inghilterra quando non
poteva avere quello di Canale, che.ho sempre
trovato piu attivo in questo frangente. Talvol¬
ta ho mescolato con l’acqua il Vino medicato.
Il vino medicato proccura un raggrinzamen¬
to nelle tuniche del ventricolo , e delle inte¬
stina superiori alla porzione strangolata, capa¬
ce di fate , che questa venga ritirata piu facil¬
mente nella cavità dell’abdomine ; i lavativi
d’acqua salata, o mista con il. vino pure sala¬
to, increspano gl’intestini grossi, e anche dalla
parte inferiore proccurano il ritutamento dalla
porzione fuoruscita.
La rigorosissima astinenza da ogni altra sorte
di cibo , e di bevanda è indispensabile, i. per¬
chè non vi sia nulla , che rintuzzando l’azione
del sale , si opponga ali’ increspamento delle
due estremità del canale opposte a quella por¬
zione r che trovasi strangolata: 2* per evitare
quanto 1 è possibile quella pressione, che fanno
a tergo contro la porzione dell’intestino incar¬
cerata tutte quelle bevande rinfrescanti, am mol¬
liti ve , a que* liquori cordiali, che pur troppo
sovente, e in troppa dose si sogliono far in¬
ghiottire agl* infermi;, non ostante il ribrezzo
eh’ essi profano , 1 vomiti, che producono,
e l’enorme tumefazione del ventre , che cagio¬
nano : 3. finalmente per, non dare luogo alla
1,6 CAPITOLO OTTAVO
dilatazione dell’ intestino superiore , sul margine
dell’ anello strangolante , che ho veduto più di
una volta con orrore a superare in diametro il
mezzo piede, gli otto, e i dieci pollici: dila¬
tazione , peso , e volume, che non può a me¬
no di opporre un ostacolo quasi invincibile alla
ricomposizione 4 dell’ intestino , e a contenersi il
medesimo ricomposto nell’abdomine senza una
fasciatura tormentosa, anche dopo fatta 1’ ope¬
razione per la bubonoce/e.
Non ometteva' la taxis discreta con la mano
leggiere , nè le unture con gli olii carminativi,
e non disprezzava le fomentazioni con gli omenti
freschi, bagnati nelle decozioni carminative ;
ma quando io era stato costretto a maneggiare
più volte , e per un tempo notabile il tumore
senza frutto , allora soleva fare applicare il ca¬
taplasma comunemente detto di millefiori , e
quando non poteva trovare lo sterco di bue ,
o di vacca recente , io ne facea bollire il vec¬
chio nel vino , e con il pane , o la farina di
segala lo riformava per farne l’applicazione sull’
anguinaja , e sullo scroto.
Con questi semplici rimedi, anche più , e
più volte ripetuti secondo l’urgenza , ottenni in
più di una occasione di fare cessare i vomiti di
materie porracee, e fecali, il singhiozzo, e il
rutto ; anzi alcuni degli ammalati dopo d’avere
sperimentato il vantaggio più inaspettato dalla
prima dose del vino con d sale , non sì tosto
si sentivano a crescere la nausea , i tormini, e
a nascere il vomito , che immediatamente chie¬
devano altra dose dello stesso medicamento , e
que’funesti sintomi tornavano a svanire.
OSSERVAZIONI CLINICHE 2 17
Quindi si ricava nel sale delle Terme Aquesi
( e sarà probabilmente lo stesso in quello delle
altre nostre Terme ) regnare una forza tonica
non equivoca ; si ricava pure motivo d’ enco¬
miare Domenico Anel famoso oculista della
fu Madama Reale Di Savoja, il quale ha
saputo farne uso nelle debolezze del sacco la¬
crimale , schizzettandovene dentro, e curando
in tal guisa molte altre malattie di quel sacco,
trovate da altri Cerusici ostinatissime. Veda V. S.
chiarissima a questo proposito la lettera d’ANE-
Lio medesimo al celebratissimo archiatro Lan¬
cisi alla pag. 59, dell’opera, che ha per titolo
= Suite de la nouvelle métkode de guerir les fi~
stules lacrimales = ec. ec.
11 $
ESEMPI
DELLE OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE
CAPITOLO IX.
OSSERVAZIONI ANALITICHE FATTE SULLE ACQUE
TERMALI AQUESI.
Il Ch m0 sig. Gip. Antonio Scovoli Consi¬
gliere di S. M. J. R. A. , degnissimo Profes¬
sore dì Chimica , e di Botanica nella ifi. 1.
Università di Pavia
utilissimo suo volgarizzamento del famoso
Dizionario dì Chimica dell’ 111 . sig. MacqueR .
che egli ha corredato di tante note ripiene di
così belle, ed interessanti scoperte, cotesto va¬
loroso Filosofo ha fatto menzione delle mie osser¬
vazioni alle R. Terme Aquesi alla pag. 214. del pri¬
mo tomo nella nota **** nella seguente maniera.
,, Trovansi nelle acque minerali eziandio so-
,, stanze estrattive , la terra dello spato pesan-
„ te, la calce, la magnesia unita all’acido ni-
,, troso. Bf.RGMANN 1 . c. (vale a dire opu -
„ scula Chem. Phys.) Ma ciò, che più mi sor-
„ prese , fu il leggere , che le Terme d’ Aqui
3 , analizzate ultimamente dal sig. Vincenzo
„ Malacarne Chirurgo collegato, e Profes-
», sore di Chirurgia nella medesima città, dopo
3, la distillazione , o molta concentrazione, ab-
j, biano lasciato un polviglio squamoso , bigio-
», fosco, il quale imbianchiva 1* oro a cagione
j, del mercurio , che esso conteneva. Da ottanta
3, libbre d’acqua minerale dice 1 * esperto Chi-
rurgo, e valente Anatomico d’aver ricavato
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 21$
„ ventidue grani di mercurio : e ripetuto la
„ terza volta 1* esperimento, ci assicura d’ aver
,, avuto un simile risultato **.
Duoimi di non avere copia delle lettere, che
ho avuto 1* onore di indirizzare su questo pro¬
posito a cotesto valorosissimo Professore di chi¬
mica , e di storia naturale, perchè mi convin¬
cerei s’ io non abbia per inavvertenza espresso
la cosa tanto chiaramente quanto avrei dovuto
per indicargli * che il polviglio squamoso bigio-
fosco, dal quale fu ripetutamente imbiancato 1*
oro, non si trovava in fondo alla distillazione,
e nè tampoco nella molta concentrazione delle
acque termali Aquesi, ma bensì rimaneva sul
filtro, per lo quale io soleva fare, che passas¬
sero le acque discendenti dal capitello di molte
cucurbite di vetro , eh* io teneva esposte al sole,
sul bagno di sabbia , ripiene deli’ acqua termale
istessa . Sovvienmi, eh’ io appendeva una caraf¬
fa al rostro di que’ capitelli, e che a misura,
che tali caraffe contenevano una quantità d’ acqua
elevatasi nei capitelli per lo calore del sole ac¬
cresciuto da quello della sabbia, onde erano so¬
stenute le cucurbite , io la facea passare sempre
per lo stesso filtro , sul quale fu poscia trovato
il polviglio , che imbiancò 1’ oro .
Ritrovo fra le mie carte la memoria seguente.
,, Mentre ch’io lavorava intorno alle acque-
„ nostre nel 1777. avea cura particolare di tut-
„ ti i filtri : fra gli altri ne conservai alcuni ,
„ per li quali erano passate centoventi libbre d*
,, acqua termale delle sorgenti della R. fabbri-
„ ca de’ bagni, e a diverse riprese mentre, che
,, se ne compiva 1* evaporazione, che però non
» ho potuto compiere all’ ingrosso senza ricor-
220. CAPITOLO NONO
„ rere in ultimo all’ azione del fuoco. Mi con-
„ tentai di notare 1* aumento del peso dai filtri
„ secchi acquistato, e di segnare quelli, per li
„ quali erano passate le acque sollevatesi per
,, la sola azione del sole , affine di non confón-
,, derli con quelli, che aveano servito alle ac-
,, que state tocche dal fuoco : così li lasciai
„ tutti pendente 1’ inverno nel laboratorio bene
„ accartocciati. Nei primi giorni della prima ba-
,, gnatura del 1778. facendo io passare in rivi-
,, sta i filtri medesimi , fra i quali i primi con-
„ tenevano un polviglio secchissimo del colore
„ della cenere umida, fregai la carta , accioc-
„ chè il polviglio, e le Iaminette friabili, che
„ vi erano dentro si distaccassero, e si riunis-
„ sero in fondo allo scartoccio . Era meco 1 *
,, ebreo Giuseppe Rosa di Livorno ( bagnavasi,
„ e prendeva la doccia al capo per la sordità )
,, e restammo attoniti amendue al vedere nel
mezzo di quella finissima polve fosca a roto-
„ lare certe pure fosche pallottoline , agitando
„ le quali ci parea di ravvisarvi qualche cosa di
,, lucido . Separandole dal filtro , e ripulendole,
„ trovammo , che erano globetti d’ argento vi-
„ vo Non si estende oltre tale memoria.-
Ritrovo pure a tergo d’una lettera del lodato
signor SCOPOLI data Pavia li 27 . marzo 1779 »
le seguenti parole
» I. Per ubbidire ai veneratissimi, e deside-
„ ratissimi cenni di V. S. 111 . eccole nella
» carta piu grande qui annessa i due terzi di
» quella sostanza, che dallo svaporamento di
» pili di dugento libbre d’acqua termale nostra,
» sulla carta medesima ( nel filtrarle, e rifiltrar-
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 221
» le ) si è depositata , toltone via tutto 1* ar-
» gento vivo , che per gli strofinamenti ripetu*
» ti della carta suddetta ( cui molta di quella
» sostanza era aderente ) si è precipitato.
» 2. In altra cartolina assai più picciola tro-
» vera vari pezzi di sale tali, quali dalle acque
» nostre concentrate si ricavano. Quel sale pe-
» rò, che nelle acque concentrate dopo le fi£-
» trazioni (N. i.) rimane in fondo alla cucur-
» bita , è sommamente piu bianco * più minu-
,, to , e più brillante . Aspetto , che sia ben sec-
» co, e poi gliene invierò quello , che delle ul-
,, fune prove me ne rimane , essendo già fuo-
» ri delle mie mani quello delle prove antece-
» denti .
» 3. Ove il facchino , del quale mi valsi per
» trasmettere a V. S. 111 . la mia lettera, tor-
» ni in Aqui , avrà dal medesimo ben sigillata
» una cassetta delle acque nostre .
» 4. In risposta alle domande 3. 4. e 5., on-
» de V. S 111 . mi onora, le trascrivo ap-
» puntino quello, che soglio fare intorno alle
» acque nostre per cavarne la sostanza, che le
mando. Ho molte cucurbite collocate sulla
„ sabbia in luogo esposto all’aria, ed al sole,
„ dal quale sito non le rimuovo mai. Attinta
,, l’acqua dalle sorgenti termali, dov’ è molto
„ limpida ( ved. il Iran, dille Terme A quest 9
,, dalia pàg.27 alla 32) ne filtro quanta è necessaria
„ per empiere tutte le cucurbite, facendola pas*-
„ sare per un filtro solo, onde avere quanto più
posso di polviglio in minore spazio. Fil-
„ tratala , ed empiutene le cucurbite , adatto lo-
ro i propri capitelli senza altra cautela, sai»*
ni
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yy
CAPITOLO NONO
vo di adattare al rostro di ogni capitello una
caraffa, della quale chiudo la bocca con un
pezzo di carta da giuoco infilato nella pun¬
ta del rostro, acciocché non vi cada pol¬
vere, nè vi si caccino insetti. A misura che
l’acqua discende dai capitelli nelle caraffe io
la vo facendo ripassare per lo filtro medesi¬
mo , e la lascio svaporare dalla cucurbita,
che ho per tal fine riserbata, e sempre ai
rostri riadatto le caraffe.
„ 5. Diminuitasi la massa delle acque nelle
cucurbite coperte , la superficie se ne adorna
di pellicole giallette ora più, ora meno den¬
se , che hanno la faccia opposta a quella,
che tocca 1* acqua, ghermita d’ uncinetti ir¬
regolari ; levo via con una spatula d’avorio
tutte le pellicole, e le conservo a parte.
Quando poi ve ne ha molti rottami, che ca¬
dono al fondo , e 1’ acqua s* intorbida, agito
tutte le cucurbite , la filtro per la solita pri¬
ma carta, e mettendo una cucurbita di più
in opera , le rimetto al proprio sito affine di
non minorarne la superficie, e di renderne
meno lenta la distillazione , come accadereb-
be se operassi al contrario .
„ 6 . La prima acqua , che si raccoglie nelle
caraffe, da principio è dolce,diviene poi len¬
tamente stiticuzza. Si fanno sentire acidette
quelle, che si elevano dalle cucurbite ridot¬
te a mezz’ acqua; indi sempre più restano
eminentemente salse.
„ 7. Ho provato a lasciare svaporare su piat¬
telli di porcellana 1* acqua delle caraffe^ e ne
ho ricavati ancora molti cubi di sale bian-
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE IZJ
5 , diissimo, dispersi in una melinetta bianca-
,, gialliccia, attorniata da lunghi finissimi aghi
,, pure gialletti , disposti a raggi d’intorno a
,, varie isolette di tale melmetta. Non ne ho
,, ragguagliato la quantità .
v ,, 8. I capitelli a poco a poco s’invernicano
,, d’una lanuggine giallagnola-rossigna, austera al
,, giudizio della lingua ; le acque irriganti i ca-
,, pitelli rapiscono , e traggono nelle caraffe mol-
,, to di tale sostanza , che resta col tempo più
„ rossigna, e più fissa nel capitello. Io ne se-
„ paro i rottami da quello , che rimane sul tìl-
„ tro , e gettandoli sui carboni accesi rie sento
,, odore di zolfo, e ci vedo un non so che d’
„ untuoso assai nero dopo la deflagrazione. Non
,, ho nemmeno ragguagliato il peso di questa
„ lanuggine a quello delle acque.
,, 9. Ridotte le acque ad una libbra circa per ogni
cucurbita, sebbene tutte abbiano sofferto mol-
„ tissime filtrazioni, le passo di nuovo per lo
,, filtro suddetto, che è già carico di polve
„ bigia-fosca ; le torno a filtrare secondo le occor-
„ renze ; indi ne permetto la cristallizzazione es-
„ ponendole al freddo tutte in un • vaso .
„ 10. Lascio seccare il polviglio nel filtro ac-
„ cartpcciato , indi lo strofino, e si vedono a
„ poco a poco ad unirsi in fondo piccioli glo-
„ betti foschi, indi più brillanti, e più grossi ,
„ eh’ io raccolgo a parte.
„ 11. Quindi ella ricava ( in risposta alla quin-
„ ta sua dimanda ) che il residuo delle svapo-
razioni è salino , e spero, che vorrà degnar-
,, si di svilupparne la natura, quand’ io le ne
n avrò trasmesso la quantità > che me ne verrà
114 CAPITOLO NONO
„ dalle ultime prove oramai sul terminare , e di
,, comunicarmene il suo parere , come graziosa-
„ mente me ne lusinga .
,, li. In risguardo alla 6 . domanda sull’odo-
,, re, e sui sedimenti delle acque nostre tanto
„ al fonte , quanto nei laghetti, la supplico di
„ appagarsene dando un’ occhiata alle pag. 27.
,, 28. 40. ec. del citato trattateli .
„ 13. Il fuoco è nimicissimo del raccogliersi
„ col polviglio il mercurio sui filtro , del che non
„ so capire la ragione, salvo che troppo pre-
,, sto voli via quel poco, che ve n’ ha, o si
,, combini in guisa piu tenace con le sostanze
„ medesime . Non ne so nulla , se non che quan-
„ te volte riscaldai la sabbia col fuoco per ab-
„ breviare la distillazione , altrettante fui delu-
„ so nello strofinare il filtro. Divisissimo nelle
„ acque nostre il mercurio , e ridotto quasi in
,, aura mercuriale, non potrebb’ egli abbisogna-
„ re d’un riposo lunghissimo in vasi chiusi per
,, liberarsi dai ceppi, onde supporre si potreb-
„ be in quest’ acque universalizzato, prima di
,, potersi rendere visibile a globetti, o nell’im-
3, biancamento dell’ oro ?... Ma che cosa va-
,, gliono le mie sciocche congetture? Perdoni.
,, 14. Neppure alla 111 .ma S. V. è ancora no-
„ to il mercurio delle acque Napoletane , che
„ dicesi osservato dal sig. Nicola. Andria ? Io
,, ne aspetto il libro con ansietà per la via di
,, Genova , ma finora indarno . Quando voglia
,, o trascritto il passo dell’A nonimo , cioè del
3, Vitali, su certe prerogative delle acque ter-
„ mali Aquesi sul mercurio esposte nel trattato
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 115
ji Delle acque del Masino , o il trattato mede»
„ simo, un suo cenno mi servirà di regola.
,, Continua in me vivissimo il , desiderio del
„ di lei giudizio intorno a coteste coserelle, che
„ qui le racchiudo , e di potermi dimostrare con
,, i fatti , quale sarò inalterabilmente, cioè tut-
„ to gratitudine, venerazione, e rispetto ec.
„ Dalle R. Terme Aquesi li 2. Aprile 1779.
So , che fu concepita a un di presso nei ter¬
mini suddetti la lettera , che ho spedita al Ch.
signore Scopoli ; so che non furono diversi i
sensi d’alcune lettere scritte al lodato Dott. Ma¬
rino di Savigliano al medesimo proposto; eie
sperienze furono da me ripetute con diligenza,
e con esito non differente ;i filtri passarono in¬
tatti per le mani di vari speziali, del Vicepro¬
tomedico Ratti , del Dott. Bruno d’ Aqui , e
.1* imbiancamento dell’ oro tenne dietro al frega-
mento lattone con il polviglio , che vi era ri¬
masto .
Non sono dunque sorprendenti le utili saliva¬
zioni , le risoluzioni de’ tumori venerei , de’ scro¬
folosi , e de* linfatici d’ altro genere, e i sollie¬
vi, che gli antichi, ed io medesimo ho vedu¬
to a prodursi a quelle R. Terme dagl’ infetti di
labe venerea antica , però con le condizioni da
me accennate nel Trattalo delle Terme Aquesi
alle pag. iz8. e 143.
Parte //.
P
ESEMPIO
delle osservazioni terapeutiche
CAPITOLO X.
OSSERVAZIONE
D' una strana foggia di strangolamento
delle intestina cagionato dalla callosità , e
dalle preternaturali aderente dell* omento ,
communicata al Ch. sig. Dott. Testa
Medico e Cerusico Ferrarese in una
adunanza di Letterati Torinesi .
u n Torinese d’ anni trénta , melancolico dì
temperamenti era già stato da parecchi anni ad-
dietro soggetto a sincopi consecutivamente à lun¬
ghe , e gravi afflizioni di spirito, e adognileg-
gier eccesso in risguardo alla dièta era inquieta¬
to da flatulenze, e gli gonfiavano i vasi emor¬
roidali, talvolta con ispUrgo di sangue.
Negli ultimi quattordici mesi del suo vivere
si aggiunsero ai mali indicati frequentissime co¬
liche , e Calori molesti nelle viscere dopo il pa¬
sto, ed una continua stiticità , -quando nel mese
di novembre del fu sorpreso da una co¬
lica assai più violenta , per la quale il eh. sign.
Dott. Bellardi Priore attuale del Collegio di
Medicina della R. nostra Università il trattò con
tutte le regole della più sana pratica, ed aven¬
dogli procurato il vomito ( come quegli , che
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 11J
conosceva il bisogno dell’ infermo , del quale
era medico ordinario ) vennero evacuati alimen¬
ti ancora indigesti, e ne ottenne sollievo.
Fu però brevO la calma , e se ne dovette ri¬
pigliare dal lodato Medico la cura più volte sen¬
za vantaggio notabile, perciò si fecero molti
consulti, e si prescrissero dai prudenti Dottori
consultati diversi medicamenti, e tutti det pari
indarno, poiché sebbene le coliche non fossero
tutte egualmente tormentose, tuttavia la parte
superiore dell’ abdomine diventò, e si mantenne
poscia morbosamente sensibile, e f infermo da
quell’tepoca incominciò a non 'potere più senza
dolore , e senza molesta ansietà tenere dritto il
dorso, nè reggersi in piedi, e mentre che se¬
deva era quasi sempre costretto di starsene in¬
curvato per evitare la molestia , che soffriva nel¬
la situazione contraria .
Annodatosi dei regime , e dei medicamenti fin
allora adoperati, si lasciò lusingare dalla speran¬
za di trovare presso gli empirici quel sollievo *
e quella sanità , che aveva cercato indarno pres¬
so i metodici , e dopo l’uso, e 1’ abuso di mol¬
te pillole, lattovari e decozioni, trovò chi ebbe
la crudele temerità di fargli prender la soluzione del
solimato, della quale consumò tre bottiglie, e
fin dai primi giorni ne ebbe ardori più tormen¬
tosi al cardia, distensioni, e doglie acerbissime
all’ epigastro .
Passato qualche tempo s’incominciò a lagnare
di stirature violente da un fianco all’ altro, le
quali erano dall’ infermo indicate come più do¬
lorose ed acute dal centro dell’ipocondrio de¬
stro all’ ultima falsa costola del lato manco, e a
ItS C API POLO DECIMO
tutta quella regione lombare : sintomi , che non
cessarono più fin eh’ egli ebbe vita .
Essendogli stata consigliata la mutazione dell’
aria , e il bagno d’ acqua dolce, se ne valse un
tempo notabile, ma senza prò : onde al fine
dell’ autunno ritornò a Torino, e si affidò alla
cura del chiarissimo sign. Dottore Lanieri Pro¬
fessore di Medicina nella Regia Università, il
quale non vi ebbe migliore ventura, come di
veruna utilità non gli riescirono le mie visite ,
le quali incominciarono alla metà del mese di no¬
vembre del rj 8 \. , e durarono fino al di lui de¬
cesso accaduto li 16. di dicembre.
Alle primiere visite, che io gli feci, notai
essere egli offeso da timpanitide assai più distin¬
ta nella parte superiore dell’ abdomine dall’ um-
bilico in su, ed altro vizio non vi seppi tro¬
vare , salvo una durezza profonda elastica nella
regione epicolica destra , premendo nel qual si¬
to l’infermo provava un dolore più vivo, ed
Una tormentosa stiratura, che interessava non
solamente l’epigastro , ma pur anco il diafram¬
ma corrispòndentemente alla cartilagine ensifor¬
me , e allo sterno , e stendeasi per grande spazio
nell’ ipocondrio sinistro , cagionandogli una spe¬
cie di riso sardonico.
Grandissima era 1’ estenuazione, e la magrez¬
za dell’ infermo privo d’appetito , molestato da
sete continua ,, e da una sensazione incomoda ,
inquietante , perpetua nel basso ventre, che egli
attribuiva alla stitichezza sua ordinaria, paren¬
dogli , che se avesse potuto scaricare spesso,
ed abbondantemente le sue intestina , egli sareb¬
be allora intieramente guarito . E questa sua opi-
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE ^9
nione era fondata sull’ osservare, che ad ogni
scarico ( e questi solevano essere di materie fi¬
gurate , quasi nere ) ad ogni esplosione di flati
per P ano, egli per qualche ora si sentiva cosi
ricreato, che si lusingava d’ essere quanto pri¬
ma per riacquistare la sanità.
Ma allo smaltirsi di que’ cibi, che potea pren¬
dere ( massime se erano caldi ) all* avvicinarsi
la sera , tornava a gonfiarsene il ventre , si ren-
deano più gravi le stirature agli ipocondrj , e a
traverso della regione umbilicale , svaniva ogni
lusinga, ricominciavano l’inquietudine, e la an¬
sietà seguite da disperazione , e da smanie pro¬
porzionate agli spasimi atroci , che soffriva , ed
ai più crudeli, che paventava di dovere soffrire.
Pero nei primi giorni, eh’ io lo vidi, il tu¬
multo interiore non era accompagnato da alte¬
razioni di polso proporzionate ali’ entusiasmo ,
ond’ egli esaggerava i suoi tormenti, la lingua
era pulita , umida , le labbra floride , e P occhio
vivo.
Raddoppiammo le diligenze nostre il Medico,
ed io per conoscere , e potere con qualche fon¬
damento conghietturare quali visceri dell’ abdo-
mine fossero offési, e di quale carattere potesse
esserne 1* offesa , eppure appena ci fu permesso
dubitare di qualche scirrosità nel pancreate , o
nelle glandule meseraiche al medesimo vicine ,
e di qualche antico vizio della picciola estremi¬
tà del ventricolo ; nè avendosi potuto prudente¬
mente stabilire nulla di positivo intorno al me¬
todo da tenersi nella cura , si ebbe soltanto ris¬
guardo alla timpanitide , e alla stitichezza , adat¬
tandosi dal Medico i rimedi interni alle indica-
130 CAPITOLO DECIMO
zioni da queste due malattie presentate , e pre¬
scrivendosene altri a tenore delle apparenze, che
il male ignoto andava vestendo.
Annojatosi T infermo per l’inefficacia dei me¬
dicamenti , che gli si andavano suggerendo , rac-
comandossi di nuovo all* assistenza del chiarissi¬
mo signor Dottore BELLARDi suo primo Medi¬
co appunto nel tempo, che incominciavano i
reni a negare il passaggio alla solita quantità
delle orine, e a prepararsi l’idropisia, ordina¬
ria conseguenza delle timpanitidi ostinate : non
volle pero essere abbandonato dal sign. Dottore
LàNERi , nè da me , onde tuttettre d’ accordo
ci adoprammo per allontanare , quanto possibi¬
le ci fosse , il progresso di questa nuova ma¬
lattia , che prevedevamo dovere rendere più pre¬
sto fatali le altre, meditando sullo stato morbo¬
so delle viscere , 1’atrocità dei dolori delle qua¬
li, e particolarmente gli strangolamenti, e le
stirature insoffribili a traverso dell’ abdomine
qualche ora dopo preso il cibo, cagionava negli
animi nostri maraviglia , orrore , e pietà .
Non si neglesse veruno dei medicamenti ca¬
paci di richiamare le orine, che d’allora in poi
furono sempre scarse, torbide , e bene spesso
puzzolenti ; ma i millepiedi, la squilla , le tin¬
ture antimoniali, i siroppi creduti specifici, co¬
me quello del Pecchio , quello di colchico ec.,
e parecchie altre preparazioni considerate in co¬
si pericolosi frangenti, come ancore sacre, non
impedirono lo spargimento, ed il ristagno delle
acque nel basso ventre, le quali a suo tempo
vennero da me estratte con il trequarti.
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 23 1
Queste appena furono evacuate , che tornarono i
reni al lavorio, di maniera che in ventiquattc*
ore dopo 1* operazione della paracentesi si eb¬
bero per la via dell’uretra dieci libbre d’urina
quasi naturale, e 1’ infermo si trovò sollevato
nel respiro, e nel peso del corpo, ma conti¬
nuo a lagnarsi della strozzatura all’ abdomine in
traverso, assicurando , che soffriva come se
avesse una corda tesa dall’ uno all* altro fianco,
ed un uomo forte torcendola gliela stringesse
dispietatamente agli ipocondri, e alle vertebre
lombari lacerandogli tutte le intestina é Allora
era agitato da smania inesprimibile , e non trae¬
va sollievo eccetto dai farsi premere con i pu¬
gni da qualche persona robusta il dorso, ed \
lombi, oppure dal farsi comprimere con tutto
il corpo nelle medesime parti da uno , che gli
si coricasse a traverso dell’uno dei fianchi.
Da tali compressioni all’ infelice parea , che
gli venisse allargato il petto, ed il ventre ; in
; fatti ne erano determinate verso 1’ ano le fla¬
tulenze , ed a misura che queste si espellivano.
unitamente a mucosità acri, e mordaci, egli
provava sollievo , ed il ventre diminuiva di vo¬
lume , e di tensione.
L’inappetenza era grandissima tanto per
cattiva qualità de’ sughi salivari , i quali erano
glutinosi, e tenaci, e de 1 gastrici, quanto per
1 ’ orrore , onde 1’ anima era percossa : dal pre¬
vedere gli spasimi, ai quali tutto 1’ abdomine
-andava esposto, ma particolarmente la regione
epigastrica , dopo che si aveva inghiottito quasi¬
ché leggiere pantrito ,0 brodosa panatella in dose
maggiore di mezza chicchera, perciocché ii>>-
2)2 CAPITOLO DECIMO
mediatamente insorgeva un molesto senso di ca¬
lore , di bruciore, di tensione al ventiicolo ,
ed agli ipocondri, e cresceva a segno, che il
meschino credeva a momenti di crepare : gli si
ingolfavano mucosità glutinose , e nauseose alla
faringe, ed all’esofago, per distaccare le quali,
e sgombrarne il palato , sono inesprimibili gli
sforzi, e gli urli, che era costretto di fare an¬
che involontariamente.
Non erano ancora passate quarantotto ore dalla
paracentesi, quando si vide nuovamente 1’ abdo-
mine cresciuto a tumore sì grande , e l’infermo
lagnossi di cosi atroci dolori di tutto il ventre,
massime agli ipocondri, ed ai reni ( la funzione
dei quali a quell’ pra si era già di bel nuovo
disordinata ) che fummo sul punto di persua¬
derci per la rottura dei vasi linfatici essersi fatto
un nuovo spandimento piu grave del primo , e
la rapidità del medesimo supposto ci avrebbe
fatta ravvisare , come imminente la morte; e tanto
piu perchè trovammo da un freddo marmoreo
occupate le gambe , e i piedi, sui quali comin¬
ciava ad elevarsi un edema dì pessimo augurio,
perchè accompagnato da dolori atrocissimi nel
sito, dove questo si estendeva/ l’infelice sen-
tivasi tanto spossato , e languido , che non sa-
pea darsi a credere d* avere ancora qualche mo¬
mento da vivere, e i polsi (uniti ad una faccia
veramente ipocratica ) erano cosi deboli, e va¬
cillanti , che nulla piu. Eppure segni , e sinto¬
mi cosi' funesti a poco a poco diminuirono ; al
favore delle pressioni ripetute ogni momento
sui fianchi dell’infermo dagli ipocondri alla pel¬
vi , uscirono per 1* ano ventosità, e mucosità
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE Ì33
copiose, e *al terzo giorno il ventre dall’ um-
bilico al pube si ammollì, e si calmarono i do¬
lori in proporzione dell’ aumento , che prende¬
vano 1’ edema , e i tormenti delle gambe.
L* accennato ammollimento delle regioni su¬
periori dell’ abdomine però non diede luogo ad
evacuazioni piu frequenti, nè piu abbondanti
dal retto ; anzi questo intestino si rese molto
più disubbidiente alla sciringa, mentre ributtò
costantemente d’ allora in poi ogni specie di la¬
vativo nell’ atto medesimo , che ‘ venivane im¬
posto alcuno ; sicché passarono quattro , e cin¬
que giorni fra una dejezione d’alvo , e 1’ altra,
non ostante le conserve solutive , la gialappa ,
e gli altri purganti , che si credettero dai due
attenti Medici opportuni.
Crebbero a mole mostruosa le gambe, e le
coscie , e si resero più intensi i dolori, quando
l’infermo, cui erano state dai famigliar! decan¬
tate come specifico per la sua malattia le aper¬
ture capaci di farne sgorgare le acque, ottenne
dai Medici a forza d’importunità, e di smanie,
che mi proponessero di farle.
Ben conoscevamo tutti il poco vantaggio,
che dovevamo sperare da tali operazioni nello
stato deplorabile, in cui era il nostro infermo;
pure se non avessimo aderito alle premurosissi¬
me sue istanze, ed egli sarebbe morto arrab¬
biato, e la nostra prudenza avrebbe avuto la
taccia d’ostinazione., e di caparbietà crudele;
sicché con la punta della lancetta feci due su¬
perficiali incisioni alla pelle sulla parte interna
delle gambe , una per gamba , alquanto più alto
del malleolo, all’ intervallo , che vi ha corris-
2 3 4 CAPITOLO DECIMO
pondente tra la corda d’ Achille , e^gli altri mu-
sculi, per quanto 1* anatomia insegna in casi si¬
mili di gonfiezza enorme edematosa.
L’ acqua usci a poco a poco, abbondantissima,
di maniera che le coscie diminuirono conside-
rabilmente di volume , e le gambe si ammolli¬
rono, ma si resero più acuti, ed acerbi i do¬
lori nell’ intima loro massa , dolori, che incru¬
delirono poi a dismisura, allora che nacquero
alcune macchie risipolatose prima sulla gamba
destra, indi sulla sinistra : si andarono estenden¬
do sensibilmente , ed acquistarono un colore li¬
vido , indizio dei progressi della cangrena, la
quale in sette giorni trasse l’infermo all* ultimo
respiro.
Mentre che si appressava questo terribile punto,
persuaso V infelice , che da’ Professori assistenti
alla cura sua non era stata abbastanza conosciuta
la natura della medesima, egli stesso mi racco¬
mandò piu , e più volte di spararne il cadave¬
re , dopo che Iddio ne avesse chiamata 1 * ani¬
ma a Se , affine ( dicea quel vero amico degli
uomini ) ,, che scoperti i disordini della sua
macchina tormentata si potesse piu agevol-
,, mente determinare in casi consimili, a quali
„ mezzi appigliarsi per correggerli, perciocché
„ gli sembrava, che se io avessi fatto un taglio
,, tre dita a destra dell* umbilico , dov* egli sen-
„ riva maggiore lo stiramento , ed avessi cer-
„ cato fra le budelle , io avrei trovato il lac-
„ ciò , che le strangolava, e se avessi tagliato
9, quella corda, egli senza dubbio ne sarebbe
9 , guarito
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 235
Questo pareva a tutti un partito dettato all*
infermo dalla disperazione, e dalla atrocità dei
dolori, che soffriva ; eppure si vedrà, che non
era suggerimento affatto ridicolo, ed irragione¬
vole , e non dubito punto , che un Cerusico ot¬
timo anatomico , il quale avesse osato secondare
le compatibili istanze del nostro infermo, non
é impossibile , che lo avesse guerito. Non in¬
contrammo veruna difficoltà presso i parenti
del defunto ; sicché dopo il dovuto intervallo
di tempo , alla presenza dei due lodati Profes¬
sori di Medicina Bellardi , e Laneri , di vari
praticanti, e d’altre persone, cominciai ad eva¬
cuare con i trequarti le acque della nuova asci¬
le, e tosto dopo feci l’apertura dell’abdomine,
eh’ io avrei voluto esaminare, facendo tenere
dritto il cadavero , come se fosse stato in piedi,
per meglio riconoscerne i vizi nel sito naturale
( cosa , che si dovrebbe pur fare sovente, e in
tutte le varie spezie d’osservazioni, per trarne
più esatte cognizioni ) ma la casa, e la qualità
degli astanti non mi permisero di farlo.
Apparvero in molti luoghi livide, cangrenose
;le intestina , massime parecchie circonvoluzioni
del digiuno, dell’ ileo , e quasi tutto 1’ arco del
colon turgido per molta aria nei gozzi del me¬
desimo rinchiusa.
Cercavamo indarno l’omento, quando vo¬
lendo separare le ùne dalle altre le circonvolu¬
zioni superiori delle intestina, ci avvidimo , che
erano coperte, e colligate da questa doppia
membrana , maravigliosamente attenuata nella
stessa maniera, che gli anfratti della sostanza
corticale del cervello sono insieme colligati, e
* 3 <S CAPITOLO DÈCIMO
coperti dalla trasparente lamipa esteriore della
pia-meninge. Fui costretto dunque di cercarne il
lembo inferiore a traverso della regione unibili-
cale, ed ivi nel profondo fra que’ visceri nas¬
costo lo trovai divenuto spesso come un car¬
tone , quasi scirroso , d* un rosso livido , ridotto
a foggia d’un orio largo un dito circa , teso in
maniera sorprendente, come la corda d’un arco
dalla faccia concava del fegato , e dai perito¬
nèo, che si attacca all’ipocondrio destro, obli¬
quamente per lo centro della regione umbilicale
fino a quella porzione del peritonèo , che cuo-
pre il rene sinistro, e alla milza, dove quel
nastro quasi cartilaginoso si allargava alla fog¬
gia d’ una cinghia simile alla palma della mano,
irregolare nella sua spessezza.
Conseguentemente tutto l’abdomine era di¬
viso in due parti da quel nastro : nella supe¬
riore si vedeva pieno di vento l’arco del co¬
lon , e parecchi circonvoluzioni del digiuno,
dell’ ileo, porzione del fegato, e della milza
indurita, ed un mucchio di sostanza indiscerni¬
bilmente confusa, scirrosa, che interessava il
ventricolo , il duodeno , la cistifellea , ed il pan¬
create , come vedremo.
Lo stesso nastro comprimendo in guisa par¬
ticolare la prima curvatura dell’ S romano del
colon , e 1’ uretere sinistro gli strangolava a se¬
gno , che trovammo impicciolita , corrugata , e
cangrenosa la porzione strangolata del colon,
istrasordinariamente dilatata, e pièna d’urina la
pelvi di quel rene.
U picciol omento era vizioso anch’ esso, e
confuso , come un nastro piramidale, la di cui
1 OSSERVAZIONI TFRAPEVTlCNE 237
base situata inferiormente interessava parte della
cistifellea , la faccia inferiore del sinistro lobo
del fegato , il ligamento falciforme , e tutta la
picciola curvatura del ventricolo fino al cardia.
La punta di tale piramide era attaccata al dia¬
framma precisamente dietro alla cartrlagine ensi¬
forme , e con si grande tenacità, che per esa¬
minare ogni cosa coti la possibile diligenza , fui
costretto di recidere un pezzo dello stesso dia¬
framma , largo quanto uno scudo da tre lire,
eh’ io trovai duro come cuojo, e spesso nel
centro mezzo pollice.
Tutto questo nastro perpendicolare aveva una
durezza scirrosa , ed era difformato da’tubercoli
pure scirrosi.
Ho nominata già due volte la cistifellea, non
già perchè cercandola in questo cadavero noi
la abbiamo saputa ravvisare , perciocché ivi dalla
faccia concava del fegato al rene sinistro , ed
alla milza (eccettuate alcune circonvoluzioni del
digiuno , dell’ ileo , e l’arco del colon , che tutte
gozzi, e macchie livide , cangrenose , erano state
da me tratte in basso ) tutto era un mucchio
ineguale, inestricabile di sostanza cenerognola
irrigata da vasi sanguigni turgidi , dov’ era com¬
presa , come già mentovai, la cistifellea , il fondo
del sommamente impicciolito ventricolo, ed il
pancreate.
Volli separare 1 ’accennato mucchio dalle parti
vicine, ed al primo colpo di scalpello dato ra¬
sente la faccia concava dal fegato sprizzo fuori
del medesimo viscero un’ onda di fiele intensa¬
mente giallo-verde, denso, d’un sapore emi¬
nentemente salso, ed acre, che occupava un
Ì38 CAPITOLO DECIMO
ampio seno formatosi nel canal epatico, e nella
sostanza epatica vicina.
Di questo seno, che avea le pareti callose,
non ho pensato di misurare la capacità.
Continuando quella separazione estrassi dal
ventre tutto il mucchio, ed esaminandolo atten¬
tamente vidi, che comprendeva 1* arteria celiaca
dilatata oltre il suo calibro consueto, sì nel
tronco, e sì nei tre principali suoi rami ; il pan-
create impicciolito , e tanto difforme, e duro ,
che non era più conoscibile , perchè sembrava
un pezzo bislungo , e piatto di cemento ; il ven¬
tricolo , del quale non rimanea più di sano al¬
tro , che quattro dita in quadratura della faccia
anteriore, la quale cedeva pur anco in Spes¬
sezza all’ intestino ileo, era interiormente tutto
infiammato con i vasi centuplicati, pieni di san¬
gue cremesino ; avea il fondo tutto bitorzoli
scirrosi, cartilaginosi, pallidi, confuso con il
pancreate , e stranamente ristretto.
La cistifellea confusa nel mucchio era un cor¬
po duro, grosso quanto il dito pollice, tutt#
bernocoli, biancastro, bislungo, nel quale si
scorgeva un voto a guisa di fessura.
Nella parte posteriore del mucchio separato
dal corpo trovammo un pezzo di canale mem¬
branoso elastico, irregolarmente nodoso , con
il quale comunicavano per piccioli orificii callosi
sei altri canaletti della stessa natura, i quali vi
si aprivano a differenti altezze ; non seppi a qual
organo credere, che questi si appartenessero
eccetto al canale toracico , o alla cisterna chilare
medesima, posta la capacità del canale principa*
le, che conteneva agevolmente il mio dito mi-
OSSERVAZIONI TERAPEVTlGHE
gnolo ; in tal caso i sei altri saranno stati vasi
linfatici.
Non è cosa novella per me il trovare di
calibro assai maggiore dell’ ordinario questi
vasi negli idropici , e fui tentato non poche
volte di sospettare darsi molte idropisie pro¬
dotte dalla dilatazione morbosa della cisterna
chilare , e del banale toracico, per la quale per¬
dono alquanto della loro facoltà assorbente , e
tale dilatazione riconosce per cagione la pres¬
sione di qualche tumore, o di qualche viscerà
scirrosa, perchè non era contento del sospetto,
che nasceva in me, potersi dilatare questi vasi,
perchè ricevono maggiore quantità d’ umore ne¬
gli idropici di quella, che debbono ricevere nello
stato naturale.
Ritorniamo adesso alla descrizione delle par¬
ti , che dopo la separazione del mucchio fin’
ora esaminato ci si presentarono all’occhio.
L’omento indurito , incordato , e scirroso pas¬
sava sulla porzione destra del ’cólon , quattro dità
circa superiormente all’intestino cieco ; indi su
sette circonvoluzioni del digiuno, e dell’ ileo
finalmente sulla prima piegatura della porzione
discendente del icolon istesso , cioè ' dell’ S roma¬
no, ed in ognuno de’luoghi accennati si vede¬
vano quelle porzioni delle intestina angustiate,
incallitele livide per un tratto alquanto mag¬
giore della larghezza del nastro epiploico stran¬
golante.
L’intestino cieco era gonfio, nero, pieno di
escrementi assai duri, ed aveva moltissime gìan-
dule scirrose in quella parte, che forma Pap¬
pendice vermiforme.
140 CAPITOLO DECIMO
Innumerabili macchie fosche, e nere si vede¬
vano sparse su tutto il canal intestinale tanto
al dissopra , quanto al dissotto della strangola-
tura, e ve n’erano porzioni lunghe quattro, sei
pollici, affatto cangrenose, e contenevano gru¬
mi di feci nere, non pochi lumbrìci rossi, co¬
me la feccia del vino , e grande copia d’ aria.
Non sembra egli probabile, che tutte queste
cangrene , e forse anche la stessa idropisia non
avrebbero avuto luogo in questo soggetto ; o al¬
meno ( quando Y ascite non si fosse potuta evi¬
tare ) questa sarebbe accaduta lunghissimo tempo
più tardi per le scirrosità delle viscere , che pro¬
babilmente presero aumento dacché l’epiploo
s* incallì, contrasse le descritte morbose ade¬
renze, e si tese con tanta forza; non è egli
probabile, dissi, che non sarebbero nate, se
un ferro benefico avesse reciso quel nastro sul
principio , vale a dire, quando l’infermo co¬
minciò a lagnarsi dello strozzamento , a segnare
il sito preciso dove i suoi tormenti avevano
il foco loro , e a trarre sollievo dalle forti com¬
pressioni degli ipocondri, e dei fianchi ?
L’infermo avrebbe potuto sopravvivere lungo
tempo a tale operazione fatta nel sito, che l’in¬
fermo indicava , e desiderava , che gli venisse
aperto , essendo verissimo , che innumerabili uo¬
mini sopravvissero lustri, e lustri a ferite assai
più ampie di quella, che ivi si avrebbe dovuto
fare, e a ferite lacerate, contuse, con perdita
di sostanza, con offesa delle interiora , irrego¬
lari , e sconce , cioè inesprimibilmente piu gra*
vi, più pericolose , e complicate di quella , eh*
io avrei potuto fare, e che dopo d’avere veduto
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE Z^I
il disordine di queste viscere , capisco , che avrei
dovuto fare nella maniera seguente.
Collocato T infermo supino sulla destra sponda
del letto , con il petto * e le coscie mediocre¬
mente elevati, e situatomi io alia destra del
medesimo , avrei fatto una piega traversale degli
integumenti, un angolo della quale terminasse
al lato destro della regione umbilicale, che
avrei consegnato ad un assistente ; l’altro an¬
golo confinasse con la penultima vera costa , e
questo l’avrei fermato io stesso con la mano
sinistra. .
Armata la mia destra d’uno scalpello convesso
ben tagliente, avrei fatta una incisione verticale
sul centro di tale piega fino nella cavità deli’àb-
domine , la quale incisione avrei prolungata , con
l’ajuto della, tenta scanalata, in alto , ed in
basso per lo tratto di due pollici, o poco piu.
Con l’indice della sinistra introdotto nella ca¬
vità , a seconda deli’ omento medesimo, dall*
alto al basso, sarei arrivato a toccare la cin¬
ghia strangolatrice fra le circonvoluzioni delle
intestina, e servendomi dello stesso dito , come
d’un uncino, ne avrei cacciato la punta fra il
margine inferiore della cinghia, e le parti stran¬
golate , affine di guidarvi a seconda il gam-
mautte curvo a punta ottusa, e a lama tutta
coperta di taffetà dal manico fino a mezzo pol¬
lice distante dalla punta ottusa.
Conoscendo d’avere guidato contro l’indice
della sinistra mano la punta dell’ instrumento
fino sotto 1’ orlo inferiore della cinghia , ne avrei
rivolto il tagliente contro la parte sollevata della
medesima, rasente il dito , il quale mi avrebbe
Parte II. q
24 ^ CAPITOLÒ DECIMO
ajutato a reciderla tutta a poco a poco , traendo
il ferro in alto verso la punta del dito, la quale
si sarebbe venuta innoltrando fra l’omento , e
le interiora, finché si fosse ottenuto il totale
sbrigliamento, cioè fosse stata recisa tutta la
porzione incallita strangolante dell’ omento, e
questo mi sarebbe stato indicato dallsr libertà ,
che il dito avrebbe avuto di scorrere tra le due
fimbrie dell’ omento , e le porzioni laterali del
medesimo. Allora avrei rivolto a destra, o a
sinistra il tagliente del ferro , sempre, tenendolo
contro quel dito, e gli avrei estratti amendue
insieme dalla cavità.
Succhiato convenevolmente il sangue sparsosi
pendente 1* operazione fra i labbri della ferita ,
le circostanze mi avrebbero suggerita , o dissuasa
la operazione della Gastrorafia, per eseguire la
quale (ove fosse stata indicata) avrei sempre
apparecchiati gli aghi, i reffi, e tutte le altre
cose necessarie prima d’intraprendere la Gastro¬
tomìa , e per lo rimanente della cura avrei ado¬
perate quelle diligenze , e avuti quei riguardi,
che F urgenza mi avrebbe presentati.
In tale guisa non sarebbe stata prolungata la
■vita dell’ infermo ? e fors’ anche non sarebbe egli
stato guerito ? se le pressioni sui fianchi, ond*
era diminuita la strozzatura degli intestini fatta
dall’omento , proccurava l’evacuazione altrimenti
stentatissima delle feerie, e dei fiati, rendea
molle il ventre, e donava la vita a quell’ infe¬
lice , quali buoni effetti non avrebb’ egli prodotto
la cauta recisione del laccio, cagione di tanti
tormenti, che pure dovevano crescere fino alla
morte ?
OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 24J
E* però tempo ormai di terminare 1? descri-
zione dello stato degli altri visceri in queir ab-
domine contenuti.
Era rimarcabile il peritonèo , perchè avea tutta
la superficie interna ghermita di corpicciitoli piat¬
ti , grossi come lenticchie, e come grani di mi*
glio , duretti, di color cinerizio oscuro, che
sembravano altrettante pustule mature di vacuo¬
lo : non penetravano nella cellulosa, e com*
pressi fra le dita, ne gemeva una sierosità al gusto
piu acre, e salsa di quella, ond’era stato nell*
ascite ripieno quel sacco. Si trovavano que* cor-
picciuoli in maggior numero , e più foschi negli
ipocondri, e nei fianchi, dove la cinghia dell*
omento avea più tenaci aderenze.
I reni erano sani. Le pelvi, e gli ureteri gonfi
per molta urina , massime il sinistro visibilmente
fornito di fibre longitudinali ; quelle parevano
radiate su questa pelvi , ed erano sempre piùt
rare , quante più prossime al rene.
La vescica urinaria ricchissima di fibre car¬
nose a vari piani , e provveduta di due musculi
penniformi eleganti , e robusti più , ch’io non
ho mai veduti sopra vescica, aveva tutta ca¬
vernosa la parete sua interna quasi come i ven¬
tricoli del cuore, e conteneva poca torbidissima
urina, l’acrimonia della quale avevà infiammato
notabilmente il collo di quest’ organo, e fattane
gonfiare sopra modo 1* ugola.
Non accumulerò ragioni per provare , che una
parte di que’tanti disordini, che rendono sin¬
golare la presente osservazione, sia stata pro¬
dotta dall’ abuso della soluzione del solimato ,
giacché 1. Lo stato del ventricolo può darne
244 CAPITOLO DECIMO
qualche sospetto, z. Le cardialgìe, ed i vomiti,
che s’invigorirono dopo l’abuso di quella, deb¬
bono accrescerlo. 3. Gli strozzamenti, che pure
ne ebbero principio, e le morbose aderenze,
le difformi confusioni di tante viscere , e mem¬
brane insieme, non lasciano più dubbio veruno,
che quella distruggitrice penetrantissima sostanza
non abbia trapellato , irritato, infiammato, e
conglutinato le parti, che ne sono state tocche,
ed irrigate.
Nelle altre cavità non abbiamo veduta cosa
degna d’ osservazione , eccettuato nel cuore assai
picciolo in proporzione di quello, che suole.es-
seie negli uomini della statura, ed età del.no¬
stro defunto; .favellando io però : d’alcune co-
serelle anatomiche in tal cuore osservate nel
sunto di Osservazioni intorno agli organi desti¬
nati alla circolazione del sangue , la quale ope¬
retta fa pure un capitolo di questo volume,
giudico inutile ripeterle in questo luogo.
2 4 )'
ESEMPIO
DELLE OSSERVAZIOM CADAVERICHE
CAPITOLO XI.
ERNIA ANTICA D* OMENTO MICIDIALE
PER UNA STRANA CAGIONE
Letta in una adunanza, di Letterati Piemontesi^
e comunicata al Ch sig. Doti. GlQ. LUIGI
Targioni eruditiss. Medico Fiorentino.
M ori nel mese d’ottobre dell’ anno 1766*.
in questa città un uomo di circa treni’anni, che
da quattro giorni prima era stato sorpreso da
una febbre gagliarda con sopore, nausea, vo¬
miti , gonfiezza strasordinaria , e dolore acerbo
di tutto il basso ventre, cresciuto a dismisura iti
una sola notte , e quasi diviso obbliquamente in
due parti destra, e sinistra .
Non si ha mai potuto sapere dall’ infermo nè
la cagione , nè il principio di così grave malat¬
tia , perdi’ egli sembrava stupido ; vedutosi pe¬
rò il tumore enorme di tutto il ventre, osser¬
vate le nausee, e i vomiti, e bene esaminati i
polsi, la lingua, e tutte le cose capaci di dare
nei casi ambigui, ed oscuri qualche lume, si
prescrissero i salassi, i clisteri , le fomentazioni
amnllitive e carminanti sull’abdomine , ma tutto
indarno ; i clisteri non penetravano oltre al ret¬
to, e quel poco di liquore , che questo intesti-
2 46 CAPITOLO UNDECIMO
410 potea contenere , tosto veniva evacuato sen¬
za avere sofferta alterazione ; i salassi infiacchi¬
vano . l’infermo , le fomentazioni rendevano più
elevata la pancia .
Si ebbe da chi ne aveva la cura tosto ricor¬
so all’ emetico , indi ai purganti, i quali ecci¬
tarono maggiore tensione , ed il vomito si rese
più ostinato, perfino di materie fetidissime del
colore del caffè; principiarono i deliqui, le con¬
vulsioni , e tutto fini con la morte .
Sparandone io il cadavero osservai un tumo¬
re ernioso alla sommità della coscia sinistra ;
divisi gl’ integumenti sull’ ernia apparì sotto dell’
arco crurale un sacco calloso lungo più di due
pollici, rotondo , grosso come una noce, fatto
dal peritonèo allentatosi , allungatosi, è da tale
addensamento della cellulosa, che allo scroscia¬
re dello scalpello , ed alla resistenza , che incon¬
trava tagliando , pareami di recidere un pezzo
di pergamena , o di sodissimo ligamento.
Quel sacco avea i parieti spessi più di mez¬
za linea, e nel suo fondo era intieramente di¬
staccato , mentre che la bocca avea forti ade¬
renze con il margine inferiore dell’arco crurale.
Apertolo , non ne gocciolò umore di niuna sor¬
te ; e dilatatolo fino all’arco, vidimo che con¬
teneva un pezzo d’omento bislungo , grosso qua¬
si come una noce, di colore rosso , simile alla
feccia del vino, duro, e strangolato a quella
parte , che corrispondeva alla bocca del sacco ,
cioè il rovesciamento indentro delle fibre apo-
neurotico-ligamentose, che concorrono a for¬
mare il ligamento de! Falloppia , stringeva , e
strozzava in alto non solamente la porzione
OSSERVAZIONI CADAVERICHE l 4 j
fuoruscita dell’ omento , ma eziandio la porzio¬
ne rallentata , e discesa del peritonèo, di modo
che amendue in quel sito erano assai più piccio-
le di quello, che fossero al di sotto dell’arco.
Avendo reciso l’ arco, dal canto esterno, cioè
alla sua estremità piu lontana dal pube , ne sgor¬
gò molta marcia puzzolente , ancora tiepida. Al¬
lora mi rivolsi ad aprire nel modo solito l’ab*
domine, e trovammo tutta la faccia interna del
peritonèo tinta d’un rosso oscuro per la infiam¬
mazione , ond’ era stata attaccata , anzi qua e là lo
vidimo invernicato di materie gialle glutinose , e
coperto di lembi assai notabili di cotenna infiam¬
matoria .
L’ omento crasi ristretto per lo stiracchiamen¬
to sofferto , e ridotto a guisa d’ una fascia lar¬
ga circa tre pollici , spessa in molti luoghi un
dito in traverso, contenea nella suà pregna cel¬
lulosa innumerabili vasi turgidi , molti de’ quali
erano varicosi , e tanto pieni di sangue fosco,
che pareano insieme con la cellulosa suddetta
stati violentemente insertati .
Una tale fascia dividea la cavità dell’ abdo-
mivie in due parti, e le intestina obbliquamente
compresse dal ventricolo all’ anguinaia sinistra
quanto più ne erano strangolate , tanto più tumi¬
de , gonfie , ed infiammate si vedevano sollevar¬
si ai lati della medesima .
Il ventricolo stesso era tratto anche violen¬
temente in basso , ed aveva infiammata la gran¬
de curvatura , sulla quale erano turgidi i vasi
gastro-epiploici del pari, che sull’ omento me¬
desimo : era pieno d’ aria , e parea, che le tu-
248 CAPITOLO V N D E CIMO
niche si fossero raddoppiate , perchè la loro
spessezza era mostruosa.
V omento era attaccato eoa grande tenacità
alla superfìcie anteriore delle intestina , e nascon¬
deva fralle circonvoluzioni loro molta puzza te¬
nace , anzi per tutto il tratto , onde queste era,*
no state compresse dalla fascia , le intestina era¬
no coperte d’ una cotenna rossigna, coriacea, che
malagevolmente si distaccava a lembi dalla su¬
perficie delle medesime quà infiammate , là can-
grenose.
Prodigiósa quantità di puzza trovammo in fon¬
do alla pelvi , e fu degno d’ osservazione , che
se ne fosse determinata una gran parte all’ an¬
guinaia destra , e che ivi ( al favore di certe
aderenze contratte dalle intestina con il perito¬
nèo ) per la sua acrimonia avesse già infiamma¬
to piu che in nissun altro luogo il peritonèo
medesimo ; onde è lecito sospettare, che ( se
l’infiammazione delle viscere non fosse stata co¬
sì presto mortale ) questa si sarebbe con il tem¬
po aperto quindi il varco elevando quell’ingui¬
ne in tumore per isgombrarne la cavità del ven¬
tre .
il colon tumido e teso avea le sue cellule al
doppio maggiori del solito con le valvule sì con¬
tratte , e ristrette , che di tratto in tratto sem¬
brava ne annichilassero il canale. Era pieno di
materie coriacee , che parca vi fossero state cac¬
ciate a gran forza. Lo spaccai per la sua lun¬
ghezza , e vi trovammo copia incredibile di vi¬
nacce , e vinacciuoli insieme così strettamente
ammucchiate , ed esiccate , che pareva uscissero
di sotto un torchio .
OSSERVAZIONI CADAVERICHE 249
Anche il cieco ne era pieno , e vari pollici
della cavità dell’ileo, cosa, che mi fece sov¬
venire dei casi consimili notati dai chiarissimi
KalsCHMIDT, e De-Haen (Rat. medendi Tom.
II. cap. 5. ) di materie fecali, che riempivano
ancora varj piedi parigini del mentovato inte¬
stino.
La pienezza maggiore, e il più sodo ammuc¬
chiamento però di tali materie trovatasi nelle
piegature a foggia di S. del colon, che vi avea
due gozzi amendue grossi come la testa di un
fanciullo , divisi da uno degli accennati strozza¬
menti.
L’ultimo gozzo prima di communicare con
l’intestino retto offeriva un’angustia, uno stran¬
golamento invincibile fatto da una valvula con¬
nivente morbosa , distesa a foggia del fondo di
un sacco , per sostenere un mucchio di vinac¬
ce conico , che pareva un pezzo di cemento
per la tenacità, e la sodezza j onde queste, e
innumerabili vinacciuoli da un muco glutinoso
indurito erano state insieme incollate.
Non vi erano altre feci, e T intestino retto
era affatto voto, d’ampiezza, e di struttura na¬
turale.
Alla vista di tante vinacce, . e vinacciuoli,
eonghietturai, che ( data da qualsivoglia tempo
ì’ ernia dell’ omento , nè mai ricomposta , giac¬
ché il ricomponimento dell’ epiplocele riesce tan¬
to difficile , quantunque i Maestri dell’ arte vi
mettano essi stessi la mano ) incallitosi o poco,
o assai P arco crurale, ne sia sfato strozzato
V omento . Consecutivamente avendo P ernioso
fatto un abuso cosi enorme del frutto della vite ,
ÌÌ
I50 CAPITOLO UN DECIMO
fie saranno state cagionate flatulenze proporzio¬
nate alla fermentazione dal sugo , dalla cortee*
eia degli acini, e dai vinacciuoli, promossa.
Ne sarà stato dilatato il ventricolo, e distese
le intestina, onde costretto 1’ omento a descri¬
vere una curva straordinaria, la porzione di
questa grassosa vascularissima membrana incar¬
cerata nel sacco ernioso avrà stiracchiate le tu¬
niche del ventricolo, alla maggiore curvatura
del quale si trova per innumerabili vasi affisso^
e questi si saranno per 1* irritazione dal ventri»
colo sofferta, empiuti di sovverchio. Questa
pletora avrà prodotta grave infiammazione, la
quale si sarà accresciuta per li vomiti compagni
indivisibili degli stiracchiamenti del ventricolo , e
solite conseguenze delle nausee risvegliate dall*
abuso dell’ uva , e quindi saranno procedute la
spessezza morbosa , 1* accartocciamento , e la
cangrena dell’ omento, l’infiammazione del ven¬
tricolo , e delle intestina compresse, e le sup¬
purazioni qua , e là manifestatesi nel sacco del
peritonèo .
Se si fosse scoperta l’ernia fino dal primo in¬
sorgere degli accidenti, e se si fosse o reciso
l’arco crurale , o tagliata la porzione dell’ omen¬
to incarcerata , onde chiesto avesse potuto va¬
gare liberamente per lo sacco del peritonèo,
non ne sarebbe forse scampato l’infermo?
Se fosse già stata nota la proprietà dello spi¬
rito del sale armoniaco allungato nell’ acqua per
estinguere la fermentazione vinosa ( per espri¬
mermi in termini ad un giovine Cerusico intel¬
ligibili ) e se ne fosse fatta inghiottire a queir
infelice una quantità proporzionata al bisogno ,
OSSERVAZIONI CADAVERICHE tjt
non si sarebbe egli per avventura potuto gua¬
rire , eziandio senza venire a tale operazione ?
Le feci vinose nel colon indurite, e la quan-»
tità esorbitante dei vinacciuoli radunatasi nel
cieco, e nell’ ileo , lasciano sospettare, che
l’uno, e l’altro dei mezzi accennati sarebbe
stato indarno messo in uso, se 1’ aumento , o
F eccésso dell’ infiammazione ( che non sarebbe
insorta , o almeno cosi' rapidi non avrebbe fatto i
suoi micidiali progressi ) non fossero stati la prin¬
cipale cagione dell’ accennata esicca^ione, e dei
disordini, che ho trovato nelle cellule, e nelle
valvule conniventi , o pieghe delle membrane
interiori del colon.
*s* .
E SE MP IO li.
DELLE OSSERVAZIONI CADAVERICHE
4 ^ -■- -
CAPITOLO XII.
DEGLI EFFETTI PRODOTTI DA SOSTANZA
CORROSIVA INGHIOTTITA 0
DA UN GIOVINE
Letta in una. Radunanza di Letterati in Torino t
e presentata alP IIP .” 10 sig . Marchese
F.....; di B.. r
JEssendo ignoto a quale sostanza debbasi at¬
tribuire la morte d’un uomo robusto d’ età di
anni trentasei ', bello di corpo , ed avvenente di
aspetto, il quale in poche ore terminò la sua vita
il primo giorno di maggio dell’anno 17S3., ho
avuto P onore d’ essere richiesto io di spararne
il cadavero , acciocché , mercè P attento esame
delle viscere di quell’infelice , scuoprire si potes¬
se P indole del veleno , che si rapidamente lo
uccise, ed i guasti, che si avea ragione di cre¬
dere stati sofferti dalle interiora , per le quali
supponevasi quella ignota sostanza avere trascor¬
so , e penetrato * ; perciocché egli è certo (per
* Sì leggerà in un ’ altra operetta la serie degli
accidenti che furono sofferti dal valente Cerusico
di Saluto sig. Giorello per avere ingo¬
iato sette grani dì pietra infernale , e i rimedj ,
fui mediante venne guarito dalla impressione dì
tale veleno.
OSSERVAZIONI CADAVERICHE 153
averlo quel giovine sventurato confessato egli
medesimo ad alcuni poco tempo prima del suo
decesso) che egli ne aveva adoperato interna¬
mente, ed aveva preveduto il destino, che gli
soprastava, perchè sentiva nelle sue viscere la fu¬
nesta azione del veleno poche ore prima inghiotti¬
to ; perciò verso il mezzo giorno recatosi alla sua
stanza, dopo d’avere accennato ad un suo ami¬
co , che poco gli rimanea più da vivere, si
gettò sul letto, e ad onta di quei rimedj, che
la prudenza de’ Medici giudicò adattati alia pre¬
mura del~ caso , fra gli spasimi, e le convul¬
sioni più spaventose mori.
Aveva egli nelle ultime ore eli sua vita de¬
siderato qualche emetico , e gli fu accordato,
ma indarno : applaudì alla proposizione di sa¬
lassarlo , e veramente dal salasso ebbe qualche
breve calma.: soffrì sete inestinguibile, e in quan¬
to alla cognizione, o sia all’uso dei sensi, e
della mente non fu mai perfettamente libero ;
la loquela fu sempre tronca, ed interrotta ; gli
occhi erano quasi sempre socchiusi, fuorché nell’
impeto delle convulsioni , e allora il petto gli
si innarcava mostruosamente ai precordj , ed il
ventre all’ epigastro , ed agl’ ipocondri. Nelle
agitazioni delle braccia , e delle gambe gli scro¬
sciavano in modo strano le giunture, e le estre¬
mità inferiori erano in sul principio dolorose a
segno, che ad ogni minimo toccamento delle
medesime il moribondo elevava strida altissime:
Diminuì la morbosa sensibilità di queste intanto,
che si esaltò all’ eccesso quella delle braccia ,
e del petto, la quale perseverò fino all’ ultimo
anelito, che fu preceduto da un attacco fierissimo di
454 CAPITOLO DUODECIMO
convulsione , per il quale se ne rannicchiarono
le estremità inferiori.
Tal è stata la serie de* sintomi accaduti nel
breve tempo , che quell’ infelice sopravvisse al
suo decubito, e tale io la ricavai dalla bocca
di varie persone state spettatrici di sì orribile
tragedia . Passiamo ora alla descrizione dello
stato , nel quale io trovai le viscere dei defunto.
Passato l’intervallo giustamente segnato dalle
leggi tra il punto della morte, e F esame del
cadavero , anzi ore venti nove, io con l’assi¬
stenza del sig. Mo Chirurgo Torinese mi accinsi
a spararlo, notando , che intorno al torace, ed
al colio si principiavano a manifestare macchie
livide considerabili in lunghezza , ed in larghez¬
za , che la faccia ne era fosca , massime d’in¬
torno agli occhi, elabocga piena di bava gialla.
Immaginavami di trovare indizj di veleno in
alcuna delle viscere dell* abdomine, massime nel
ventricolo , e nelle intestina , ma mi vidi ingan¬
nato, perciocché non mi sovviene d’ avere aper¬
to abdomine giammai, e trovate le intestina,
il ventricolo , il fegato , la milza , i reni , gli
ureteri , e la vescica urinaria così bene condi¬
zionate ; la sola cistifellea era scolorita, e quasi
vuota.
Aperto il ventricolo per assicurarci dello stato
di sue pareti interne, vidimo, che conteneva
poca melmetta chimacea non punto fetida , parte
della quale gettata sulla carta azzurra non ne mu¬
tò il colore , nè lo mutarono pezzi notabili del
ventrìcolo stesso, e degli intestini spaccati, ed
incollativi con le parieti interiori, le quali era-
OSSEE. VAZIONI CADA VERICHE a 5 $
no sane al di dentro , e naturali, come dimoi
stravasi al di fuori.
Prima di aprirne il torace volli assicurarmi
dello stato dell’ esofago , e della trachea nel col¬
lo : a tal fine spaccai prima questa, e la vidi
notabilmente infiammata fin oltre ai ventricoli
della laringe, che erano pieni di schiuma Uli¬
ginosa. Lo stesso feci all’esofago, nell’interio¬
re del quale non ravvisai vizio di sorte veru¬
na per quel tratto, che scorre dalla faringe alla
forchetta dello sterno , oltre alla quale avendo
io penetrato ini basso con lo scalpello nel de¬
stro sacco della pleura, ne sgorgò con sibilo
prima olio , ed acqua, indi liquame sanguino¬
lento , che esalavano un odore animale misto
d’ un non so che di volatile spiritoso , ed acre
a segno, che gli occhi miei trovandosene of¬
fesi mi si empierono di lagrime.
Incominciai allora a sospettare, che in que¬
sto cadavere avrei trovato quello, che Boe-
RHAA.VE ci racconta in una delle storie di ma¬
lattie rare , ed orribili, che vanno a stampa
eongiunte con le sue lnstìtu^ioni di medicina ,
cioè 1* esofago rotto. Per assicurarmene separai
lo sterno con le cartilagini dalle coste , sciolte
le quali , dalle aderenze carnose, onde sono li-
gate insieme, tagliai gli angoli loro secondo il
solito ; intanto sollevato il pulmone destro, vidi
la cavità di quel lato piena d’olio, di liquame
sanguinolento, e d’altre sostanze confuse insie¬
me , tutto il lobo posteriore di quel visccro in¬
timamente sfacellato , e corroso a segno che
senza preparazione si distinguevano i vuoti, e
15 € CAPITOLO DUODECIMO
i segmenti cartilaginosi delle mezzane diramazio¬
ni dei bronchi.
Votato il succidume , che empieva questa ca¬
vità, si scuoprì la rottura dell’esofago dirim¬
petto all’intervallo, che v’ha fra la testa della
terza, e quella della quarta costa vera ; gli orli
di tale apertura laceri, ed irregolari davano adi¬
to, all’ indice , a seconda del quale spaccai quel
canale fino al diaframma , e ne trovammo ul¬
ceroso , ed infiammato il pariete , sempre meno
però , quanto piu scostavami dalla screpolatura
mentovata.
Ne incollai un pezzo sulla carta turchina, molta
della quale io avea immersa nel liquore trovato
nella cavità del torace, e questa prese un co¬
lore rossigno sudiccio.
V’ incollai pure un pezzo del pul mone sfacella-
to , e macero , ma non vi produsse mutazione
di colore .
Esaminammo il pulmone sinistro , alla faccia
posteriore del quale notammo essersi comunicato
lo .sfacelo fino al terzo inferiore delta sua lun¬
ghezza.
Da questo lato la pleura era alquanto infiam¬
mata, p,eró intiera , in vece che a destra la cor¬
rosione si era innoltrata fino alla quarta parte
posteriore della faccia interna delle coste, ed
avea compresa con la vena azigos i nervi del
parovago , e dell’ intercostale di quel lato,
dalla corrosione dei quali io credo potersi ripe¬
tere le atroci convulsioni, che 1*infermo soffri,
e finalmente dall’empiema, per la rottura dell*
accennata vena, la pronta morte.
OSSERVAZIONI CADAVERICHE
: Il pericardio era affatto senz’ acqua, e il cuo¬
re di grossezza meno che prèdiocre.
La faccia superiore del diaframma dalla parte
destra, vicino alle vertebre, era pur anco offe¬
sa , tutta fimbrie-, e di colore fosco adusto.
Non prolungammo di più l’esame, perchè io
provava nelle dita delle mani ( e particolarmen¬
te della sinistra , che era stata più lungo tempo
immersa nel liquame di quella cavità ancora fer¬
mentante) un calore, un-senso d’impegno, e
di rigidezza, che mi cagionò qualche timore non
affatto irragionevole, perciocché non ne ho an¬
cora libero l’esercizio , nè squisita la sensitività, nè
naturale il colore, benché sieno passate venti-
quattr’ ore dal termine di tale esame.
E’ dunque indubitabile , che l’infausto acci¬
dente descritto è stato cagionato da qualche so¬
stanza corrosiva inghiottita dallo sventurato gio¬
vine , posto che egli stesso lo confessò, e che
io ne ho veduti nel torace del di lui cadavero
gli effetti orribili sugli organi , al contatto dei
quali si portò : che tale sostanza non avendo
potuto discendere nel ventricolo, perchè vi si
oppose per avventura la forte contrazione del
cardia, e lo spasmo della porzione superiore
dell’ esofago , che ne era stata irritata , corro¬
se , e. ruppe 1’ esofago stesso , dove ne trovò
più deboli i pareti.
Indubitabile è altresì, che nissuno medicamen¬
to avrebbe potuto liberare quell’ infelice dalla
morte, posto che l’esofago era stato probabil¬
mente corroso prima , che gli spasimi, e le con¬
vulsioni abbiano principiato.
CAPITOLO DUODECIMO
Quindi conchiuderemo, che non saranno mai
abbastanza rigorose, ed esatte le cautele , che
pure si sogliono adoperare da tutti i prudenti,
nel tenersi lontani dall’uso non solo interno,
ma eziandio esteriore di tutte le preparazioni
chimiche corrosive, e di tutte le sostanze ve¬
lenose, quando non vengono amministrate da
mano veramente perita , e discreta.
Torino li 3. Maggio 1783.
V. M.
IL FINE.
.■? . IC O
o
IMPRIMATUR
Fr» Vino. Maria CarraS Ord. Praed.
S. Th. M. Vie. Gen. S. Officii Taurini.
V. Bellardi Med. Fac. Prior Se Praeses
V. Se ne permette la Jìampa
Garretti di Ferrere per la Gran
Cancelleria.
ERRORI
PARTE I.
x Pag. Un. errori correzioni
6 9 6 X XII
ii 8 27 II III
E così a capo degli articoli seguenti fino alla
,18 6 X XI
PARTE II.
37
6
egli è .
è. egli
102
24
sessioni
sezioni
103
5
SESSIONE
SEZIONE
11 9
19
insieme con
e con
103
8
séssegenario
sessagenario
2 i8
6
Il Ch.
Al Ch.
225
M
dagl’ infetti
negl* infetti
226
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comunicata
240
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eh’ egli stesso